Scrivo ai miei parrocchiani, a quanti tra questi oggi gioiscono per l’ordinanza di Musumeci convinti da domani di essersi liberati del problema delle migrazioni, a quanti osannano scelte politiche che non fanno il bene dei poveri di questo mondo ma guardano solo al proprio interesse. A voi dico: non venite a Messa, state perdendo tempo! Non giova a nulla battervi il petto, ascoltare la Parola del Vangelo, nutrirvi dell’Eucarestia. La vostra ipocrisia vi precede. Chiedete coerenza a chi vi circonda, imparate voi a essere coerenti con la fede che dite di professare. Sennò saremo solo come i “sepolcri imbiancati” di cui parla Gesù: che si lasciano ammirare dalla gente per la loro bellezza esteriore, ma che all’interno custodiscono solo odore di morte. Non c’è bisogno di credere in alcun dio per apprezzare queste parole. È necessario essere umani per farle e sentirle proprie: è questo il messaggio di poche righe che don Lorenzo Russo, giovane parroco della Parrocchia di San Francesco di Floridia, in provincia di Siracusa, ha rivolto ai suoi fedeli a seguito dell’ordinanza del Presidente della Regione Sicilia che ha disposto la chiusura degli hotspot dell’isola, un provvedimento non di sua competenza – come ha ricordato il Ministro dell’Interno – ma politicamente efficace nella logica ormai in uso dell’eterna propaganda capace di coprire i problemi reali da sempre irrisolti e la presunzione di risolverli con un colpo di spugna.
Quella di don Lorenzo, però, non è l’unica voce che da tempo si solleva contro la diffusa ipocrisia di quella parte di cattolici dalla doppia personalità – in verità sempre esistita – che, con l’avvento della politica della manipolazione e della strumentalizzazione del credo abilmente impersonata in Italia da Matteo Salvini, è uscita sfacciatamente allo scoperto, trovando il coraggio di tirare fuori la vera essenza della doppiezza della fede tanto cara a certa politica e ben sintetizzata nelle parole di Francesco: «Mi preoccupa ancor più la triste constatazione che le nostre comunità cattoliche in Europa non sono esenti da queste reazioni di difesa e rigetto, giustificate da un non meglio specificato dovere morale di conservare l’identità culturale e religiosa originaria […]».
Interventi forti e coraggiosi come quello del collega don Alberto Antonelli, firma dell’Huffington Post – «Salvini è un fascista e un razzista, non ci piove, dice più o meno le stesse cose di Hitler. Che fino a quando era vivo riempiva le piazze ed è diventato un mostro, e spero lo diventi anche lui» –, o quello di don Massimo Biancalani, il prete pistoiese più volte al centro delle cronache per aver difeso i migranti dagli attacchi della comunità locale, criticato per aver regalato una giornata di svago in piscina ad alcuni profughi nigeriani, gambiani e senegalesi come premio per aver lavorato per una onlus – «Loro sono la mia patria, i razzisti e i fascisti i miei nemici» –, o di Gianfranco Formenton, il parroco umbro che espose all’ingresso della sua chiesa il cartello Qui i razzisti non possono entrare, tornatevene a casa. Ancora, ma non ultime, le parole di Papa Bergoglio: «Meglio atei che cristiani ipocriti. Le persone che vanno in chiesa tutti i giorni e poi vivono odiando sono uno scandalo».
Il tutto, però, sembra ridursi all’uso strumentale e feticista della religione imputabile al solo Segretario della Lega, da tempo in giro per il Paese a ostentare il Vangelo e la corona del rosario come amuleti. Ma le pubbliche offese di Salvini, allora uomo di governo, a Papa Francesco nel silenzio di tutti – compreso il Capo dello Stato – o gli striscioni dei neofascisti esposti in Piazza San Pietro contro il Pontefice senza che nessuno della Digos intervenisse possono considerarsi come episodi isolati oppure rientrano in quella strategia di fuochi incrociati dall’interno e dall’esterno delle mura vaticane, organi di informazione a servizio dei corvi per lo più collegati alla destra tradizionalista che da sempre esercita il potere di impedire l’attuazione delle riforme e dei fondamentali dei concili ecumenici con particolare riferimento al Vaticano II?
La Chiesa di Francesco è palesemente sotto assedio, non è una novità nella curia romana e non sarà certamente l’ultimo degli attacchi a un Pontefice. Basta ricordare, in tempi relativamente più recenti, gli anni in cui dominava l’ala più conservatrice, con il cardinale Ottaviani che sferrò un duro colpo a Papa Giovanni XXIII, accusato di un inaccettabile modernismo, servendosi di Indro Montanelli cui fu fatto pervenire un dossier ben confezionato contro il Santo Padre. Una dichiarazione di subdola guerra da parte di alcuni cardinali e, come ebbe a dire qualche tempo fa Raniero La Valle, di atei-devoti, tradizionalisti, anticonciliari, leghisti che hanno aperto le ostilità. Il sito di Sandro Magister e dell’Espressonline hanno dato spazio alle critiche. Il Foglio di Giuliano Ferrara ha accusato il Papa di eterodossia, modernismo, infedeltà e adulterio con il mondo.
