Non ho mai creduto alla casualità, agli eventi piovuti dal cielo ma, talvolta, alcune coincidenze cadono a fagiolo. L’attribuzione del colore giallo alla regione Campania, in base al recente DPCM, è uno di quei casi che con il passare dei giorni è divenuto un vero e proprio mistero non in quanto alla colorazione voluta dal Governo, ma perché uno di quegli arcani di cui si possono soltanto immaginare le motivazioni e difficilmente comprenderne i passaggi e le retromarce.
Un’agenzia dell’Adnkronos dello scorso 23 ottobre riportava parte di una diretta Facebook del Presidente Vincenzo De Luca: Oggi siamo chiamati a prendere decisioni forti, definitive ed efficaci, per far fronte a una situazione che è diventata pesante. Ogni giorno che passa rischia di aggravarsi in maniera insostenibile la situazione dell’epidemia. Per questo io ritengo che non ci sia più un’ora di tempo da perdere e perfino l’ordinanza che entra in vigore oggi è già superata dai dati del contagio con i quali dobbiamo fare i conti. Io credo che dobbiamo decidere oggi, non domani, non fra una settimana, perché davvero non abbiamo più davanti tempo da perdere…. Avevamo immaginato una chiusura parziale ma per i dati che abbiamo non basta più neanche questo. Dobbiamo decidere di chiudere tutto. Poi il silenzio.
Del lockdown previsto dal Presidente De Luca per la Campania, indipendentemente dalle misure del Governo per l’intero territorio nazionale, non si hanno più notizie. Meglio puntare il dito altrove e attendere che le decisioni le prendano gli altri, il tutto utilizzando i consueti toni in stile Cambridge. Al momento in cui scrivo, la Campania resta zona gialla nel mentre il giallo continua a infittirsi di ipotesi. Il tutto sempre in piena autonomia, senza alcun commento del partito di riferimento sia a livello centrale che locale. Ancora una volta, il PD sta scegliendo di tacere.
Certamente gli incidenti di fine ottobre nel corso della manifestazione cui hanno partecipato gli operatori commerciali e quanti interessati alle chiusure forzate, o le proteste sotto la sede regionale con infiltrati di ogni razza, hanno avuto la loro rilevante incidenza sulla retromarcia. Eppure, le stesse reazioni si sono verificate anche in molte altre città italiane – e con conseguenze ben più significative – che oggi, oggetto di restrizioni previste dal recente DPCM, si trovano invece in zone arancioni e rosse. Quali, dunque, le ragioni di un balletto, a dir poco imbarazzante, fatto di rimpalli e invettive della peggiore specie con becere offese e assenza assoluta di rispetto istituzionale da parte del Presidente della Regione?
In nessun’altra parte d’Italia il Ministero della Salute è stato costretto a inviare propri rappresentanti per verificare la veridicità dei dati e delle informazioni ricevute sullo stato delle strutture sanitarie regionali al fine di adottare un qualsiasi eventuale provvedimento di restrizione o accertare la rispondenza di una realtà preoccupante più volte denunciata sia dal Sindaco di Napoli che dal dott. Ricciardi, consigliere del Ministro Speranza e membro dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Quest’ultimo, in particolare, c’è da augurarsi non si sia fatto condizionare dall’atmosfera tra il giallo e la sceneggiata tornando al suo vecchio mestiere di attore, anche di cinema, in vari film aventi come protagonista Mario Merola. In nessun’altra parte d’Italia il Presidente del Consiglio ha assicurato l’invio di personale dell’esercito e l’attrezzamento di un ospedale da campo, prova delle criticità evidenziate a più riprese dello stato di precarietà del sistema sanitario in Campania, eppure Vincenzo De Luca comunica che non ci sarà né l’esercito né l’ospedale da campo, un giallo sempre più giallo.
Certi che le preoccupazioni più volte espresse dalle istituzioni abbiano fondamento, del resto anche in relazione all’allarme dei medici e del personale infermieristico e alle evidenti difficoltà delle strutture ospedaliere che in questi giorni, in mancanza di posti letto e con spirito di grande abnegazione e senso del dovere, stanno fornendo assistenza persino ai pazienti in attesa nelle loro auto, come testimoniano le immagini dal Cotugno, eccellente centro per le malattie infettive. Un’emergenza che esige iniziative e provvedimenti rapidi, coraggiosi, come opportunamente detto quel 23 ottobre dal Presidente della Regione ma che, a circa venti giorni di distanza e una situazione ancora più grave, sembra non pensarla più così. L’unico atto che fa scalpore, l’unica criminalizzazione, è la presenza di persone sul lungomare. Brevi tratti affollati di un’area che conta circa quattro chilometri paragonati a piccole realtà gestibili con un solo sguardo. Se non siamo alla follia di sicuro siamo al ridicolo, peggio se in malafede come arma di distrazione di massa.
Intanto, il mistero continua tra riunioni, consultazioni e verifiche del personale del Ministero, un giallo con un epilogo alquanto inusuale, la mancanza di un colpevole e una comunità intera, sebbene in parte anche irresponsabile, fatta oggetto di improperi per passeggiate o prenotazioni al ristorante o al bar, possibilità previste in zona gialla nel pieno rispetto delle norme. Fotografi improvvisati per le immancabili immagini da diffondere in rete, riprese video per la solita gogna mediatica che, in particolare da questi territori, è materiale ottimale per i salotti dei vari Giletti, Giordano, Porro, D’Urso, da dare in pasto agli implacabili giudici dei comportamenti altrui e mai dei propri.
Occorre che ciascuno faccia la sua parte, come abitualmente si suol dire e che, in questo caso, è più che mai appropriato. Si adoperi un linguaggio civile e rispettoso, degno del ruolo istituzionale, si convochino i giornalisti e si dia conto del proprio operato, ponendolo al servizio e al giudizio dei cittadini. Si apra un confronto con i sindaci, con le forze sociali, e si trovino intese condivise, prima che sia troppo tardi, prima che la pazienza si trasformi in rabbia.
Un analisi lucida ed esauriente e al tempo stesso partecipata, emozionale, intensa, da persona coinvolta, passionale e che si schiera senza fraintendimenti e opportunismi. Una pagina di vero giornalismo