Il libro di Marco Ottaiano, «Un modo di sentire la realtà» (Carocci Editore), si presenta come un suggerimento didattico atto ad acuire le strategie metodologiche per approcciare in maniera efficace al testo da tradurre. L’autore, già docente dell’Università L’Orientale di Napoli, pone al servizio del lettore una raccolta di riflessioni sulla traduzione dallo spagnolo all’italiano, maturate empiricamente a seguito di un personale laboratorio di ricerca. Il volume costituisce, così, un’offerta formativa che guida traduttori esordienti nello snidare sapientemente le insidie che l’attività del tradurre genera. L’obiettivo è riscattare tale attività e nobilitarla a “missione culturale” per sprovincializzarla dalla mera e sterile operazione applicativa sul testo a cui l’immaginario collettivo banalmente la relega.
Il tradurre presuppone il “mettere in circolazione” segmenti di vita, creando quel ponte capace di trasferire, mediante un processo di ri-creazione estetica, un’opera letteraria da un sistema linguistico all’altro. Ne consegue una valorizzazione del traduttore che da mediatore si erge a divulgatore culturale, attivamente impegnato anche nell’individuazione delle eccellenze letterarie straniere che meritano di avere accesso alla nostra realtà libraria e sono con essa “compatibili”. Per fare luce su tale aspetto, nel libro viene dedicato ampio respiro all’attività di scouting, quella ricerca attenta e capillare condotta al fine di scovare ciò che è degno di essere divulgato e conosciuto.
L’autore ricorre a un linguaggio tecnico e ricercato per redigere un testo informativo correlato di accurati esempi che accrescono il tono chiarificatore del volume. Ottaiano orienta il focus della propria argomentazione verso la necessità di smentire ricorrenti luoghi comuni circa la “semplicità” della comprensione della lingua spagnola per un italofono. Viene proposto, dunque, uno spunto di riflessione antitetico all’opinione comune. Per la prima volta, la prossimità tra spagnolo e italiano, entrambe lingue romanze, appare un aspetto quasi intralciante. Alla luce della somiglianza tra le due, la facilità di imbattersi in traduzioni incorrette aumenta soprattutto con la resa di “falsi amici”. Il traduttore rischia così di incappare in ambiguità linguistiche che pregiudicano la resa stilistica e contenutistica dell’opera in analisi.
È a partire da tali premesse che il professor Ottaiano mette a punto una sistematizzazione del metodo traduttivo distinguendolo in sei fasi. La prima prevede un’attenta lettura non specialistica del prototesto destinata alla fruizione dell’opera. Si tratta di una lettura del lettore che invita quest’ultimo a fare proprie le emozioni dei personaggi e a immedesimarsi intimamente con essi. Una sorta di metodo Stanislavskij che consentirebbe a colui che legge di interiorizzare sensazioni che, una volta indossati gli abiti del traduttore, dovrà provare a rendere nel testo d’arrivo e suscitare a sua volta nel lettore della sua lingua. D’altronde, come asserisce Steiner, tradurre significa “rivivere l’atto creativo che ha informato l’originale”.
La seconda fase comporta un approccio al testo più analitico e viene convenzionalmente definita lettura dello specialista in quanto presuppone la necessità di passare in rassegna aspetti più specificamente linguistici come quello relativo al lessico adoperato dall’autore. Ulteriori elementi di analisi riguardano la paragrafizzazione del testo, l’estensione dei periodi, la presenza minima o cospicua di aggettivazione, il ricorso moderato o considerevole di tecnicismi e una riflessione circa i modi e i tempi dei verbi impiegati. Si tratta di una vera e propria dissezione del testo fonte che prepara il terreno alla terza fase, quella della traduzione propriamente detta, in cui il brano sviscerato da un punto di vista linguistico viene successivamente osservato e ricreato in un’altra lingua.
La quarta fase è rappresentata invece dalla revisione in presenza del prototesto che non può prescindere dalla presa in considerazione del testo fonte che è ancora capace di rivelare al traduttore errori, sviste, interpretazioni linguistiche incorrette e altro. La revisione permette quindi di scongiurare quegli errori che altrimenti emergerebbero per stanchezza o distrazione. Segue una revisione in assenza del prototesto, una lettura interna indispensabile a eclissare la percezione di testo tradotto da un’altra lingua.
Vi è poi l’ultima fase, quella della lettura del lettore esterno, che non implica necessariamente il coinvolgimento del redattore editoriale incaricato di revisionare il lavoro di traduzione, quanto piuttosto l’interpellare un lettore di fiducia al quale affidare un feedback di riscontro antecedente alla consegna del lavoro all’editore. Soltanto una lettura del tutto esterna risulta funzionale a scorgere quei sedimenti che a un certo punto del lavoro il traduttore non è più in grado di cogliere in quanto troppo coinvolto dal processo condotto fino a quel momento. Lo scopo risiede nel setacciare con scrupolo il testo affinché la traduzione venga recepita dal destinatario naturalmente come se fosse l’opera originale.
Marco Ottaiano raccoglie queste utilissime considerazioni nel primo dei sette capitoli in cui è articolato «Un modo di sentire la realtà» allo scopo di offrire al mercato editoriale un modello di condotta per ispirare i traduttori del nuovo millennio. In virtù di tale scopo, per adempiere al suo ruolo di mentore, il professore presiede anche un corso di traduzione letteraria per l’editoria, da lui stesso fondato, presso l’Istituto Cervantes di Napoli.
Il corso, giunto alla tredicesima edizione, apre le porte a coloro i quali, avendo conseguito già la laurea triennale di primo livello, intendono “rubare” i segreti del mestiere. Ogni lezione si articola in due fasi: una prima parte di introduzione al mondo editoriale cui segue un laboratorio di produzione scritta. I partecipanti, suddivisi in coppie, sono invitati a lavorare su testi in lingua originale afferenti all’area geografica ispano-americana. Di settimana in settimana, a rotazione, un membro della coppia ricoprirà il ruolo di traduttore mentre il collega quello di revisore e viceversa. Le correzioni, collegiali, avvengono sistematicamente in aula per sollecitare dibattiti indispensabili a maturare nuovi spunti di riflessione. Inoltre, per sensibilizzare maggiormente i partecipanti a toccare con mano la realtà editoriale che orbita attorno al traduttore letterario, Ottaiano arricchisce il percorso integrando incontri con professionisti del mestiere, italiani e stranieri.
L’edizione conclusasi nel recente 2023 ne costituisce un esempio. Inaugurata dalla conferenza con il drammaturgo Alberto Conejero, ha ospitato infatti la casa editrice Mar dei Sargassi, il professore Augusto Guarino e la professoressa Paola Gorla, cui si aggiunge l’incontro con Elisabetta Risari, senior editor degli Oscar Mondadori. A chiusura, la consegna dei diplomi a cura di Guillermo Arriaga, scrittore, sceneggiatore e regista messicano, si è ritagliata un importante spazio all’interno del Campania Libri Festival nella suggestiva cornice di Palazzo Reale, a Napoli.
Come si evince, il corso di formazione costituisce un’occasione di apertura a nuovi orizzonti culturali e professionali, nonché un momento di condivisione e crescita individuale. D’altronde, è risaputo che libri e penne sono le armi più potenti di cui dispone il genere umano. E dunque, in conclusione, così formativo, esemplificativo e divulgativo, «Un modo di sentire la realtà» irrompe nelle librerie per garantire ai lettori, attraverso un viaggio culturale, uno strumento teorico e pratico per approcciare saggiamente all’arte del tradurre.
Contributo a cura di Marika Cavaliere