Per riflettere sullo storico e lacerante conflitto tra la necessità della legge e il desiderio della giustizia, da quando Carola Rackete, la 31enne comandante della nave Sea-Watch 3, ha portato in salvo 42 migranti nel porto di Lampedusa contravvenendo alle disposizioni del governo italiano, sui giornali e nei dibattiti in corso sulla rete globale si cita il dilemma di Antigone e si riprende il discorso, più vicino al nostro tempo, intorno alla disobbedienza civile.
Quest’ultima, sia ben chiaro, è una pratica politica e sociale che non rispetta la legge e le regole vigenti in un Paese – ma lo fa pubblicamente e accettandone le eventuali conseguenze penali – quando queste violano palesemente le leggi del diritto internazionale o anche il semplice ma basilare senso di giustizia e di solidarietà su cui si dovrebbe fondare la convivenza tra gli esseri umani.
La storia di Antigone è nota grazie alla tragedia greca di Sofocle (496 a. C. – 406 a. C.) intitolata con il suo nome: figlia di Edipo, nata dall’unione incestuosa del re di Tebe con sua madre Giocasta, la giovane eroina entra in conflitto con Creonte, il nuovo monarca della città ellenica e fratello di Giocasta che ha emanato un bando contro la sepoltura del corpo di Polinice, fratello di Antigone, considerato un traditore e morto durante la guerra dei Sette contro Tebe. La protagonista disubbidisce agli ordini del re seppellendo Polinice, così Creonte decide di farla rinchiudere in una prigione che sarà la sua tomba. L’indovino cieco Tiresia darà indicazioni sul luogo della pena inflitta alla giovane donna, che ritroveranno già morta. L’esito tragico porterà al suicidio Emone, promesso sposo di Antigone e figlio di Creonte, mentre anche Euridice e poi lo stesso re di Tebe si lasceranno morire.
La tragedia di Sofocle mette in scena l’eterno conflitto tra autorità e potere: una legge emanata da un sovrano può non rispettare una legge divina e gli affetti familiari, che prevedono la degna sepoltura dei morti? Il dilemma di Antigone è individuale e sociale e la scelta di ribellarsi in favore degli legami umani contro la rigida legislazione della città, contraria al giusto, naturale codice della sepoltura, costerà la vita alla protagonista. La sua disobbedienza, comunque, è diventata il simbolo della giustizia che gli individui e i gruppi familiari e sociali scelgono di difendere quando si accorgono che la regola imposta da un tiranno o da un gruppo di governanti è contraria al senso di umanità e anche, in effetti, lesiva di un più ampio e civile ordine comunitario.
Dall’antica Grecia ai tempi storici più recenti, la disobbedienza civile è diventata una strategia di lotta politica, adottata allo scopo di rendere palese l’ingiustizia di una norma di legge e proporre un salto di qualità giuridica agli assetti normativi per arrivare a un cambiamento legislativo. Un passo teorico e letterario fondamentale è costituito dall’opera Disobbedienza civile di Henry David Thoreau, del 1849, testo ispiratore anche del pensiero e della pratica non violenta del Mahatma Gandhi, il cui esempio di disobbedienza civile, che invitava a non collaborare con i governanti quando le loro azioni erano ingiuste, opponendovisi con la resistenza passiva, ha permesso l’emancipazione indiana dall’asservimento colonialista di matrice britannica.
La filosofa Hanna Arendt, in seguito, proporrà una più elaborata riflessione filosofico-politica che va oltre l’idealismo delle prime versioni sulla disobbedienza civile. L’autrice de La banalità del male, che ha sempre riflettuto sui rapporti tra ragione di Stato e illegalità e criminalità commesse nell’ambito di un contesto formalmente legale, con il suo lavoro Responsabilità e giudizio ribadisce che è il potere politico che sta sempre alle spalle dell’ordine legale. La disobbedienza civile, quindi, serve a smascherare l’ingiustizia che esiste quando il potere tradisce la funzione etica e la responsabilità societaria.
Negli Stati Uniti d’America, la disobbedienza civile di massa guidata da personaggi straordinari come Martin Luther King, per fare un esempio, è servita per cercare di realizzare la teorica parità di diritti tra la popolazione bianca e quella nera, dagli anni Sessanta del XX secolo. Nella penisola italiana, invece, la discrepanza tra dettato costituzionale democratico e reale condizione economico-politica e sociale dei cittadini è stata descritta, resa pubblica e combattuta da pensatori come Aldo Capitini, con le sue considerazioni sul come far convivere la libertà individuale con la giustizia sociale, e dalla passione umana di Don Lorenzo Milani, sempre dalla parte degli umili, di coloro che subivano la trasmissione culturale senza mai partecipare all’elaborazione dei contenuti. Il suo libro L’obbedienza non è più una virtù, del 1965, fu un manifesto della ribellione alle regole imposte dall’alto. L’invito all’obiezione di coscienza contro il servizio militare obbligatorio, invece, condusse alla riflessione che portò poi all’introduzione del servizio civile.
Da non dimenticare, inoltre, il contributo di Danilo Dolci, sociologo, educatore e attivista del movimento non violento in Italia, che combatterà per anni in Sicilia, dalla metà del secolo scorso, in difesa degli strati più deboli della popolazione contro il potere economico-politico che prosperava in un ambiente controllato dalla mafia. Considerazioni importanti saranno quelle elaborate da Dolci, assieme ai suoi collaboratori, sulla distinzione fra trasmettere e comunicare e tra potere e dominio, per affrontare una possibile involuzione democratica della società, in seguito al sempre più invasivo controllo sociale esercitato dal potere attraverso la diffusione dei mass-media e il potenziamento delle loro protesi tecnologiche.
Queste analisi possiedono il retrogusto amaro dell’attualità più recente, quella delle cronache che ci parlano della perdita di umanità che sembra inarrestabile e che si esprime nel cinismo delle governance politiche di molte nazioni del mondo. I loro leader, in nome della sicurezza e della sovranità, stanno operando un giro di vite per difendere gli interessi dei pochi potenti, in totale disprezzo della libertà, dell’uguaglianza e della solidarietà tra tutti gli esseri umani, valori che dovranno trovare, invece, un nuovo spazio di narrazione, in nome della possibilità di continuare il cammino umano sul pianeta Terra in crisi ecologica, sociale ed esistenziale.