In Una vita tra le nuvole (Safarà), il grande scrittore australiano Gerald Murnane scandaglia il mondo interiore dell’adolescente Adrian Sherd fra delizie e tormenti, nel 1953. A fronte di una routine quotidiana ben consolidata e tutto sommato sempre uguale a se stessa (i viaggi in treno per raggiungere il collegio, i sermoni dei preti suoi insegnanti, lo sport, i lavoretti domestici, ancora treno, le vacanze estive, scambiare intimi segreti con i compagni) Sherd coltiva un fitto giardino di fantasie inconfessabili e intere vite vissute nell’intervallo fra i pensieri. La quotidianità e i sogni a occhi aperti sono sempre compresenti e, soprattutto all’inizio del romanzo, quando il nostro sguardo sulla vita di Adrian non è che una timida sbirciatina, inscindibili l’una dagli altri.
In apertura, il ragazzo sogna uno dei suoi “viaggi in America”. E l’America, vista dall’Australia come un luogo di perdizione, offre seducenti promesse di svelamento e profanazione. Se viaggiare con la mente lontano dalla terra natia permette ad Adrian ampie manovre esplorative in uno spazio inosservato e non sottoposto al rigoroso e vigile scrutinio cattolico, d’altro canto assimila lo Sherd abbandonatosi al piacere alla schiera dei corrotti, dei perduti.
Il ragazzo sogna le stelle del cinema anni Cinquanta, magari quelle che si concedevano alle foto in costume da bagno sulle copertine di qualche periodico. Dirige le loro azioni nel sogno come farebbe un regista. E forse, più che un sognatore, Adrian Sherd andrebbe considerato proprio come esperto direttore artistico, scenografo, sceneggiatore, attore e pubblico di un genere filmico estremamente specifico, con una cifra stilistica riconoscibilissima: la fantasia erotica adolescenziale.
Combinazioni diverse di scenari e personaggi non modificano lo svolgimento o l’esito della trama. Il lettore si rende comicamente e affettuosamente conto dello scarto fantastico perché la dimensione onirica della vita di Adrian è, come quella di qualunque adolescente, punteggiata da ingenuità ancora infantile, sebbene non sempre innocente.
Affascinato ed eccitato dall’ignoto femminile, nelle sue incursioni erotiche Adrian si immagina nell’atto di costringere gli oggetti del suo desiderio a una condizione di indifesa nudità per osservare, e osservare bene, la profondità del suo desiderio. Cerca disperatamente di fissare nella mente l’immagine di quella vulnerabilità carnale, ma si ritrova incapace di riuscirci. Lo Sherd ragazzo, quando non viaggia lontano con la mente, non ha mai visto una donna nuda. Le sue sono speculazioni, tiri a indovinare le forme celate dalla stoffa. Al posto del sesso femminile si figura uno spazio bianco e inaccessibile, il cui mistero lo turba. Una presenza di desiderio che è, allo stesso tempo, assenza castrante.
A un certo punto, Sherd si sorprende ad accomunare il femminile precluso alla ricerca dell’invisibile e fondamentale particella di Dio. La chiave per decodificare la Creazione. Cedere alla curiosità del sesso diventa, così, non solo indice di una volontà che la fede non è ancora riuscita a temprare, ma anche presuntuoso tentativo di sostituire la carne al miracolo. Nell’impeto immaginativo del rischio sta l’eccitazione, almeno finché non si insinua, come un serpente, il dubbio, il senso di colpa, il timore del peccato mortale.
L’adolescente cattolico vive, con il corpo e i suoi istinti, un agrodolce rapporto di conflitto. Anche questo si esaurisce nello spazio del pensiero, che si fa tormentato, cerca vie d’uscita, modi per negoziare la salvezza della propria anima. Nel suo libro Gesù lava più bianco, Bruno Ballardini porta avanti la tesi che a inventare il marketing sia stata la Chiesa Cattolica. Il suo meccanismo unico, secondo l’autore, è l’alimentazione di un senso di colpa primigenio, con il quale non si può mai, veramente, convivere pacificamente. La salvezza dell’individuo sta nell’adesione attiva alla religione e ai suoi precetti e nell’esercizio costante di una forza di volontà che spinga in senso opposto agli istinti.
L’idea dell’anima sottoposta a divino scrutinio pone anche un altro tema: la centralità dell’esperienza umana (e dell’uomo) sopra tutte le altre. Tutto quello che non sono io esiste al solo scopo di tentarmi, di mettermi alla prova. Durante l’adolescenza, poi, un momento di profonda auto-indagine, quello che mi accade è sempre doppiamente intenso, doppiamente grave. Sherd sente su di sé tutto il peso del peccato, sente la propria impurità prorompergli dai pori della pelle. Incapace di resistere alla tentazione del viaggio in America, negozia nella sua mente il numero di atti impuri da poter compiere senza finire all’inferno, escogita nuove frontiere di perfetta vita cattolica.
A ogni passo, Murnane ne delinea con agilità le contraddizioni. Le iconografie feticistiche di martirio dei santi, la cui carne esposta esprime l’elevazione sublime della fede insieme al sentimento più basso, terreno, dell’ammirazione del corpo, delle pieghe muscolose delle braccia, delle gambe, si mescola alla pudibonda vergogna della nudità terrena e alla conseguente condanna di ogni forma di rappresentazione della nudità femminile. Quella delle stelle del cinema con le quali Adrian passa la notte, certo, ma anche la nudità primitiva delle donne indigene australiane, la cui breve menzione rievoca il legame storico fra operazione missionaria e potere coloniale.
I viaggi in America di Sherd cessano bruscamente quando incontra Denise, una brava ragazza cattolica da contrapporre alle schiere di attricette e schiave sessuali che affollano la sua fantasia di regista erotico. Rispondendo in piena regola al tipo della donna angelicata, Denise non viene mai interpellata o avvicinata nella realtà, ma diventa un personaggio fondamentale delle fantasticherie di lui. A lei spetta il compito, con la sua castità, di renderlo un uomo migliore, un cristiano probo e un padre prolifico. Neppure nei sogni Denise parla molto e, quando lo fa, è per farsi spiegare da lui cose sulla vita che lei è troppo pura per comprendere (donna-bambina) o per incoraggiarlo, sostenerlo, rassicurarlo (donna-madre). Com’era stato per le attrici americane, la donna angelo di Adrian serve al solo scopo di aiutarlo a scoprire chi sia lui veramente.
La presenza femminile desiderata è, dunque, in piena ottemperanza ai valori cattolici, sempre timida, umile e premurosa nei confronti dell’uomo. La messa in discussione di quest’ordine delle cose sta nello humor di Murnane, nella sua capacità comica di subordinare i sogni erotici, i voli pindarici, gli amori casti e le preoccupazioni religiose del giovane alla dimensione leggera dell’immaginazione. Sottile come uno spillo e altrettanto pungente è il pensiero intrusivo che Dio e le fantasticherie peccaminose abitino, tutto sommato, lo stesso posto. Sono entrambi fra le nuvole. E questo basta a mettere in crisi la rigidità del dogma e la tendenza a prendersi troppo sul serio.