Tra chi l’ha definito il male assoluto e chi vi ha rivolto ogni speranza di salvezza, la narrazione sul vaccino anti-COVID è stata un tripudio di caos, inesattezze e insensatezze che hanno reso l’opinione pubblica piuttosto confusa. Non c’è da sorprendersi, allora, se una buona parte della popolazione si dichiari sospettosa nei confronti dell’immunizzazione, mentre un’altra si fida ciecamente della scienza senza lasciar spazio a dubbi. Invece di cedere a un estremo o all’altro, però, sarebbe meglio fare dei dati, dei fatti e anche delle probabilità delle linee guida, per affrontare i mesi che ci attendono con le idee decisamente più chiare.
Prima di tutto, è bene chiarire che il dubbio è lecito. È normale e, anzi, persino sano che le persone si pongano delle domande sull’efficacia e sulla sicurezza dei vaccini, sulla buonafede delle istituzioni e sulle conseguenze di ogni decisione. Al contrario di quanto si racconta negli ambienti negazionisti, non si è alla ricerca di un popolo accondiscendente e non è necessario che nessuno ponga domande o manifesti dubbi per ottenere una copertura vaccinale sufficiente. Anzi, l’interesse a comprendere cosa c’è sotto la superficie dell’ultimo anno non potrà che generare una popolazione più informata e, di conseguenza, più serena. L’importante è, come in ogni situazione, non cedere al fascino degli estremismi.
In questi mesi che hanno messo a dura prova la resistenza di ognuno, l’opinione si è orientata sui due poli opposti: il meraviglioso miracolo della scienza, che ha reso possibile l’impossibile e ci salverà tutti, e la farsa orchestrata dai governi per controllare i cittadini, con vaccini dannosi per la salute e magari anche il virus creato in laboratorio o, addirittura, inesistente. Le ideologie piuttosto radicate che ne sono venute fuori, in entrambi i casi, si rivelano errate: non porsi alcuna domanda e fidarsi ciecamente delle parole che provengono da una scienza che non può essere sempre priva di interessi politici ed economici è tanto sbagliato quanto mettere in discussione qualunque cosa, anche le certezze più evidenti.
Porsi domande sull’efficacia, sui tempi di produzione, sui sistemi di somministrazione del vaccino è del tutto lecito ma, invece di restare incertezze stagnanti, alla maggior parte di quelle domande esiste una risposta, scientifica e comprovata, che frena la deriva. A contribuire alla confusione, purtroppo, si è messa anche la comunicazione adottata da media e istituzioni, che non hanno fatto altro che fornire argomentazioni fittizie. Rappresentare l’arrivo dei vaccini come il felice epilogo di quest’anno ingiurioso, come il deus ex machina che risolve in un batter d’occhio tutti i problemi, è stata una decisione infelice, presa forse in buonafede, per convincere le persone a rispettare le regole, ma che a lungo termine si è rivelata solo una scomoda menzogna. Sappiamo tutti, infatti, che ci vorranno parecchi mesi prima di poter sfilare le mascherine e riabbracciare i nostri cari ma, a causa delle narrazioni portate avanti finora, c’è ancora molta gente che rifiuta la possibilità del vaccino perché, se una volta fatto non potrà tornare alla vita di prima, non vede alcun vantaggio nel farlo. D’altro canto, l’arrembaggio alla visibilità perpetrato dai media ha condotto i lettori a un livello di confusione tale da non riuscire più a distinguere tra i reali rischi e quelli assolutamente inventati.
In realtà, la fiducia nei vaccini che oggi emerge dalla comunità scientifica è il frutto di una serie di eventi, di dati e di risposte ottenute solo alla fine del 2020. È importante chiarire che le certezze di adesso non sono le stesse di sei mesi fa e che, anzi, di titubanze su efficacia e sicurezza ce ne sono state parecchie, anche da parte degli esperti. Oggi parliamo di miracolo della scienza, ma pochi mesi fa erano numerosi gli scienziati che, invece di prendere una posizione a favore o contraria, hanno rimandato il loro giudizio al momento in cui avrebbero avuto più dati. Allo stesso modo, anche se non si è padroni della materia, è possibile consultare tutti i dati necessari online e ascoltare i pareri autorevoli, supportati dai fatti, e che chiariscono la ritrovata tranquillità.