Ormai, si è creata una vera e propria unione tra quanti attaccano il Papa sul piano dottrinale e una destra internazionale che si nutre di nazionalismo, sovranismo e populismo. Un fondamentalismo cattolico giunto al punto da sottoscrivere, da parte di quaranta tra sacerdoti e laici appartenenti all’ala più tradizionalista della Chiesa, un documento di venticinque pagine, vero e proprio atto di accusa di sette presunte, eresie riguardanti il matrimonio, vita morale e ricezione dei sacramenti. Un documento pubblicato tempo fa dal Sole 24 Ore, tra i cui firmatari anche quel Gotti Tedeschi ex presidente dello IOR mandato a casa da Bergoglio nel maggio 2012 e alla ribalta delle cronache con la crisi del San Raffaele del discusso don Verzè. Un vero e proprio fondamentalismo fino a ora attribuito comunemente alla sola religione islamica ma che ha radici profonde anche nella Chiesa cattolica cui questo Pontefice ha voluto imprimere una svolta profonda spalancando le porte del Concilio tenute chiuse per oltre cinquant’anni e squarciando anche quel velo di ipocrisia sulla piaga nascosta per troppo tempo persino da qualche Papa Santo che è il tema della pedofilia.
Attacchi a tutto tondo e rapporti strettamente formali giunti anche dall’America di Donald Trump, pure in considerazione dei numerosi interventi di Francesco contro il traffico di armi e le scandalose spese per gli armamenti a cui, in volo verso il Mozambico, commentando il saggio di Nicolas Seneze, giornalista del quotidiano cattolico francese La Croix, intitolato Comment l’Amérique veut changer de Pape (Come l’America vuole cambiare il Papa), Bergoglio rispose: «Per me è un onore essere attaccato dagli americani».
Ma è l’emigrazione il tema prioritario per questo Pontefice mal sopportato non solo da certa parte politica del nostro Paese ma anche, sul piano internazionale, dalla resistenza degli Stati a voler affrontare in maniera strutturale e globale una serie di interventi adeguati che rispetti innanzitutto la dignità umana. A tal proposito, mi fa piacere ricordare quanto l’indimenticabile vescovo dei poveri don Tonino Bello, scomparso molto giovane, andava ripetendo: «Io vengo dal profondissimo Sud, so cos’è la violenza dell’emigrazione, perché ho avuto i miei parenti sbattuti in tutte le parti d’Europa per trovare un po’ di pane. Noi stiamo ripetendo su altra gente, con una squallida nemesi storica, gli stessi delitti che altri hanno compiuto nei confronti dei nostri genitori».
La condanna più ferma e senza appellativi di quanti cattolici, negli anni delle comunità di base del dissenso, tanti di noi definivano cristiani della domenica, quelli che i don Lorenzo Russo, don Alberto Antonelli, don Massimo Biancalani invitano alla coerenza, a uscire dal doppiogiochismo e dall’ipocrisia di una fede di facciata e per tradizione e che lo stesso Papa Francesco ha più volte condannato, intervenendo sull’incoerenza dei cristiani che dà ancora scandalo.
Ottimo pezzo, Antonio!
Spero che serva ad innescare un nuovo movimento cattolico di pieno e convinto consenso a quanto fa, dice e pensa Papa Francesco.
Io guardo al Papa con grande ammirazione, pur provenendo da lidi atei, e guardo sbigottito allo sfoggio di ipocrisia che vedo sfilare ogni domenica sotto casa mia verso il Duomo da parte di una popolazione in grande maggioranza di idee leghiste.
La condanna dei “sepolcri imbiancati” che proviene dalla parte progressista del mondo cattolico deve diventare forza in cammino e coinvolgere i laici, i non credenti sensibili ai tempi che caratterizzano il pontificato di Papa Bergoglio.
Grazie
Grazie caro Piero della tua attenzione e apprezzamento.
Negli anni post-conciliari la Chiesa del dissenso ha fatto anche molte vittime che questo grande Uomo di Pace e di Fede autentica ha ripescato, voluto ardentemente portare agli onori della vera Chiesa dei poveri indicandoli come grandi testimoni del tempo.
È un cammino lungo pieno di insidie aggravate anche da chi a buon mercato intende sfruttare per bassa politica l’ignoranza e l’incoetenza di una parte consistente dei cattolici.
Noi abbiamo il dovere di combattere anche alla nostra non più giovane età, lo dobbiamo agli ideali, a chi ci ha preceduto e ha pagato, alle generazioni di oggi è del futuro, uscire dall’ipocrisia si deve, cattolici, di tutte le fedi e atei con un solo obiettivo che Papà Bergoglio ha saputo indicare squarciando il velo di una fede svuotata dei fondamentali.
Un caro abbraccio
Antonio