L’Organizzazione Mondiale della Sanità, già da vent’anni, parla di linee guida per combattere il fenomeno delle aggressioni sui luoghi di lavoro. Il 12 marzo, in Italia, si celebra simbolicamente la giornata contro la violenza verso gli operatori sanitari; una ricorrenza che nemmeno dovrebbe esistere in una società civile. Quello che i dati del 2023 sottolineano, invece, è un netto aumento di casi su tutto il territorio nazionale.
Non è più tempo di strumentalizzare i disagi che affliggono il mondo della sanità senza la reale volontà di risolvere le problematiche. Un operatore sanitario non può convivere con la paura di recarsi a lavoro, luogo dove esercita una professione di cura che viene messa a rischio. L’European Agency for Safety and Health at Work introduce violenza e molestie come rischi psicosociali emergenti in materia di sicurezza e salute. La sinergia tra mondo sanitario, politico e società civile è fondamentale per contrastare questo tipo di abuso che, oltre a deteriorare le condizioni di lavoro, mette a rischio la qualità della sicurezza delle cure portando immense perdite, anche finanziarie, nel settore sanitario.
I dati 2023 dell’Osservatorio nazionale degli esercenti le professioni sanitarie dicono che le aggressioni sono in crescita così come, in maniera direttamente proporzionale, cresce lo studio del fenomeno. La relazione dell’Osservatorio viene presentata, nella mattinata del 12 marzo, dal Ministro della Salute Orazio Schillaci. Dall’analisi emerge che le segnalazioni complessive di aggressione nell’anno 2023 sono oltre 16mila sull’intero territorio nazionale (a esclusione della Sicilia), per un totale di circa 18mila operatori coinvolti. Numeri agghiaccianti che la pandemia ha esacerbato.
Si tratta del primo monitoraggio effettuato secondo un coordinamento a livello nazionale, intervenuto nell’ambito di sistemi di rilevazione già consolidati in alcuni ambiti territoriali. Ci auspichiamo che in futuro i dati del report comprendano anche le strutture private accreditate. Questo al fine di dare una fotografia più omogenea del fenomeno che, nonostante gli sforzi, rimane sempre sottostimato.
Interessanti i dati sul genere degli aggrediti: le professioniste sanitarie segnalano i due terzi dei casi. Questo andamento è sovrapponibile a quello degli anni precedenti e ci porta a dire che il fenomeno delle aggressioni al personale sanitario è profondamente interconnesso con la violenza di genere.
Gli infermieri sono i più colpiti (anche stavolta il dato va rapportato alle consistenze nell’intero personale, in cui gli infermieri rappresentano i professionisti più numerosi), seguiti da medici e operatori socio-sanitari. I luoghi assistenziali più a rischio, coerentemente con la letteratura, restano i Pronto Soccorso e le Aree di Degenza. Gli aggressori sono principalmente utenti/pazienti.
Occorre evidenziare che il monitoraggio effettuato dall’Osservatorio ha un ambito ampio. Il report considera non soltanto le aggressioni fisiche ma anche quelle verbali e contro la proprietà. L’abuso verbale (58%) è la forma più comune di violenza non fisica, seguita da minacce (33%) e molestie sessuali (12%). Questa analisi permette, per la prima volta su base nazionale, di cercare di contrastare la sottostima del fenomeno. Sottostima dovuta al fatto che, spesso, si raccolgono solo gli eventi di maggiore gravità.
I dati sono solo un punto di partenza per mettere sul piatto serie proposte, proposte che implicano: migliori meccanismi di segnalazione su tutto il territorio nazionale, lotta alla sotto-segnalazione del fenomeno, azioni concrete di presa in carico dopo le segnalazioni da parte delle Aziende Sanitarie; politiche di riconoscimento e prevenzione della violenza che devono andare oltre il livello individuale e includere cambiamenti organizzativi e dell’ambiente di lavoro.
Non è facile arginare il fenomeno ma questo processo deve vedere coinvolti tutti coloro che ruotano attorno al mondo della sanità. L’abbattimento della violenza contro gli operatori sanitari rientra dentro quel processo chiamato One Health: l’approccio ideale per raggiungere la salute globale non può prescindere dal mantenimento della salute psicofisica degli operatori sanitari.