Secondo tali dati, infatti, è possibile comprendere i fattori che hanno permesso la rapidità nello sviluppo dei vaccini, riuscendo a dare una risposta ai dubbi che ci hanno reso sospettosi negli scorsi mesi. Prima di tutto, con la pandemia è stato molto più facile trovare fondi per finanziare le ricerche e volontari per sperimentarle. In più, a causa dell’emergenza, le agenzie regolatorie hanno corretto il tiro e valutato i dati man mano che venivano generati, e non solo a studi conclusi, risparmiando molti mesi di lavoro. Infine, le tecnologie a mRNA avevano un buon numero di ricerche alle spalle e le conoscenze pregresse su SARS e MERS – altri coronavirus – hanno fornito una base già abbastanza solida da cui partire.
Con l’uscita delle prime dichiarazioni di Pfizer e Moderna sull’efficacia al 95% c’erano, però, ancora molti dubbi, fugati solo successivamente all’approvazione da parte delle agenzie, da EMA e FDA. Ma mentre tali titubanze sembrano sopite, sulla sicurezza – la probabilità di incorrere in effetti indesiderati gravi – c’è ancora chi si pone tante domande. Tralasciando le teorie sui vaccini che modificano il DNA – cosa impossibile, nonché insensata –, se gli affidabili studi sui rari effetti collaterali non sembrano credibili, basta pensare che al momento è stato vaccinato un milione e mezzo di persone, e di frequenti conseguenze avremmo già sentito parlare se ce ne fossero state.
Dunque, una volta chiariti i dubbi e letti i dati su un’azione internazionale che sembrava irrealizzabile ed è per fortuna risultata fattibile, dovrebbero restare solo le incertezze riguardo come, in che modalità e con quale efficacia avverranno le vaccinazioni. Invece, alle domande che è lecito porsi si accompagna sempre il sospetto a causa del quale sono esplosi, negli ultimi giorni, teorie esagerate e del tutto infondate. A sostegno dei negazionisti più perseveranti si è prestata, poi, la diffusione di non-notizie da parte dei maggiori media.
Sono stati numerosi i casi riportati di persone vaccinate che a pochi giorni dalla somministrazione sono risultate positive alla COVID-19. Come spiegato anche nella maggior parte di quegli stessi articoli dai titoli forvianti, non c’è alcuna correlazione tra la positività di un infermiere e il vaccino fatto cinque giorni prima per due evidentissime ragioni: il vaccino inizia a fare effetto al 52% dopo due settimane dalla prima dose e raggiunge il 95% a una settimana dalla seconda; l’incubazione del virus è lunga ed è probabile che l’infezione avvenga prima dell’immunizzazione. Questi dati sono ormai disponibili per tutti, sono evidenti e costantemente ripetuti, eppure c’è ancora qualcuno che decide di ignorarli volontariamente pur di avere prove a sostegno della propria tesi sull’inutilità dei vaccini. Allo stesso modo, c’è ancora qualcuno che ritiene che l’influenza stagionale faccia più morti della COVID, quando basterebbe leggere pochi numeri a riguardo per rendersi conto che non è per niente così.
Il problema risiede allora nel fatto che quella ai vaccini è diventata una vera e propria guerra, di quelle che non si ricorda perché sono iniziate ma che non ci si può permettere di perdere. Pur di vincere, la maggior parte dei no-vax si appella alle insensatezze, accusando la comunità scientifica di non mettersi in discussione senza farlo loro per primi. Il ricorso ad argomentazioni fallaci, facilmente smontabili controllando i dati, digitando qualche parola chiave su Google o anche semplicemente cliccando il testo di quell’articolo che probabilmente è stato condiviso senza essere letto, dimostra in realtà una scarsissima voglia di analizzare ciò che ci circonda e una propensione a prendere scorciatoie per posizionarci da un lato o dall’altro della staccionata senza aver fatto alcuno sforzo per arrivarci. E questa nuova comoda abitudine sa tanto di offesa all’intelligenza umana.