Da ieri, lunedì 21 giugno, l’Italia (a eccezione della Valle d’Aosta) è interamente zona bianca. La tanto attesa sospensione delle limitazioni ha visto il varo con il primo giorno d’estate e si spera non soffrirà più l’inverno. Via libera, dunque, agli spostamenti senza limiti territoriali o di orario, addio alle restrizioni legate all’asporto/consegna di alimenti e bevande, così come al numero massimo di persone sedute allo stesso tavolo. Le prove generali per il ritorno a una vita normale sono iniziate.
Con il decreto firmato dal Ministro della Salute, Roberto Speranza, il Paese torna ad assaporare la libertà che il COVID-19 gli ha negato, un’autonomia da preservare a ogni costo con senso di responsabilità e regole chiare da parte degli organi preposti al controllo, perché – è bene ricordarlo –, al contrario di quanto tanti stiano cercando di far passare, il virus non è scomparso con il primo sole di giugno e la campagna vaccinale non ha raggiunto l’immunità di gregge tanto auspicata.
Gli errori commessi lo scorso anno, quando l’euforia di una ritrovata luce in fondo al tunnel del lockdown si trasformò in un atteggiamento lascivo e tante volte irresponsabile, fecero ripiombare le regioni nell’incubo dell’isolamento non appena il traffico delle persone tornò a intasare mezzi pubblici di trasporto e scuole, quindi i luoghi al chiuso. Già a settembre, il governo inaugurava l’utilizzo di un tricolore insolito – giallo, arancione, rosso – per far fronte all’impennata dei contagi che tornava a spaventare l’Italia.
Come di consueto per il nostro Paese, la ricerca del colpevole impegnò più risorse di quante non se ne adoperarono per la soluzione. La politica scaricava sui giovani che affollavano le discoteche della Sardegna le cause del ritorno del virus, distogliendo lo sguardo dalle proprie responsabilità, come la totale assenza dello Stato garante di quelle poche, semplici regole che continuavano a essere in vigore, o l’incapacità di far fronte al sovraffollamento delle aule scolastiche e l’esiguità di treni e autobus per distribuire i pendolari nelle ore di punta.
Zona bianca non è sinonimo di zona franca, anche se tutto del recente passato farebbe pensare al realizzarsi di questo binomio. Tra l’esasperazione delle persone che chiedono di tornare a riassaporare vecchi ritmi e stili di vita e l’incapacità delle istituzioni di presidiare le aree più a rischio di atteggiamenti potenzialmente dannosi per la salute pubblica, il nuovo regime a cui l’Italia è sottoposta da ieri è un banco di prova per tutti, in particolar modo per la politica, coesa in una larghissima maggioranza che non concederebbe, dunque, alibi a nessuno dei responsabili.
I prossimi mesi dovranno offrire quelle risposte fattive che l’esecutivo precedente non seppe fornire. Il ripristino di lidi e discoteche dovrà avvenire con la certezza del rispetto dei protocolli di sicurezza, così il rientro a scuola a settembre dovrà avvenire dopo un trimestre estivo di lavori di edilizia scolastica e potenziamento della rete di trasporti. Il tutto, mentre la campagna vaccinale dovrà riuscire a coprire l’80% della popolazione, altrimenti nessuno avrà diritto a reclamare una reputazione migliore dei propri avversari e, con essa, il diritto a occupare i posti di potere senza rendere conto alla frustrazione dei cittadini.
Così è stato recentemente approvato l’utilizzo del Green Pass, una sorta di patente valida per spostarsi all’estero e/o prendere parti a banchetti ed eventi con la certezza di aver ridotto al minimo la movimentazione di persone a rischio. Il criterio del foglio verde che ha messo d’accordo tutti gli Stati europei è piuttosto semplice, eppure non privo di contraddizioni. Se è vero, infatti, che in zona bianca o gialla si potrà partecipare a concerti o matrimoni soltanto se protetti dalla vaccinazione (riducendo così il rischio di ospedalizzazioni in caso di contagio), è altrettanto iniqua la misura che si rivolge a chi – discutibilmente, ma legittimamente – avrà deciso di non aderire alla somministrazione del siero contro il COVID-19, costretto al tampone (a proprie spese) o inibito dal poter viaggiare fuori nazione, nonostante sottoporsi al vaccino non sia obbligatorio in nessun Paese dell’Unione.
È bene ricordarlo, la vaccinazione è un gesto di grande sensibilità civica (oltre che un’auspicabile misura di protezione personale), tuttavia resta una scelta discrezionale e le limitazioni imposte a chi non si presenterà agli hub della primula vanno in una direzione contraria a tutto quanto possa risultare vagamente democratico. A tal proposito, la grande confusione generata proprio da chi – al contrario – dovrebbe avere il compito di rassicurare e dare risposte convincenti a chi ancora è indeciso non sta giovando al raggiungimento dell’obiettivo dichiarato dalla comunità scientifica.
In zona bianca, avere rappresentanti delle aule di governo capaci e responsabili potrebbe fare la differenza ancor più che in regime di restrizioni. Premier, ministri, governatori, sindaci e finanche consiglieri comunali hanno dimostrato di trovarsi molto a loro agio nel ruolo dello sceriffo che tutto può e determina delle sorti della sua gente, soprattutto quando c’è da chiuderla in casa e privarla di ogni diritto proprio della democrazia. Al contrario, i suddetti signori hanno ampiamente dato prova della loro inconsistenza quando chiamati a dare risposte, offrire soluzioni, tendere una mano. Per quanto ancora le persone potranno accettare di sbarrare porte e finestre per un nemico a loro invisibile?
Parlare chiaro, adesso, farà la differenza domani. Come detto, zona bianca non può e non deve significare zona franca, e ciò deve valere per le persone quanto per la politica. Spiegare perché, nonostante le vaccinazioni, a settembre le condizioni potrebbero nuovamente cambiare è importante per far sì che le prossime misure non impattino sulla quotidianità di persone già portate allo stremo fisico e mentale. Soltanto così si potrà sperare in atteggiamenti liberi ma non irresponsabili, soltanto così si potrà far fronte alle prossime necessità.
È il primo giorno d’estate e un nuovo inverno è tutto da scongiurare.