Tochtli è un bambino che ha una grande passione per le collezioni. Raccoglie, infatti, tantissime cose: cappelli di ogni genere, animali in via di estinzione e, soprattutto, parole difficili.
Patetico, fulminante, nefasto, lindo, sordido. Una lista di aggettivi che il piccolo utilizza con incredibile semplicità e che si ritrovano in ogni pagina in cui lo scrittore Juan Pablo Villalobos narra le sue giornate.
La storia è quella di un bambino sveglio, ma molto solo, rinchiuso in un palazzo lussuoso, ma allo stesso tempo sporco e trasandato, privo di qualsiasi cura e attenzione. Il piccolo vive con il padre Yolcaut, re del narcotraffico messicano, il quale gli insegna la dura arte dell’essere un “vero uomo”. Le sue giornate scorrono lente e monotone tra le mura di una casa che non può lasciare, una condanna da pagare per colpa di un genitore temuto da tutti.
Tochtli conta le ore che passano e conta la gente che muore. Conta le persone che conosce, circa sedici, tra le quali non ve n’è nemmeno una della sua età.
Desidera, inoltre, un ippopotamo nano della Liberia e, dato che per il Cartello è tempo di “cambiare aria”, il padre decide di partire per l’Africa alla ricerca dell’animale.
Yolcaut cerca di soddisfare ogni desiderio del figlio, un palliativo per il bambino al quale, però, non ha saputo trasmettere la distinzione tra bene e male. Il “piccolo uomo”, invece, coltiva una coscienza interiore basandosi su ciò che le storie “di palazzo” gli hanno insegnato. Dagli adulti della sua vita ha appreso, infatti, poche nozioni: se piangi sei un finocchio, se ti mostri debole sei patetico. Alla fine, però, saranno gli ippopotami nani della Liberia a insegnargli qualcosa che resterà per sempre impressa nel suo cuore: piangere e scoprire i propri sentimenti è la cosa migliore che la vita possa donare.
Attraverso la letteratura è possibile interpretare e riflettere in modi diversi sulla realtà. Dal momento che le battaglie culturali camminano di pari passo con quelle reali, non ci si può nemmeno troppo stupire della nascita e del grande successo che ha avuto in Sudamerica la cosiddetta “narcoletteratura”. Villalobos, in questo suo romanzo d’esordio, mostra la piaga del narcotraffico e la racconta attraverso gli occhi di un bambino, con una narrazione composta da pensieri brevi e avvenimenti autobiografici nei quali il semplice linguaggio è arricchito da alcune “parole preferite” che ricorrono costantemente nel testo.
Nel romanzo l’assenza di una tensione moralistica permette al lettore di raggiungere in modo immediato l’essenza delle cose. Il giovane protagonista, anche se consapevole di ciò che succede, dimostra un’onestà quasi spietata e un pensiero estremamente attento e critico. Sebbene la violenza sia diventata oramai familiare per lui, non appare sempre convinto di ciò che vede e sente. Una cosa, però, è certa: Tochtli è capace di interpretare perfettamente gli atteggiamenti di un padre che, nonostante riesca a fuggire dalla giustizia, fallisce nel tentativo di sottrarsi al giudizio di suo figlio.