La periferia nord di Napoli brucia. A seconda di come tira il vento, il fumo denso sporca il cielo azzurro di un grigio malsano, una strana eclissi tossica oscura per qualche minuto il sole. La puzza, invece, non arriva sempre immediatamente alle narici. Si fa annunciare da un violento pizzicore alla gola, dalla resistenza che oppongono le vie aeree all’ostinato tentativo di continuare a respirare, e, quando la senti, è ormai troppo tardi. Invisibile assassina, penetra in casa dalle fessure tra le persiane, passa sotto le porte o varca indisturbata la cornice dei balconi e delle finestre spalancati. L’unica impronta del suo passaggio è un sottile strato di pulviscolo nero e pesante che si deposita mollemente sulle superfici, le piante, gli infissi, i pavimenti.
La piaga dei roghi tossici nel territorio campano è complessa e multisfaccettata, come evidenzia Gerlando Iorio, ex viceprefetto incaricato dal Ministero dell’Interno per il contrasto al fenomeno degli incendi dolosi in Campania presso la commissione parlamentare d’inchiesta per le attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti (4 giugno 2019). Il Patto per la Terra dei Fuochi, siglato per la prima volta nel 2013 con la Regione, aveva messo in piedi una prima impalcatura sinergica di forze dell’ordine e vigili del fuoco. A sei anni dall’avvio, e il contributo dell’esercito alle attività di monitoraggio con l’operazione Strade Sicure nel 2015 (che, ricordiamo, ha previsto il dispiego di 200 militari in provincia di Napoli e Caserta), il rapporto presentato da Iorio registra sicuramente un calo del fenomeno: non abbastanza, però, da cancellarne le tracce.
Una delle ragioni principali è di natura economica e burocratica. Nel suo rapporto, Iorio denuncia, infatti, le difficoltà finanziarie di moltissimi Comuni facenti parte del patto: La provincia di Caserta ha avuto parecchie difficoltà, che ovviamente si sono riversate anche sull’organizzazione del corpo di polizia provinciale. Si parla di mancanza di mezzi, di macchine, per dirla molto brutalmente. E, ancora: C’è una disputa su chi sia competente a rimuovere i rifiuti. Ahimè, c’è anche quando si parla alcune volte di luoghi di confine stradale. […] C’è stata e c’è ancora una serie di contenziosi tra Comuni e consorzi di bonifica a colpi di ordinanze di rimozione fatte dagli uni rispetto agli altri e di ricorsi per cercare di resistere alle ingiunzioni piuttosto che intervenire per risolvere il problema. Sembrava quasi che ognuno si mettesse a posto adottando il provvedimento previsto dalla legge: io ho fatto l’ordinanza, l’altro me la contesta, andiamo davanti al giudice. Intanto, il rifiuto sta lì. Molto spesso i costi di rimozione dei rifiuti illecitamente sversati sono troppo onerosi per le amministrazioni che dovrebbero occuparsene.
Tra le operazioni raccontate da Iorio in commissione, spiccano quelle che hanno coinvolto realtà imprenditoriali tra Giugliano e Castel Volturno che lavoravano completamente in nero o producevano solo una parte delle lavorazioni in nero, smaltendo poi i rifiuti nell’ambiente circostante in maniera illecita e dannosa. Vi sono, poi, gli incendi appiccati nei siti di stoccaggio e l’aumento, nel corso del 2019, dei roghi di rifiuti urbani (circa 180 in più rispetto all’anno precedente) legati, in molti casi, a un’incapacità delle istituzioni di provvedere tempestivamente alla raccolta. Ancora, i casi di recidivi sversatori e piromani per professione, che entrano in azione alle prime luci dell’alba, quando i comandi di polizia locale sono chiusi.
In questa realtà ancora troppo fragile, ancora troppo complessa, in cui il veleno della criminalità organizzata continua a diffondersi nel territorio assieme a quello dei liquami e dei roghi tossici, a inizio 2020 è arrivata la notizia della decadenza dalla carica di commissario straordinario di Mario De Biase. Dal 2010 si era occupato di bonifiche in quella che è ormai nota come Terra dei Fuochi, ottenendo risultati insperati. Al posto della discarica Resit di Giugliano aveva costruito un parco alberato con un bel murale di Jorit. Sia la Regione Campania, nella persona del presidente De Luca, che il Governo, rappresentato dal Ministro Costa, ne disertarono l’inaugurazione. Silenzio.
Durante la scorsa estate, forse mentre tutti i droni a disposizione delle forze dell’ordine erano a riposo, dopo aver lavorato per il controllo del rispetto delle norme anti-COVID, i roghi tossici sono tornati a saturare l’aria notturna della periferia nord di Napoli con il loro puzzo acre, pungente, fibroso. Il miasma mortifero di una terra abbandonata al silenzio dei mass media e della politica. I primi, pronti ad accorrere in periferia imbracciando telecamera e microfono ogni qualvolta si consumi una tragedia umana da sbattere sulle pagine di cronaca nera, per reiterare e ampliare il racconto del degrado, dell’ignoranza, della povertà così morbosamente caro a chi può permettersi il lusso di filosofare sulle periferie da lontano, sputacchiando sentenze su cosa sia il vivere dignitoso e distribuendo con generosità la patente di criminale a tutti i volti che vede scorrere sul piccolo schermo. La seconda, più vigliaccamente, se ne tiene alla larga fuor di campagna elettorale, taglio di nastri e, appunto, eventi di cronaca nera – in coincidente vicinanza con i riflettori dei telegiornali.
L’unica strategia politica attuata in periferia è provare a capitalizzare la rabbia di chi ci abita, dirottandola verso la propria agenda e trasformandola in voto. Il Ministro Costa, mentre contempla a favor di camera il rogo nei pressi del campo rom di Giugliano, mentre pensa a chi fatica a respirare asfissiato dalla puzza, rintuzza il governatore De Luca di non aver firmato il protocollo d’intesa con il governo. Dal canto suo, De Luca non replica, né ritiene opportuno minare l’ascesa del suo indice di gradimento con un accenno alla questione rifiuti e roghi tossici in Campania. Nel corso della campagna elettorale per le amministrative, i candidati della Lega si sono recati a Giugliano e hanno rispolverato uno dei loro più gettonati ritornelli in salsa xenofoba: la minaccia dello straniero. Nessun dialogo, nessuna analisi del problema, nessuna proposta concreta per affrontarlo. La responsabilità dei roghi tossici, per gli esponenti del Carroccio, sembra essere in egual misura della mala politica e dei rom. Solo odio cieco, ad attizzare il fuoco di una popolazione esausta. Intanto, la periferia brucia ancora.