Il rapporto tra Stato e Chiesa, da sempre dibattuto in Italia, è il complesso delle relazioni tra uno Stato e le organizzazioni religiose dal punto di vista storico, politico, diplomatico, giuridico ed economico. Nel nostro Paese, i rapporti tra le due istituzioni sono disciplinati dai Patti Lateranensi e dalle successive modifiche, nel 1984, che hanno portato al Nuovo Concordato. Modifiche ritenute doverose per incompatibilità di numerose disposizioni dei Patti Lateranensi con i principi fondamentali della Costituzione repubblicana.
Il nuovo concordato abolisce, almeno su carta, una serie di privilegi della Chiesa inopportuni in uno Stato laico e pluralista. In primis la religione cattolica non è più prevista come sola religione dello Stato ma ne garantisce, al contempo, gli spazi di libertà. L’articolo 7 della Costituzione, inoltre, definisce Stato e Chiesa, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani.
Trono e altare è un binomio che si propone e ripropone nel corso della storia in forme differenti. Dopo la breccia di Porta Pia, nel processo di unificazione dell’Italia, venne lasciata al Papa Città del Vaticano ma il Pontefice non accettò le condizioni di pace dando vita alla questione romana. Con l’ascesa del fascismo si tentò un compromesso e così ebbero origine gli accordi bilaterali basati sul consenso delle parti che hanno il nome, appunto, di Patti Lateranensi. Gli effetti, nell’immediato, furono ad esempio l’obbligo di insegnamento della religione cattolica nelle scuole e gli effetti civili al matrimonio celebrato con rito cattolico.
In Italia è un dato di fatto quello del non poter trattare tematiche sociali riguardanti i diritti civili senza intromissione politica della Chiesa. Dalla discesa in campo contro la legge che permetteva il divorzio, dell’allora Papa Paolo VI, a oggi, ad esempio, l’istituzione ecclesiastica sponsorizza la famiglia tradizionale. Peccato che molti politici che strizzano l’occhio al mondo cattolico non abbiano, nel privato, quel nucleo familiare tanto osannato rispetto a tutti gli altri. Che poi, pensateci bene, voi che cosa immaginate quando pensate alle parole famiglia tradizionale? Prima dell’approvazione del decreto sulle unioni civili, il Decreto Cirinnà, il mondo cattolico ha perseguito una discreta campagna contraria a ogni tipo di riconoscimento delle coppie omosessuali. Il cardinal Bagnasco si dichiarò pubblicamente e apertamente contrario.
Assistiamo anche alla campagna contro la cosiddetta teoria gender che viene demonizzata senza considerare che gli studi sul tema vanno a dimostrare come i pregiudizi di genere nascano proprio in età infantile. Nelle piccole cose, azioni che si danno per scontate ma che poi, nella crescita, permettono di rendere accettate dinamiche discriminatorie e discriminanti. Papa Francesco si espresse contro questi studi definendo la teoria espressione di frustrazione che mina a cancellare la differenza sessuale.
Andiamo ancora avanti con il cardinal Ruini che nel 2005 si schierò a favore dell’astensionismo nei riguardi della votazione per abrogare o meno una legge sulla fecondazione assistita. Votò soltanto il 24% degli aventi diritto e non si raggiunse il quorum. Anche in questo caso l’intromissione fu determinante. Dal 2014 la Corte Costituzionale ha fatto decadere il divieto di fecondazione eterologa nel nostro Paese, pertanto le tecniche che oggi possono essere utilizzate sono sia omologhe che eterologhe (con gameti provenienti da un donatore esterno alla coppia). Tuttavia l’accesso a molti trattamenti non è aperto a tutti. La legge impedisce dunque il ricorso alle procedure di procreazione assistita alle coppie omosessuali, alle donne single e alle vedove.
Continuando sulla tematica dell’intromissione nei diritti civili tutti ricorderanno, nel 2008, il caso di Eluana Englaro. Le parole di Papa Benedetto furono: «L’eutanasia è una soluzione falsa e indegna». In Italia manca ancora una legge che preveda la possibilità di aiuto medico alla morte volontaria per le persone che non dipendano da trattamenti di sostegno vitale. Alla Camera dei Deputati, nel 2013, l’Associazione Luca Coscioni con 67mila firme deposita una proposta di legge e di iniziativa popolare per la legalizzazione dell’eutanasia. La proposta di legge attende ancora di essere discussa.
Lungi da me effettuare giudizi morali, tuttavia un punto della situazione su quanta strada vi sia ancora da compiere nei riguardi dei diritti civili è doveroso. Questo percorso non sarà lineare né privo di interferenze e ostacoli, tanto che molte persone questi ostacoli sono costrette ad aggirarli rivolgendosi ad altri Stati.
La storia sull’interferenza clericale in politica, all’interno di una popolazione a maggioranza largamente cattolica, è lunga e complessa specialmente perché religione e politica hanno, entrambe, come oggetto l’uomo e la società.
Negli scorsi giorni è passato alle cronache Don Roberto Trevisol che, a proposito di giudizi morali, ha espresso un suo parere sull’esito del processo Rubi Ter e l’assoluzione di Silvio Berlusconi. Il parroco si è interrogato e ha posto ai fedeli domande riguardo temi sociali ed etici: la disuguaglianza della legge e la condotta morale di un Presidente. Il Don, sul libretto parrocchiale, ha concluso la sua riflessione con una considerazione «C’è un comandamento che dice: Non nominare il mio nome invano. E troppe volte il nome di Dio, o della religione cristiana, è stato pronunciato in un contesto morale che non aveva e non ha nulla a che fare con Dio e Gesù Cristo. Questi signori difendevano la società cristiana o il regno del bunga bunga?».
Mi chiedo perché a Don Roberto sia stato rimproverato il “fare politica” su un foglio parrocchiale quando alla Chiesa è sempre stato permesso, indistintamente, di invischiarsi in tematiche sociali importanti. Gli esempi sopracitati sono solo alcuni ma si potrebbe parlare anche di aborto, pillola del giorno dopo e così via. Perché a un cardinale o a un papa è consentito schierarsi, ad esempio, contro gli omosessuali ma un parroco che lo fa, verso una condotta ritenuta immorale, dovrebbe essere redarguito? Trovo molto più grave la posizione del Vaticano (ben diversa dall’opinione di un semplice prete di paese) contro il Ddl Zan e il tentativo di richiesta formale per la modifica del disegno di legge che, oltretutto, è stato bocciato in Senato. Si tratta di un intervento diretto nell’iter di approvazione di una legge italiana ed è cosa assai grave.
Voglio concludere questa mia riflessione con un riso amaro citando uno dei personaggi della serie tv Boris che propone una raccolta firme per spostare il Vaticano in altri Paesi: a turnazione, in modo che anche gli altri possano beneficiare di tutti quei vantaggi che abbiamo avuto noi, per secoli. Cinque anni a paese, tra 200 secoli ritorna in Italia e poi… si ricomincia il giro.