Altre polemiche sono in agguato. Con la notizia dell’approvazione del vaccino di Pfizer in Gran Bretagna, l’arrivo dell’atteso farmaco anche in Italia sembra sempre più vicino e, come accade ormai inevitabilmente, la notizia non è accompagnata solo da una buona – e a volte spropositata – dose di entusiasmo popolare, ma anche da indignazione e proteste da parte di quei cittadini che della polemica hanno fatto uno stile di vita.
Sono passati anni da quando le teorie sulla correlazione tra vaccino e autismo hanno scatenato l’ondata dei no vax, e sono passati altrettanti anni da quando ogni collegamento è stato scientificamente confutato. Eppure, poco è cambiato sul fronte indignazione. Anzi, se possibile, il numero degli annoverabili sotto la dicitura contrari ai vaccini – come se fosse un argomento su cui si può avere un’opinione diversa dall’evidenza scientifica – continua a crescere esponenzialmente.
È proprio a tal proposito che Facebook ha comunicato la direzione che prenderà nei confronti della disinformazione sul tema. I vertici della piattaforma hanno dichiarato che inizieranno a rimuovere tutti i post contenenti notizie false. Per riconoscerle, è stato sottolineato che si farà riferimento alle tesi già confutate dagli esperti. Il tentativo di mettere un freno alla disinformazione che, nel corso degli anni, ha sfruttato i social media come terreno fertile per alimentare quella diffidenza nei confronti della scienza, dei medici di parte in combutta con il governo criminale, rischia però di scatenare ulteriori controversie e malcontenti.
Non appena la notizia è stata divulgata, infatti, quegli stessi sostenitori della lotta ai vaccini l’hanno interpretata come una dichiarazione di guerra da parte di uno Stato tiranno che mette il bavaglio a chiunque osi contraddirlo. Reduci probabilmente da una lettura frettolosa di 1984, il timore di essere silenziati scatena sempre un notevole malcontento, motivo per cui sembra impossibile identificare il modo giusto di agire contro la cattiva informazione. Per quanto sia apprezzabile l’iniziativa di Facebook, infatti, una decisione di questo tipo, seppur necessaria, implica anche il rischio di alimentare quella stessa ignoranza che si tenta di combattere e che potrebbe sentirsi maggiormente legittimata, finendo per autoalimentarsi attraverso canali meno in vista.
È certamente difficile identificare quale sia la scelta giusta in simili casi, così come saranno ad alto rischio le decisioni delle autorità quando il vaccino sarà disponibile per una buona fetta della popolazione. È infatti indubbio che i vaccini siano medicinali, sostanze biochimiche studiate artificialmente in laboratorio, e sarebbe da ingenui pensare che non si corrano rischi iniettando sostanze estranee all’interno dell’organismo. Non è un’irrealistica favola sulla perfezione del sistema che vogliamo raccontare. Vogliamo però chiarire che si tratta di rischi calcolati, di rischi di cui tener conto ma da cui non farsi paralizzare, almeno non più di quanto non faccia la COVID-19.
È importante considerare, prima di tutto, che così come un vaccino può avere degli effetti collaterali a lungo termine, anche la COVID può averne. Anzi, già ora non sono rari i casi di guariti o, meglio, di pazienti che risultano negativi da mesi ma continuano ad avere sintomi debilitanti nonostante l’infezione sembri passata. In queste lunghe settimane, abbiamo imparato a conoscere meglio il virus e abbiamo compreso che non attacca solo i polmoni, ma anche altre parti vitali dell’organismo, a cominciare dal cuore. In più, sul piatto della bilancia vanno inserite anche tutte le altre conseguenze che la malattia indirettamente comporta a livello sanitario e finora ignorate. Al primo posto, gli effetti sulla salute mentale: attacchi d’ansia e depressione sono probabilmente solo l’ultima goccia di un malessere generalizzato. In più, gli effetti che quarantene e lockdown stanno avendo sulla qualità dell’istruzione – è impossibile sostenere che essa non sia drasticamente peggiorata e no, prima che puntiate il dito, non è colpa degli insegnanti – comporteranno gravi risvolti a lungo termine. È scientificamente provato, infatti, che un basso livello di scolarizzazione implicherà maggiori problemi di salute in futuro: nel nostro caso, si tratta di un’intera generazione. Nel computo dei costi e dei benefici, insomma, per decidere se fare o meno il vaccino, è importante considerare ognuno di questi aspetti.
Illustrando l’ultimo DPCM, Conte ha dichiarato che per ora rendere il vaccino obbligatorio non è in programma. È il principio di autodeterminazione a cui fa riferimento il governo quando afferma che le cure non possono essere imposte poiché per i trattamenti sanitari obbligatori è necessaria una giusta causa. Ma è al benessere pubblico che si pensa quando si prevede che, se l’affluenza alle vaccinazioni non dovesse risultare sufficiente ad abbassare notevolmente la curva di contagi, esse dovranno essere rese obbligatorie. È quasi impossibile trovare un equilibrio tra le due parti, il libero arbitrio di ogni privato cittadino e la salute pubblica, aggravata dal peso imposto sulle strutture sanitarie. Ciò che le istituzioni stanno facendo, per ora, è rimettersi al buonsenso della popolazione, le cui decisioni hanno piacevolmente sorpreso durante la prima ondata ma progressivamente deluso a partire dai mesi estivi a oggi.
Sembra chiaro che altro non si possa fare, almeno per ora, così come non si è potuta imporre una restrizione sul numero di ospiti da accogliere in casa il giorno di Natale, preferendo una molto meno funzionale restrizione sullo spostamento tra Comuni, che finirà per rivelarsi perfettamente inutile nei grandi centri urbani e fin troppo proibitiva nei piccoli paesini. Ma se l’obiettivo dei più al momento sembra quello di trovare un modo per aggirare le norme, scovare una scappatoia per partecipare a cenoni e feste, la fiducia riposta nel buonsenso rischia di essere presto tradita.
Il reale problema, allora, non sta nelle decisioni da prendere, nei provvedimenti da imporre e in quelli da raccomandare, non sta neanche nel virus stesso e nella pandemia che inizia a starci stretta più di quanto potessimo immaginare. Il reale problema è nella percezione. Abbiamo mille morti al giorno, e ancora c’è chi pensa che il vaccino sia uno strumento di controllo, di soppressione della libertà invece che di cura. Abbiamo mille morti al giorno, ma c’è ancora troppa gente che si strugge per le feste di Natale rovinate – e viene spontaneo chiedersi cosa abbiano tutti da festeggiare, visto che tutti hanno perso almeno un conoscente. Abbiamo mille morti al giorno, ma la settimana bianca sembra un piacere irrinunciabile. La verità è che quelle mille persone che muoiono ogni giorno iniziano a diventare invisibili, iniziano a diventare ordinarie. La verità è che ci siamo abituati ad avere mille morti al giorno, e non vediamo l’ora di riprenderci ciò che ci spetta, di mettere la parola fine sui sacrifici, perché mille morti non fanno più effetto. Ed è questa la cosa più spaventosa, la disgrazia peggiore. E non l’ha causata il virus.