Per chi ancora non ci conoscesse, oppure per chi avesse iniziato da poco a seguirci, noi di Mar dei Sargassi abbiamo voluto e vogliamo fare della questione dell’accoglienza uno dei temi centrali del nostro impegno. Al di là di valori puramente umani e civili, riteniamo, infatti, che vi siano anche ragioni di ordine storico e culturale per le quali sentiamo non potrebbe essere altrimenti.
In effetti, come abbiamo già avuto modo di dire, anche i nostri connazionali – in special modo del Mezzogiorno – nel secolo scorso hanno conosciuto il fenomeno dell’emigrazione e del razzismo di riflesso nei luoghi in cui si sono recati in cerca di fortuna. Del resto, tutti abbiamo avuto modo di constatarlo attraverso i racconti e gli occhi di qualche nostro anziano parente fuggito con la “valigia di cartone” per i Paesi del Nord o per le Americhe, nella speranza di agguantare un futuro migliore. Le similitudini con chi oggi scappa dalle guerre e dalla miseria sono alquanto palesi e, dunque, sarebbe auspicabile da parte nostra almeno provare a posare una mano sulla coscienza e infrangere il muro di ostilità dilagante che si sta costruendo verso persone alle quali pare venga recriminato persino l’essere nate.
Siamo convinti, quindi, che possa essere utile – tra tutto l’astio che sta accompagnando l’approvazione della legge sullo Ius Soli e la traboccante retorica razzista quotidiana – proporre dei contenuti estratti dall’enorme bagaglio culturale, che solo la nostra terra sa offrire, che possano aiutarci a comprendere la problematica e, magari, riuscire a gettare una piccola ancora di bellezza in mezzo al mare turbinoso dell’odio.
Stiamo progressivamente perdendo la nostra identità, ma non per l’arrivo degli stranieri, come vogliono farci credere gli uomini vestiti di verde o di nero, che pare non passare mai di moda. Stiamo perdendo la nostra identità perché stiamo calpestando i valori di democrazia, di antifascismo e antirazzismo sui quali è stata edificata la nostra società dopo la Seconda guerra mondiale, e anche quelli dell’ospitalità e della solidarietà che sempre ci hanno contraddistinto. Allora, tentiamo di ripartire dalla Storia, dalle solide basi della nostra cultura che non possiamo relegare a ruoli marginali.
Tanto la letteratura quanto la musica del Novecento, soprattutto napoletana, hanno affrontato ampiamente la questione dell’emigrazione con tutto ciò che essa ha significato per chi ha dovuto lasciare i propri cari. Scrittori, poeti, parolieri e musicisti hanno raccolto e sublimato gli umori e i dolori di quelle genti. E, dunque, dopo aver analizzato nelle scorse settimane La ballata dell’emigrante dello scrittore e giornalista Antonio Ghirelli, oggi vogliamo proporre un viaggio – con i titoli principali – sul tema in esame all’interno del vasto mondo della canzone classica partenopea.
Qui di seguito abbiamo stilato una lista in ordine cronologico, scegliendo, secondo il nostro gusto, gli interpreti dei vari brani.
Buon ascolto, anzi buon viaggio accanto ai nostri migranti, ai migranti di tutto il mondo, così simili a prescindere dalla fetta di maledetta terra che hanno dovuto lasciare.
1. L’emigrante scritta nel 1918 da Raffaele Viviani
2. Santa Lucia luntana scritta da E.A. Mario nel 1920
3. L’America di E.A. Mario, scritta nel 1921
4. Figlio nun mannà dollare di Chiurazzi – D’Annibale del 1923
5. ‘A mandulinata ‘e ll’emigrante scritta da E.A. Mario – Ciaravolo nel 1923
6. Lacrime napulitane scritta da Libero Bovio nel 1925
7. ‘A cartulina ‘e Napule di De Luca – Buongiovanni del 1927
8. Connola senza mamma di Esposito – Ciaravolo del 1932