Quando il pulizza-stivali si accinge all’opera, egli spimpadronisce del vostro piede, il pone bellamente sullo zoccolo di legno rialzato sulla sua cassetta, lo accarezza dapprima e ne toglie il fango o la polvere, lo unge con un poco della sua mistura, e poscia si pone al lavoro dello strofinio. Terminato di pulire un piede, egli dà un colpo di spazzola sulla cassetta, e vi comanda così tacitamente di adagiar sullo zoccolo l’altro piede per procedere ad una simigliante operazione, per compenso della quale riceve il modico e umilissimo prezzo di un grano, lucrato veramente col sudore della fronte…
Queste poche righe tratte da uno scritto di Francesco Mastriani, riportato da Francesco De Bourgard in quel bel volume Usi e costumi di Napoli e contorni (ed. Longanesi), credo siano la fotografia di Tonino, Antonio Vespa, l’ultimo lustrascarpe di Napoli che altri preferiscono ricordare come ultimo sciuscià, nome attribuitogli in seguito al celebre film diretto da Vittorio De Sica.
Tonino era ‘o pulizza-scarpe come opportunamente raccontato dal Mastriani in quella Napoli dell’Ottocento descritta con dovizia di particolari e con un’attenzione alle classi più disagiate, ai poveri, che spinse molti intellettuali dell’epoca a definirlo promotore di un socialismo cristiano e, in epoca successiva, uno dei fautori del meridionalismo.
Tonino, che ha lasciato questo mondo ieri, l’ho incontrato tutti i giorni dagli inizi degli anni Settanta al 2000, all’ingresso della Galleria Umberto o di fianco all’ingresso su via Toledo della sede bancaria dove lavoravo, sempre con un sorriso e con lo sguardo rivolto verso l’alto, tenendo i suoi inseparabili occhiali quasi sulla punta del naso.
Ogni volta, un saluto cordiale con la mano e un discreto segno con la spazzola quale un invito a porre il piede sulla sua inseparabile cassetta degli attrezzi, ‘a nennella come amava definire la sua creatura, dove nella parte superiore era posizionata una forma in ottone sempre lucido a indicare la posizione esatta su cui poggiare la scarpa. Tonino, negli anni in cui alcuni lustrascarpe si erano organizzati in un locale che l’Amministrazione Comunale aveva messo a disposizione sul lato della Galleria di fronte al Teatro San Carlo attrezzandolo con delle comode poltrone, non intese svolgere la sua attività al chiuso, nonostante molti di noi lo avessero sollecitato ad aderire all’iniziativa, perché diceva che i clienti andavano invitati e non bisognava attendere che decidessero loro quando lucidare le calzature.
L’ho incontrato nuovamente poi, dopo circa dieci anni, non appena rientrato a Napoli, e credo sia stato tra i pochissimi a mostrarmi sinceramente il piacere di rivedermi. Avevo delle scarpe di camoscio e quasi mi scusai di non poter approfittare della sua opera, ma di un suo consiglio sul come trattarle feci tesoro: «Dotto’, acqua e sapone ogni tant’ ‘na vota e basta!». Comprai due caffè che consumammo insieme accanto ‘a nennella perché, nonostante una lunga conoscenza, per eccesso di rispetto e di educazione, non accettava mai di berlo assieme al bar.
Negli ultimi anni, come del resto capita anche a tanti di noi superati gli anta, ripeteva quasi sempre le stesse cose e tra una parola e l’altra lo sguardo cadeva su qualche bella figliola a cui talvolta ho visto anche fare un apprezzamento cortese a bassa voce.
Amava ricordare i personaggi importanti a cui aveva pulito le scarpe, De Sica su tutti, e più recentemente Silvio Berlusconi a cui, nonostante gli avesse dato una lauta mancia, fece la faccia tosta di dire: «Cavalié, ma comme…?» E il Cavaliere raddoppiò.
Quando vanno via personaggi pubblici, quelli particolarmente amati che, nella loro maniera, hanno incarnato l’anima della città, resta sempre un vuoto e anche il dispiacere di sapere che sono irripetibili. In qualche modo, hanno fatto parte della nostra vita, e Tonino è stato tra coloro che hanno lasciato un’impronta che, purtroppo, andrà man mano scomparendo. Il mondo corre a una velocità che non ci dà il tempo della memoria, il momento del silenzio, il tempo della meditazione e della riflessione.
*Foto di Ferdinando Kaiser©