Al via giovedì 3 giugno alle ore 18, e per le quattro settimane successive, l’ottava edizione di Veduta Leopardi, l’annuale manifestazione ideata e curata dal poeta Costanzo Ioni che si svolge a Napoli, sulle scale San Pasquale che, dal Corso Vittorio Emanuele (altezza civico 556), portano verso Toledo e i vicoli dei Quartieri Spagnoli che, nell’ottobre del 1833, accolsero il giovane Giacomo Leopardi. Il poeta trovò alloggio, assieme al suo amico Ranieri, in via San Mattia 88, in un appartamento al secondo piano in cui soggiornarono appena due mesi per motivi che sembrano riconducibili al non gradimento della proprietaria per la coabitazione o, forse, al timore di contagio di quegli inequivocabili sintomi della tisi che affliggevano lo scrittore.
L’appartamento di Palazzo Cammarota, in via Santa Maria Ognibene, seconda abitazione di Leopardi, che vi restò per due anni per poi trasferirsi in Vico Pero a Capodimonte fino alla sua morte, è posto di fronte alle scale San Pasquale dove in queste sette edizioni poeti italiani e stranieri hanno tributato un omaggio all’autore de L’Infinito, producendo, tra l’altro, una donazione al Fondo Leopardi della Biblioteca Nazionale delle sue traduzioni in napoletano e swahili.
Una manifestazione semplice, con un pubblico sempre attento e partecipe seduto sui gradini, con lo sguardo rivolto a Palazzo Cammarota e alle decine di poeti che si alternano alla lettura di versi, quest’anno, purtroppo, non intervallati dagli interventi anche canori di Ernesto Nocera e dai dotti approfondimenti di Vincenzo Villarosa, scomparsi recentemente, che saranno ricordati nel corso delle quattro serate.
E fu proprio in occasione della prima edizione di Veduta Leopardi che conobbi Vincenzo, il quale intervenne leggendo questo scritto che ripropongo con piacere.
Leopardi: il destino dell’uomo e della civiltà di Vincenzo Villarosa
Sulla vita e le opere di Giacomo Leopardi è stato scritto tanto, come è giusto e utile che sia per una figura di grande spessore intellettuale e umano.
Un grande filosofo italiano, Emanuele Severino, ha incluso, da tempo, il poeta di Recanati nei manuali di storia della filosofia e gli ha dedicato due libri importanti come Il nulla e la poesia e Cosa arcana e stupenda. Da poco, è uscito in libreria il suo lavoro In viaggio con Leopardi (Milano, 2015), dal quale voglio leggere alcuni passaggi che, secondo me, mostrano l’importanza di Leopardi, non solo come poeta, ma anche come pensatore.
L’opera di Leopardi è una grande critica della civiltà. Può sembrare che egli stesso favorisca l’impressione di muoversi nella direzione indicata da Rousseau. Eppure c’è ben altro. Leopardi anticipa Nietzsche, anticipa il cuore del pensiero di Nietzsche: il tema della “morte di Dio”. Quando arriva a questo punto, il lettore può trovare la cosa più o meno interessante. Che però riguarda le opinioni dei filosofi e dei letterati. Il mondo va avanti. Ma, chiediamoci, va avanti indipendentemente dalle opinioni umane? Quelle degli uomini comuni e di quelli meno comuni che escogitano le varie tecniche di sopravvivenza, “materiali” e “spirituali”? (pag. 7).
Più avanti, Severino continua:
Se si volesse scrivere un libro “facile” sul senso della filosofia, che non includesse il tema della contraddizione, non sarebbe un libro di filosofia. Ed è dalla filosofia che la scienza eredita tale senso. Inoltre, è Leopardi stesso ad affrontare sin dall’inizio il tema della contraddizione e a porlo al centro del suo pensiero. […]
Tuttavia, dopo aver tentato strenuamente di circoscrivere la sua violazione, Leopardi si convincerà di dover negare in ogni campo questo principio, e di dover affermare l’esistenza universale della contraddizione. Non c’è bisogno di sottolineare l’audacia di questa tesi. Ma profonde sono le sue ripercussioni sul pensiero di Leopardi e sulla partita che egli gioca con la tradizione dell’Occidente. (pagg. 13-5).
Leopardi, in breve, come poeta ma anche come pensatore, è di un’attuale “inattualità” – da sempre e per sempre – e ci fa riflettere sulla necessità dell’arte e della letteratura e, soprattutto, della loro capacità di farci comprendere il qui e ora e l’eterno e la loro unità, nella diversità delle espressioni umane.
E tra le tante difficoltà dell’esistenza, di Questa maledetta vita (Firenze, 2015) – come recita il titolo del prezioso libro di Raffaele Urraro, appena uscito in libreria – ci aiuta a capire, meglio ancora a “sentire”, la vita così come forse è, senza aggettivi. La vita e basta.