Il duro carcere nella propria abitazione, la sofferenza della privazione della libertà, la lontananza dai compiti istituzionali, e non solo, hanno trasformato l’ex Presidente della Regione Liguria da vittima a paladino dei colletti bianchi per la richiesta di rimodulazione delle norme sulla custodia cautelare per tutta la casta, non solo per i parlamentari.
La proposta, manco a dirlo, ha trovato piena accoglienza nella compagine di governo con il parere favorevole espresso dal sottosegretario alla Giustizia, il leghista Andrea Ostellari, e nell’ormai abituale uomo dalle mille sorprese e seguaci. Per l’occasione, si è attivato il parlamentare Enrico Costa che ha posto all’ordine del giorno del Decreto Carceri la proposta salva-politici. passata con 175 a favore e 97 contrari: in pratica, l’allargamento dell’immunità parlamentare ai presidenti di regione e ai sindaci. Iniziativa che mortifica ancora di più un decreto che non risolve affatto gli annosi e gravi problemi dei penitenziari e che prevede che gli arresti per rischio di reiterazione del reato possano essere disposti solo per reati di grave allarme sociale e per reati che mettono a rischio la sicurezza pubblica o privata o l’incolumità delle persone, dunque non per corruzione, concussione e traffico d’influenze. Neanche la decenza di discuterne a parte, di prendere le distanze da un tema che interessa migliaia di persone, di vite sospese.
Il provvedimento che, con molta probabilità, vedrà la luce con il pieno appoggio della triplice alleanza e del leader di Azione – che, anche stavolta, cerca in tutti i modi di restare a galla – andrà a infoltire la schiera dei parlamentari che hanno ancora pendenze con la giustizia e vivono sotto tutela di un Parlamento che ne difende la piena libertà (29 del centrodestra, 12 della Lega, 8 di Fratelli d’Italia e 7 di Forza Italia, 5 del PD, 4 di Italia Viva e 2 del M5S). Fosse stato attuato prima questo provvedimento, l’ex Presidente ligure, difeso anche dall’attuale guardasigilli («Ho letto l’ordinanza e non ho capito nulla») non avrebbe dovuto patire (aimè!) la dura prigione nel suo domicilio.
Se il super attivismo del plurindagato Giovanni Toti e la disponibilità piena e incondizionata degli esponenti del centrodestra e di Azione per assicurare la tutela a una parte degli amministratori pubblici fossero stati impiegati per affrontare una volta per tutte i problemi del sistema penitenziario con particolare riferimento allo stato degli istituti di pena, del sovraffollamento e delle condizioni vergognose e inumane in cui vivono migliaia di detenuti, lo avremmo tutti apprezzato, contrariamente a una difesa sfacciata della casta che ancora una volta imprime un solco profondo tra classe politica e opinione pubblica.
Toti liberi e in galera ci vadano i poveri disgraziati senza alcuna tutela, senza alcuno scudo. Marciscano in attesa di un processo dai continui rinvii, ritornino tra le mura insanguinate quanti indicati come responsabili dei pestaggi e dei massacri tuttora senza un giudizio definitivo. Il silenzio di Toti e compagni come un macigno cade nel vuoto assoluto di una politica che si autoassolve e tutela come meglio può, anche grazie all’inconsistenza di un’opposizione frantumata incapace di una forte e determinata azione comune.
L’ennesima iniziativa della casta, nel contesto di una guerra alla magistratura che va da Nordio a Salvini a Gasparri, non è certo la migliore rappresentazione di un governo garantista a convenienza, rispettoso dei diritti dei detenuti a seconda delle simpatie politiche fino a riceverne qualcuno in pompa magna con tutti gli onori. Una rappresentazione sul filo di una continuità fatta di vere e proprie sfide con trentotto tra decreti e leggi ad personam dal 1994 al 2011, un fantasma che aleggia sugli eredi di un sistema che non giova di certo al Paese ma soltanto a una parte, la stessa che ne permise con tutti i mezzi l’approvazione e ancora oggi presente nelle massime istituzioni.
Sempre sul solco tracciato sin dalla discesa in campo del gran maestro della politica a proprio uso e consumo, questo esecutivo mette in sicurezza se stesso e la sua parte politica maggiormente interessata ai reati contestati di recente all’ex presidente ligure e nel corso degli anni passati con maggiore frequenza ad altri esponenti del centrodestra. La magistratura avrà le mani legate e i responsabili dei reati per corruzione, concussione e traffico d’influenze la potranno fare franca alla faccia delle solite toghe comuniste, mentre la sinistra resta a guardare e a trastullarsi su campi larghi sempre più ipotetici con le crisi in atto in alcune forze che dovrebbero farne parte.
Intanto, il movimento pentastellato sta attraversando un periodo di crisi profonda e di attacchi trasversali da ex Cinque Stelle e una proprietà che appare tutt’altro che soddisfatta della gestione dell’avvocato del popolo, accusato di eccesso di autonomia decisionale da sempre non gradita al padre padrone che non è da escludere stia preparando qualche colpo di scena, che potrebbe stupire ancora una volta una base sempre più disorientata e parte dei membri dei gruppi parlamentari con lo sguardo rivolto altrove.