Questa sera, su Rai Uno, andranno in onda il terzo e il quarto episodio di Storia del nuovo cognome, la seconda stagione della serie tv tratta dalla quadrilogia di Elena Ferrante che prende il nome proprio dal volume pubblicato da edizioni e/o nel settembre 2012.
Le due protagoniste sono Lenù (Elena) e Lila (Raffaella), due amiche che crescono insieme ma che finiscono poi per prendere strade diverse, senza allontanarsi mai veramente. I luoghi della loro infanzia appartengono al Rione Luzzatti-Ascarelli, nella periferia orientale di Napoli, e le vicende si snodano negli anni Sessanta. Probabilmente, proprio le immagini di questi luoghi sono tra le ragioni del successo della serie tv che, con il debutto dello scorso 10 febbraio, ha ottenuto quasi 7 milioni di telespettatori e uno share del 29.3%. Già la prima stagione si era chiusa con ascolti pari al 30% che avevano spinto il regista Saverio Costanzo a girare gli episodi successivi, allargando gli orizzonti e le ambientazioni oltre Gianturco e l’isola d’Ischia – in cui erano già state girate alcune scene de L’amica geniale –, arrivando nei posti più conosciuti di Napoli, da Chiaia a Piazza Carlo III, fino a Piazza dei Martiri e persino a Pisa, dove Elena prosegue i suoi studi anche grazie all’aiuto dell’amica, oramai benestante in seguito al matrimonio con Stefano Carracci.
Il Rione Luzzatti-Ascarelli è diventato celebre dopo l’uscita dei libri della scrittrice napoletana la cui identità si cela dietro uno pseudonimo, trasformandosi presto nel Rione dei Murales. Per le sue strade talvolta dimenticate, infatti, è stato previsto un progetto di riqualificazione artistica e di rigenerazione sociale e lo street artist Gomez ha realizzato un murale ispirato alla storia della Ferrante visibile da Piazza Lo Banco. L’idea è nata dagli alunni dell’Istituto Comprensivo Ruggiero-Bonghi che, appassionatisi alla lettura della quadrilogia, hanno contattato Gomez e iniziato un percorso ispirato al Parco dei Murales realizzato a Ponticelli. L’opera è stata coordinata da INWARD – Osservatorio Nazionale sulla Creatività Urbana – e promossa da NAStartUP, con il patrocinio morale della IV Municipalità del Comune di Napoli. Un’iniziativa sicuramente utile per ridare un’importanza, soprattutto sociale, a luoghi periferici le cui comunità si sentono spesso abbandonate.
Aggirarsi tra le viuzze scoscese del quartiere, sentire il lento cigolio delle ruote di un vecchio carro che trasporta frutta e che arranca tra le buche, osservare i bambini che giocano a nascondino mettendo a soqquadro le botteghe, annusare l’odore di pesce fresco sulle bancarelle a ogni angolo: probabilmente è questo che attrae così tanto il pubblico, la genuinità di quei posti che ormai va sempre più perdendosi. E, ancora, una mamma che allatta un neonato tenendo per mano un bambino di poco più di tre anni, un’anziana signora che grida dal balcone il nome del nipote che deve rientrare per cena, la piazza gremita di gente che chiacchiera la domenica mattina: tutto questo per gli adulti può significare ricordo, per i più giovani meravigliosa scoperta. E così Costanzo fa contenti tutti e coinvolge intere famiglie.
Il rione è simbolo ed emblema del popolo, lo unisce, e nella serie tv di Costanzo diviene covo di mille contraddizioni. Per le protagoniste è casa, il luogo che non hanno mai lasciato da bambine, il loro piccolo mondo, ma è lo stesso posto che si sentono così cucito addosso da volerselo strappare. In particolare, Lila fa di tutto per non diventare come le altre donne che lo abitano, come sua madre, le vicine di casa, le sue amiche, tutte quelle donne che sono state mangiate dal corpo dei mariti, che hanno assunto le loro facce fin dalla gravidanza. Avere dei bambini è l’obiettivo delle giovani del quartiere, che vedono nella famiglia la loro più grande ambizione, a Lila invece repelle il solo pensiero.
Lila è la più bella e intelligente ragazza che abbia mai incontrato, ma nun vò fa a femmena: è questo che dice di lei il marito con cui vive un complicato rapporto. Lila non vuole conformarsi all’unico stereotipo di donna che c’è nel quartiere, eppure fa scelte che a questo la porteranno. La sua diventa un’inquietudine quasi velenosa e la prima puntata si chiude con la notizia della gravidanza.
Nel Rione si parla il dialetto partenopeo, Costanzo riscopre vocaboli oramai dimenticati e tiene incollato allo schermo il pubblico, anche se ogni tanto è complicato seguire i sottotitoli. Forse la vera forza dei dialoghi sta nel fatto che si tratta del napoletano degli ultimi, che si avverte la vicinanza da parte di qualsiasi telespettatore. Probabilmente, chi ha già letto i libri della Ferrante non riscontra nella serie la stessa voracità e fluidità che ha il testo, ma vive comunque scene di forte commozione.
Non possiamo essere certi di quali siano le ragioni del successo di Storia del nuovo cognome, ma sicuramente fanno la loro parte i luoghi, i dialoghi e le parole in disuso che aiutano a riscoprire un gusto per la lingua ricercata e arcaica, oltre che la grande fedeltà ai libri. Il regista infatti manifesta un rispetto quasi reverenziale nei confronti dei romanzi: non altera la storia né le conversazioni, né le caratteristiche peculiari dei personaggi. Noi, invece, attendiamo un tocco che sappia distinguere la serie tv dalla quadrilogia, che sappia appassionarci così come ha fatto la Ferrante ma che, soprattutto, sappia essere più avvincente, più veloce e molto più emozionante. Intanto, restiamo sintonizzati!