Sono trascorsi oltre trent’anni da quegli auguri scomodi di don Tonino Bello che tanto scalpore suscitarono negli ambienti perbenisti dell’epoca e in una chiesa ancora troppo ingessata nonostante il periodo post-conciliare: Carissimi, non obbedirei al mio dovere di vescovo se vi dicessi “Buon Natale” senza darvi disturbo. Io, invece, vi voglio infastidire. Non sopporto infatti l’idea di dover rivolgere auguri innocui, formali, imposti dalla routine di calendario. Mi lusinga addirittura l’ipotesi che qualcuno li respinga al mittente come indesiderati. Una lettera, quella di don Tonino, contro le ingiustizie, le povertà e le sopraffazioni: Dio che diventa uomo vi faccia sentire dei vermi ogni volta che la vostra carriera diventa idolo della vostra vita, il sorpasso, il progetto dei vostri giorni, la schiena del prossimo, strumento delle vostre scalate.
Cosa scriverebbe oggi in occasione di questo Natale di sangue, dall’Ucraina a Gaza e a tutti i conflitti in atto nel mondo? Quanti di noi lo abbiamo amato, seguito e incontrato in quegli anni riusciamo a immaginare ciò che direbbe dei circa 500mila soldati ucraini e russi uccisi o feriti dall’inizio del conflitto all’agosto scorso secondo le stime del New York Times o degli oltre 20mila civili palestinesi massacrati in ottanta giorni di bombardamenti e ogni genere di aggressione. Dati, questi ultimi, che hanno indotto il Segretario Generale dell’ONU Guterres a definire Gaza un vero e proprio cimitero dei bambini, colpevoli soltanto di essere nati in Palestina. Un film dell’orrore fatto anche di circa 50mila donne in attesa prossime a partorire, oltre che naturalmente, anche con parti cesarei eseguiti e da eseguire senza alcuna anestesia per mancanza di farmaci e qualsiasi altro materiale necessario.
Save the Children Palestina ha denunciato che ogni anno vengono arrestati circa mille bambini e nelle ultime sei settimane oltre duecento detenuti sono stati sottoposti a violenze fisiche, mentali e sessuali. Violenze e abusi rientranti tutti in un perverso progetto coloniale sionista che massacra indiscriminatamente uomini, donne e bambini. Un genocidio, checché ne dica Paolo Mieli, che in maniera sistematica ha ridotto un popolo alla disperazione, alla fame e alla sete, inducendo in questi giorni molti palestinesi ad assaltare i camion con gli aiuti umanitari, mentre gli ospedali sono al collasso grazie alla politica criminale di Netanyahu.
Un Natale che gronda sangue innocente a cui hanno contribuito politiche scellerate e deliri di onnipotenza di dittatori travestiti da capi di Stato di sedicenti democrazie che non pensano neanche lontanamente di lasciare quelle poltrone occupate da fin troppo tempo, impegnati come sono a completare l’opera, a imporre un potere assoluto su tutto e tutti, con la partecipazione economica e militare, sempre complici di teatri di guerra che nessuna astensione o votazione contraria al cessate il fuoco potrà mai assolvere da responsabilità dirette e fin troppo chiare.
La carneficina di un popolo che ci riporta al periodo buio del nazifascismo senza scrupoli, al massacro indiscriminato, a una strategia distruttiva di annientamento, di odio nei confronti di un popolo da sempre perseguitato con ogni mezzo. E questa sembra proprio voler essere la fase finale, la fine di una battaglia che ha origini lontane, soprusi quotidiani e abusi di potere da parte dei soldati israeliani in molti casi veri e propri bulli in un clima di terrore e di sopraffazione intollerabile da parte di gruppi integralisti, bigotti e violenti.
Un Natale di sangue che questa volta gronda maggiormente in un mare di disperazione e indifferenza di una comunità internazionale schierata dalla parte del più forte, da quella convenienza economica che non riesce a guardare oltre i propri interessi. Un Natale, per dirla come don Tonino, che faccia sentire dei vermi quanti hanno le mani macchiate e quanti complici a vario titolo hanno contribuito e tuttora operano nel rispetto di una strategia concordata con la grande potenza americana, in apparenza seguendo una linea semi-pacifista ma nei fatti favorevole a continuare la perversa politica del presidente israeliano di una lotta senza quartiere fino al completo annientamento di un popolo destinato già da tempo all’estinzione.
Molti studiosi e accademici in diverse università del mondo, sia con petizioni che con documenti sottoscritti da centinaia di docenti, hanno espresso una forte preoccupazione sulla ipotesi di una pulizia etnica a danno dei palestinesi, un vero e proprio genocidio che inutilmente qualche intellettuale di casa nostra si sforza di non vedere nonostante l’evidenza. Fenomeno gravissimo che dovrebbe preoccupare i responsabili della comunità internazionale e che esigerebbe cambi di rotta, nonché accordi finalizzati a una soluzione che condanni senza esitazione alcuna questa forma di crimine contro l’umanità. Un’ipotesi del tutto teorica che difficilmente troverà qualcuno disposto a battersi.
L’intervento coraggioso del Segretario delle Nazioni Unite di alcuni giorni fa ha fatto letteralmente infuriare Israele: Gli attacchi di Hamas non sono avvenuti dal nulla […] Il popolo palestinese è stato sottoposto a 56 anni di soffocante occupazione. Hanno visto la loro terra costantemente divorata dagli insediamenti e piagata dalla violenza; la loro economia è soffocata; la loro gente venne sfollata e le loro case demolite. Le loro speranze per una soluzione politica alla loro situazione sono svanite. Ma le sofferenze del popolo palestinese non possono giustificare gli spaventosi attacchi di Hamas. E questi terribili attacchi non possono giustificare la punizione collettiva del popolo palestinese.
C’è da augurarsi che il coraggio del massimo responsabile dell’istituzione internazionale faccia sentire dei vermi, citando nuovamente il mai dimenticato don Tonino Bello, quanti hanno taciuto o, peggio, condannato questo intervento perseverando in accordi contrari a ogni più elementare diritto umanitario.