Si è conclusa lo scorso sabato la 77° Mostra del Cinema di Venezia, storico festival cinematografico che si svolge annualmente al termine dell’estate nella splendida cornice veneta. «Qui si è fatta la storia» sono state le parole di Anna Foglietta, madrina dell’evento, e di sicuro nessuno si aspettava simili risultati in un anno tanto oscuro come questo. Il tutto si è svolto nel migliore dei modi: rigidi controlli, organizzazione impeccabile così come distanziamenti sociali e posti occupati. Ciononostante, il verdetto delle premiazioni non ha soddisfatto la maggior parte di pubblico e critica, che, tra imbarazzo e delusione, si è scagliata contro la giuria – presieduta dall’attrice Cate Blanchett –, condannando la mancanza di serietà ed equilibrio, e la volontà di celebrare più la moda che le reali competenze.
Partiamo dal premio più noto e ambito, il Leone d’Oro, consegnato alla regista cinese ma attiva nel cinema indipendente statunitense Chloé Zhao, per il film Nomadland. Un excursus sulla vita della sessantenne Fern, interpretata da una come sempre straordinaria Frances McDormand (Premio Oscar come miglior attrice per Tre manifesti a Ebbing, Missouri), la quale raduna tutte le sue cose su un furgone per condurre una vita nomade e fuori dalle convenzioni sociali. Le due donne hanno “ritirato” il premio collegate virtualmente da Pasadena. Un film apprezzato per interpretazione e fotografia ma, a detta di tanti, piatto, scontato e molto distante dal capolavoro che dovrebbe rappresentare. Siamo comunque felici – purtroppo, dobbiamo ancora esserlo – di costatare la vittoria di una regista donna dopo dieci anni, all’interno di otto registe su diciotto in gara, un numero mai così alto prima.
La Coppa Volpi per la miglior interpretazione maschile è andata, invece, a Pierfrancesco Favino, il quale, dopo i grandiosi Il traditore e Hammamet, ha trionfato con Padrenostro, diretto da Claudio Noce. Un film crudo e schietto, ispirato all’attentato nei confronti del padre del regista, vicequestore e dirigente dell’antiterrorismo nel 1976, da parte dei NAP (Nuclei Armati Proletari). Anche stavolta le critiche non sono mancate, ritenendo la sua vittoria più un contentino che un reale riconoscimento della performance. Che sia o meno così, il valore di un attore del calibro di Favino è noto e degno e le sue parole – «Mi avete fatto la sorpresa più bella della mia vita» – le comprendiamo bene (e poi ce lo ricordiamo tutti l’Oscar a Leonardo di Caprio per The Revenant).
Unico rappresentante dell’Italia, Pierfrancesco Favino, rimasta con un pugno di mosche per gli altri suoi tre titoli: Notturno di Gianfranco Rosi (tra i favoriti), Miss Marx di Susanna Nicchiarelli e Le Sorelle Macaluso di Emma Dante. Quest’ultimo, in particolare, aveva fatto molto parlare di sé, raccontando le vicende di cinque sorelle palermitane alle prese con sogni e speranze, legate tra loro da un affetto inestimabile. Un cast tutto al femminile, un film denso e poetico che sembrava presagire un glorioso avvenire.
È stata Vanessa Kirby (recentemente vista nella serie The Crown), invece, ad aggiudicarsi la Coppa Volpi per la miglior interpretazione femminile, con il film Piece of a woman. Il Leone d’Argento per la miglior regia è toccato al giapponese Kiyoshi Kurosawa, con La moglie di una spia, mentre ha vinto per la miglior sceneggiatura Chaitanya Tamhane, con The Disciple. A conquistare il Gran premio della giuria è stato, poi, Nuevo Orden, di Michel Franco, scioccante film distopico direttamente dal Messico, tacciato di essere troppo confusionario e inutilmente violento. Il Premio speciale della giuria, invece, ci ha portato in Russia con Cari compagni! di Andrej Končalovskij ma anche qui delusione per la superficialità con cui è stato trattato un regista tanto prezioso nel suo tempo. Il Premio Marcello Mastroianni (a un attore emergente) è toccato a Rouhollah Zamani per Sun Children del regista iraniano Majid Majidi.
Ugualmente degna di nota è la sezione Orizzonti, dove spiccano The Wasteland di Ahmad Bahrami (miglior film), Listen di Ana Rocha de Sousa (Premio speciale della giuria Orizzonti e Leone del futuro) e I predatori di Pietro Castellitto (miglior sceneggiatura), figlio del noto attore Sergio, alle prese con la sua opera prima.
Ciò che non ha lasciato insoddisfatti di sicuro è stato il red carpet dove, tra i vari partecipanti, si sono distinti per eleganza Marracash ed Elodie (in un bellissimo abito Versace), l’attore Alessio Boni e famiglia, e Claudia Gerini, giunta con il compagno Simon Clementi in vista della prima di The world to come. Applausi anche per gli intermezzi, con le parole della poetessa Mariangela Gualtieri e le note di Diodato. Nonostante le polemiche, il presidente della Biennale, Roberto Cicutto, e il direttore artistico, Alberto Barbera, si sono ritenuti fieri della mostra, aggiungendo che «i verdetti vanno presi per quel che sono, il giudizio di poche persone che non necessariamente deve rappresentare un modello oggettivo di valutazione. La Mostra di Venezia è stata una finestra aperta a 360° sul cinema contemporaneo».
Una cosa è certa: come realmente verranno percepiti i film lo scopriremo con le reazioni del grande pubblico. Un pubblico che già non vede l’ora di gustarsi Le sorelle Macaluso, distribuito nelle sale italiane dal 10 settembre. Trasposizione del dramma teatrale del 2014, la grande eco avuta fino a ora di certo gli permetterà di ottenere quei risultati mancati qui a Venezia. Idem per Notturno, forse non compreso pienamente dalla giuria, al cinema dal 9 settembre. Per guardare Nomadland, invece, dovremo purtroppo attendere il 4 dicembre. Intanto, siamo certi che l’interpretazione della McDormand non deluderà, impersonando un’identità femminile indipendente che non ha più nulla da perdere, che si discosta dalla norma e si lancia in un mondo, quello del vagabondaggio americano, ancora molto poco sviscerato.