La disastrosa pandemia in corso ha evidenziato le falle di un sistema sanitario che, come opportunamente sostiene Gino Strada, è da anni in crisi profonda perché si è cominciato a trasformare gli ospedali in aziende, perché l’interesse non è più la salute della persona o della collettività, ma il fatturato. Un sistema gestito dalle Regioni che, particolarmente in questo periodo, hanno dimostrato anomalie e inefficienze che i Presidenti stanno cercando di coprire mettendo in campo tutte quelle capacità di linguaggio tra il politichese e il teatrale che tanto catturano la libidine di un certo elettorato. Ancora di più, hanno messo in rilievo il rapporto non sempre corretto sul piano istituzionale, generando confusione tra i cittadini costretti a districarsi tra DPCM, dl e ordinanze per non incorrere in eventuali sanzioni.
Dal Trentino alla Sicilia, dunque, una serie infinita di provvedimenti più o meno restrittivi e atteggiamenti critici nei confronti del governo centrale per rimarcare la propria autonomia decisionale, dal sapore alquanto feudale, ha contribuito ad accentuare il distacco tra istituzioni e popolazione. Un Paese, il nostro, notoriamente coeso nelle emergenze, che sta manifestando, invece, sempre più scollamento nella gestione della pandemia, destinata a far collassare un sistema economico già precario e ad ampliare la frattura tra Nord e Sud, favorendo quelle spinte autonomistiche da anni non solo nei programmi di una destra condizionata da una Lega marcatamente di stampo fascista ma, anche, di forze della cosiddetta sinistra con il regionalismo differenziato. Il tutto con una sottile strategia di sciacallaggio politico e mediatico a opera di un’informazione compiacente che si esprime attraverso i suoi migliori intellettuali della carta stampata e delle televisioni urlanti, finalizzata a rimarcare le inefficienze dello Stato come unico colpevole di una situazione generale avviata al disastro, offuscando in tal modo la memoria dei danni perpetrati da Regioni come quella lombarda o il Veneto, con i dati relativi al numero dei contagi tra i più alti in Italia.
Stessa sottile strategia da una parte e semplice gratificazione del proprio narcisismo dall’altra, teso unicamente all’affermazione del potere, è poi quella del recordman assoluto di contrasto ai provvedimenti governativi e di attacchi anche sul piano personale – con giudizi talvolta offensivi nei confronti della maggioranza dell’esecutivo –, il Presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca, certamente non nuovo a sgarbi e scorrettezze sul piano istituzionale: «Nel governo, ci sono 3-4 Ministri di grande valore, il resto è arte povera»; «Non c’è nessuno che stia litigando, c’è solo, a Napoli, un imbecille che litiga da solo». Sono queste soltanto alcune delle uscite poco edificanti non dei quattro amici al bar o in trattoria, ma del massimo rappresentante dell’istituzione regionale, nel silenzio di governo e del sempre più assente Partito Democratico, forza politica di riferimento incapace di porre fine allo squallido teatrino che in Campania ha superato il limite della decenza, arrivando ormai alla coesistenza del PDL, Partito De Luca, e del PD ufficiale che da un decennio arranca alla ricerca di una dimensione unitaria che eviti posizioni individualiste tollerate persino dal segretario Zingaretti, evidentemente interessato soltanto a mantenere una bandierina finché dura, con la prospettiva di metterne un’altra al Comune di Napoli – con risultato improbabile –, salvo la complicità del M5S sempre più imprevedibile nelle scelte.
Un comportamento da autentico sceriffo, un perfetto shire-reeve dell’Inghilterra medioevale, tutto deciso a monte senza l’interlocuzione di Sindaci e Prefetto, del coinvolgimento della stampa, ridotta a informarsi tramite i suoi settimanali video e i comunicati ufficiali, o delle categorie economiche allo sbando, totalmente dipendenti dalle decisioni uterine dell’ultima ora, come accaduto lo scorso weekend scatenando la protesta dei ristoratori pronti a riaprire i loro esercizi, anche se soltanto per alcuni giorni, ben attenti alle misure di sicurezza previste.
Una mancanza di rispetto a tutto tondo non più tollerabile che esige un intervento del governo – che mai verrà – a evitare che il logorio persista ancora per tutta la durata di questo mandato e di una emergenza sanitaria dai tempi prevedibilmente ancora lunghi. Una presa di posizione auspicabile anche da parte del Partito Democratico, di cui abbiamo più volte sottolineato il silenzio complice e irresponsabile, quale forza importante di maggioranza derisa da un proprio rappresentante con esternazioni dal tono arrogante che non ci risultano pervenute neanche dai suoi colleghi della Lega, notoriamente detentori di un linguaggio alquanto becero.
Il tempo che viviamo esige una piena responsabilità dei cittadini e soprattutto dei rappresentanti delle istituzioni, espressione del consenso elettorale che nella nostra regione ha riconfermato con circa il 70% del gradimento un esponente della politica certamente non di primo pelo e al quale sono state affidate le sorti di un territorio del Sud Italia con atavici problemi di mancanza di lavoro acuitisi in questi mesi di crisi sanitaria, mettendo in ginocchio attività in tutti i settori che, ora, esigono provvedimenti responsabili e non schizofrenici, rispettosi dei tanti piccoli, medi e grandi imprenditori e dei molti lavoratori lasciati a casa, a causa di decisioni incomprensibili che non possono essere più tollerate.
Concordo pienamente con quanto esposto nell’articolo. Purtroppo, da molto tempo, la classe politica italiana, fatte salve alcune eccezioni, è un esempio di decadenza culturale, morale e di profonda carenza di competenze. Non stupiscono, quindi, gli squallidi teatrini posti in essere dai politicanti per suscitare attenzione mediatica e accattivarsi le simpatie di un popolo sempre più attento al gossip che ai reali problemi del paese. Il tutto con la complicità di buona parte della stampa e dei media.