Il cinema del maestro giapponese Hirokazu Kore-eda si interroga da tempo sui rapporti familiari, ma nella sua opera più recente, il film Un affare di famiglia, che ha vinto la Palma d’Oro alla 71esima edizione del Festival di Cannes 2018, spinge la sua analisi sempre lucida fino al mondo della marginalità sociale. Questa volta, il regista ci racconta di Osamu (interpretato dall’attore Lily Franky) e della moglie Nobuyo (una straordinaria prova di Ando Sakura), che vivono di lavoro precario in una fatiscente abitazione, insieme ai figli, la giovane Aki e il piccolo Shota, e nonna Hatsue.
Una sera, durante il tragitto verso casa, Osamu e il figlio Shota, che spesso vanno in giro per rubare con scaltrezza in negozi e supermercati, incontrano la piccola Juri, disperata e forse fuggita da un appartamento dal quale si sentono le grida di un uomo e di una donna. Dopo un iniziale disagio, l’uomo decide di portare la bambina con sé, suscitando le perplessità degli altri membri della famiglia. Da ospite provvisoria, Juri resterà con i suoi inaspettati compagni di vita e sarà accudita e trattata con tenerezza da tutti. La situazione materiale della “strana” famiglia precipiterà e, soprattutto dopo la scoperta dei piccoli misfatti giornalieri di padre e figlio, interverranno le forze dell’ordine, i servizi sociali e ci sarà la scoperta di crimini segreti che da tanti anni teneva uniti in una solidale disperazione i protagonisti della triste storia.
Con i film precedenti – soprattutto due capolavori acclamati dalla critica come Father and Son e Ritratto di famiglia con tempesta – l’ultracinquantenne regista di Tokyo, con un passato professionale di documentarista televisivo, aveva messo in scena la fragilità affettiva dei legami familiari, resi più evidenti nel passaggio dalla famiglia tradizionale a quella moderna. Il Giappone contemporaneo è il risultato economico, politico e sociale di un’“occidentalizzazione” subita e forzata nei tempi storici, che ha fatto emergere il latente carattere “contrattuale” dei rapporti umani, in generale, e accentuato in special modo l’agire individualista nei legami societari, primi fra gli altri quelli all’interno del nucleo familiare. Nella storia narrata in Un affare di famiglia, il drammatico contrasto tra individuo e società e il dilemma dell’affettività, che a volte è più presente nei legami elettivi rispetto a quelli biologici e normativi, risultano più complessi a causa della marginalità della famiglia di Osamu, che fa notizia, insomma, soltanto quando la sua esistenza provoca un problema giuridico e di ordine pubblico, che va ripristinato, al di là della rete degli affetti reali, per il buon funzionamento della vita quotidiana.
Nelle opere del grande Kore-eda, infine, risulta spesso decisivo lo sguardo e la reazione emotiva dei bambini di fronte allo spettacolo spesso deprimente del teatro di vita e del contraddittorio comportamento degli adulti della comunità di cui fanno parte. Ne esce sempre sconfitta l’innocente verità del loro stupore di fronte alla differenza tra il dire e il fare di coloro che dovrebbero formare e sostenere la loro educazione sentimentale in un mondo dove, soprattutto nella sfera degli affetti, la norma che dovrebbe salvaguardare la loro crescita personale e sociale viene continuamente tradita dalla realtà dell’esistenza, dominata dal materialismo e dove i sentimenti costituiscono un problema residuale.