L’io amo il mio Paese del primo Berlusconi ha fatto scuola. Quanto amore per Napoli si sta riversando sulle nostre bacheche? Di molti, poi, si è talmente coinvolti nel loro disinteressato sentimento che non si capisce nemmeno con chi si candidino. In questi dieci anni ho fatto moltissimo, però nei prossimi cinquanta farò molto di più… Ma con chi?
Indagare, senza moralismi facili, il fenomeno del trasformismo implica un po’ di senso dell’ironia. Così scopriamo che il peggiore Sindaco della storia di Napoli è riuscito, però, a formare una classe politica talmente preparata da fare gola a tutti gli schieramenti in campo. Quindi, per chi come me non è avvezzo ai sofismi, la continuità amministrativa di de Magistris è unica certezza di queste elezioni.
La parte “pulita” del movimento è rimasta incagliata nel sorriso di Alessandra Clemente che ha, oltre ai suoi, il pieno appoggio della parte significativa della sinistra partenopea: Partito del Sud, Potere al Popolo, Rifondazione Comunista. Gli altri, le quaglie, sono dispersi un po’ ovunque. Però, una domanda mi resta in gola: in questi dieci anni, i tanti paladini della città, non sono stati capaci di racimolare qualche candidato? I maligni pensano che tanta attenzione al destino di Napoli sia schiettamente sorta con lo spuntare degli “aiutini” post pandemici. Una torta da dividersi e tracannarsi, non prevista quindi in ere pre-Covid in cui governare la città significava soprattutto fare i conti con i suoi debiti.
Napoli rogna da evitare: lo stesso Gaetano Manfredi, per accettare la candidatura a Sindaco, ha posto la condizione di avere risorse da Roma. Forse, per questo negli ultimi anni i partiti dell’asse romano/padano/salernitano hanno guardato al nostro destino con distacco. Un’impreparazione, quindi, dovuta a uno smantellamento dell’interesse verso Napoli, improvvisamente riacceso dalla speranza di gestire pecunia.
Così, la paura di restare fuori dal banchetto ha spianato la strada a una dissoluzione anticipata del movimento nato attorno a de Magistris, visto da molti improvvisamente al capolinea. Soldi a Napoli e capolinea demA? Che c’azzecca? Dando per scontato la buona fede di tutti, anche la mia, è chiaro che un leader carismatico in un momento di vuoto ideologico faccia la differenza e la successione a una guida così collegata al “capo” può creare scontenti e fratture. Però, è certo che i meccanismi di transumanza politica messa in atto negli ultimi mesi non hanno a che fare con un sano vivere politico, ma con un antichissimo vizio italico: il trasformismo.
Gli stessi giornali non hanno colto, o voluto cogliere, le tante anomalie di questo fenomeno che rischia, di fatto, di inondare la tornata elettorale di un che di puzzolente e fangoso. Coerenza vuole che se il peggiore Sindaco della storia di Napoli va via, porti con sé anche i suoi sciagurati collaboratori. Invece, de Magistris finisce il suo mandato inondato di fischi secondo me immorali, ingiustificati e vili, ma lascia al trio Bassolino/Manfredi/Maresca il compito di fare da agenzia di collocamento ai suoi sodali. Non è strano?
Che cosa guadagnano, poi, le quaglie? È chiaro che il “prezzo” di un tradimento dipenda da quanto questo incide. I responsabili sono, solitamente, determinanti a costruire una coalizione o a farla cadere. In una logica di mercato possono pretendere molto perché contano molto. In questo caso? No, a meno che il trio Bassolino/Manfredi/Maresca non riesca nel miracolo della moltiplicazione delle poltrone e dei seggi. Il tradimento dei demA ha, quindi, più a che fare con la vanità che con la brama di potere. Un vuoto morale e politico più pericoloso della corruzione stessa. L’idea di base di essere buoni amministratori al di là della visione politica e della appartenenza alla stessa è, secondo me, la più sciagurata delle vanità: un correre dietro al vento.
Contributo a cura di Luca Musella