Ma davvero vivi a Napoli? Come fai ad uscire di sera? Non è pericoloso? E i borseggiatori, la camorra, la spazzatura? No, ma Napoli è bella, solo che non ci vivrei mai!
Sono queste le principali esternazioni di tanti – forse troppi – amici e parenti, quando qualcuno dà loro la notizia di aver scelto, per un motivo o per un altro, di vivere nel capoluogo campano. Il tenore delle osservazioni e delle curiosità mosse dalla gente comune, evidentemente, fa emergere ancora quella matassa di pregiudizi, formatasi negli anni, che attanaglia la città partenopea. Un’impostazione che, duole constatare, pare non limitarsi semplicemente ai confini nazionali.
Risale a pochi giorni fa la classifica, pubblicata sul The Sun, che ha visto Napoli – unica nell’intero blocco occidentale europeo – giudicata una tra le undici città più pericolose al mondo e inserita, quindi, accanto a località interessate da fenomeni bellici, come la siriana Raqqa.
Fortunatamente, il noto tabloid inglese, a seguito di numerose polemiche, è ritornato sui propri passi, cercando di arginare la brutta figura, ma la risposta si è dimostrata ugualmente fallace, tanto da indurre anche le istituzioni – il sindaco de Magistris in primis – a intervenire in maniera ferrea.
Il Sun deve aver avuto un colpo di sole, ha confuso la fiction con la realtà quando ha associato la città del Vesuvio a Raqqa, Mogadiscio e Gronzy. Sono state queste, invece, le parole dell’Ambasciata italiana in Inghilterra, la quale ha probabilmente voluto alludere allo sceneggiato televisivo Gomorra, che sta riscuotendo un certo successo in tutto il mondo.
Superato, almeno per adesso, l’increscioso incidente, resta da chiedersi il motivo di suddetta scelta. Perché, dunque, Partenope è stata oggetto di quest’ennesima offesa o, per meglio dire, distorta descrizione? Il sospetto è che alla base del problema vi siano da collocare le solite responsabilità e le note logiche nazionali. Come si è potuto constatare anche negli ultimi giorni, a proposito dei recenti roghi che hanno devastato il Vesuvio e altre aree della Campania, esiste ancora una considerevole schiera di cittadini – o presunti tali – che non si risparmia di alimentare un certo astio verso il Mezzogiorno, e per Napoli nello specifico, diffondendo illazioni e offese in grado di galleggiare fino al di là della Manica.
La diatriba Nord-Sud dovrebbe essere una questione ampiamente superata, una leggenda del passato come quella sull’esistenza della Padania, tuttavia basta accedere ai propri social per notare come il nostro sia un Paese che continua a faticare a essere coeso, persino dinanzi a catastrofi e tragedie. A dire il vero, non dovremmo sorprenderci, considerando che vi è ancora tanta gente che vota Lega Nord o che legge Libero, ma talvolta ci si illude di muoversi in una società civile.
Tralasciando i luoghi comuni su sole, pizza, amore, mare e mandolino, in realtà, la serie di pregiudizi ruotanti attorno al capoluogo campano potrebbe agilmente essere smontata attraverso un doppio binario di considerazioni.
Innanzitutto, partiamo da un piano di comparazione dei numeri. Ebbene, riprendendo i dati ministeriali relativi alla criminalità dal 2007 al 2013, a cura del Forum Italiano sulla Sicurezza Urbana, il tasso di reati registrati nel napoletano non figura tra i primi posti dell’intero Paese o, comunque, non è superiore a quello di altre province italiane. La medesima situazione, per giunta, è stata anche descritta da una recente e simile indagine de Il Sole 24 ore, che, non a caso, si oppone al Sun inglese. Passando, invece, a un’analisi del numero di morti uccisi per strada, solo l’anno scorso, Napoli non si è dimostrata più pericolosa di Roma e, per ragioni che purtroppo conosciamo tutti, in buona evidenza non è di certo ai primi posti in Europa.
È naturale, quindi, chiedersi su quali fondamenta la rivista inglese abbia redatto la sua lista. Pare, infatti, che quei giornalisti abbiano delineato i loro presunti studi statistici solo sulla base di voci e pregiudizi. Come sempre capita, a parlar male di un posto – così come di una situazione o di una persona – è, il più delle volte, chi non ha mai neppure avuto la curiosità di conoscerlo a fondo. La città campana, per l’appunto, viene bistratta da chi non l’ha mai vissuta, da chi non l’ha mai visitata e scoperta nelle sue molteplici sfumature, e da chi non l’ha mai neppure distrattamente studiata. È quanto mai calzante, allora, l’invito che è stato espresso agli inglesi di venire a visitarla, magari senza il giubbotto antiproiettile, viste le temperature. Lo stesso invito, poi, andrebbe esteso anche ai tanti cittadini italiani fermi nella loro imbarazzante ignoranza. Magari, in tal modo, potrebbero finalmente scoprire che camminare per Napoli non è più pericoloso rispetto a farlo in altre metropoli europee e magari, gli stessi, potrebbero anche rendersi conto in quale bacino di bellezza e cultura essa è racchiusa.
Con quanto si è finora detto, non si vuole in alcun modo minimizzare le tante problematiche che interessano e affliggono il posto. La camorra e la delinquenza esistono e sono una piaga amara ed enorme, ma non è giusto che a prevalere sia sempre e solo una narrazione unilaterale che calca e marcia sugli aspetti negativi. È come se di una persona, affetta da una qualche patologia, si volesse parlare solo del suo male e mai dei suoi sogni, delle sue sensazioni, delle sue pulsioni e della sua voglia di vivere e vincere contro la morte. Napoli merita di essere raccontata nei suoi numerosi lati postivi, perché solo questa può essere l’ancora di salvezza e la chiave di volta.
Venite, dunque, a conoscere Partenope. Accorrete, possibilmente, in maniera scevra da preconcetti. Giungete ad ammirarla, a studiarla, perché solo così potrete misurarne il valore effettivo, e perché solo in questo modo, peraltro, potrete essere legittimati a criticarla. Troverete un posto in rinascita, carico di vitalità e in pieno fermento culturale. Osserverete un luogo dove l’unico concreto pericolo è quello di venirne stravolti.
Parafrasando la famosa citazione di Goethe, è proprio il caso di dire: Vedi Napoli e poi parla.