Pomezia, botte e insulti ai bambini della scuola materna. Arrestate tre maestre.
Trapani, violenze fisiche e verbali a bambini: 4 maestre denunciate.
Sono, questi, soltanto due dei titoli che imperversano sui quotidiani durante le ultime settimane. La situazione, però, non è affatto diversa se si torna ancora più indietro nel tempo. Si può affermare, infatti, che sono ormai diversi anni che le denunce di alcuni genitori di presunte violenze da parte delle maestre risultano essere quasi all’ordine del giorno.
È uno scandalo senza fine, molte sono le segnalazioni, seguite da querele sulla base di intercettazioni e filmati in cui bambini anche in tenera età subiscono violenza psicologica, percosse e intimidazioni di ogni tipo. Le scuole, talvolta, divengono veri e propri lager in cui il minimo movimento può costare ai piccoli severe e umilianti punizioni.
Quelle istituzioni addette all’educazione e all’intrattenimento dei bambini, al loro divertimento e, sopra ogni cosa, alla loro serenità e felicità, in alcune occasioni, si trasformano in luoghi dell’orrore. Le pareti colorate interne delle scuole creano una sorta di camere della tortura, spesso fungendo da muri contro cui le piccole vittime sono costrette a tenere la propria schiena dritta per diversi minuti, per loro ore interminabili e stancanti, in cui fare assoluto silenzio e non disturbare le insegnanti. Luoghi di punizione, nei cui angoli i bambini sono relegati alla solitudine e all’emarginazione – forse per aver parlato un po’ troppo ad alta la voce o per essersi alzati dalla propria sedia – terrorizzati e con il cuore che batte forte, ma grati di non aver ricevuto un trattamento peggiore. Di fatto, essere messi in disparte appare quasi come un atto misericordioso, se si pensa che ci sono casi in cui la punizione consiste in strattoni, schiaffi, spinte e calci.
All’interno di quelle mura colorate, con disegni di fumetti e cartoni animati, presunte maestre si aggirano tra le piccole creature incutendo un terrore tale da far perdere loro l’appetito anche una volta tornate a casa, consce di dover rifare, la mattina seguente, i loro piccoli passi verso la sede dei loro incubi.
Nella Scuola Statale dell’Infanzia Trilussa, a Pomezia, maltrattamenti e vessazioni hanno generato in bambini dai tre ai cinque anni comportamenti violenti e stati di ansia e rabbia, così forti da far trovare loro il coraggio di rifiutarsi di andare tra i banchi, lì dove si dovrebbe educare alla cooperazione e alla diplomazia, ai sorrisi e alla spensieratezza, ma dove, in quel caso, l’unico metodo istruttivo conosciuto erano le aggressioni. La settimana scorsa sono scattate le denunce e, infine, l’arresto di tre maestre dell’orrore.
Non diversa è stata la drammatica situazione di una scuola elementare di Trapani, in cui l’inchiesta della Squadra Mobile è scattata dopo la denuncia di un’altra insegnante. Gli agenti della Sezione Reati contro la persona, grazie a delle microcamere, hanno potuto accertare i fatti e le docenti sono state interdette per un anno dall’esercizio della professione.
L’ultimo clamoroso caso, invece, si è consumato a Taranto. Era il 23 novembre 2017 quando una maestra era stata denunciata per maltrattamento di studenti di soli tre anni, e lo scorso 15 marzo la stessa è stata aggredita fisicamente da una coppia di genitori mentre usciva da un negozio del centro. La violenta reazione ha avuto luogo dopo un periodo di minacce alla donna, che intanto si trovava agli arresti domiciliari, per quelle che gli inquirenti hanno descritto come situazioni di pericolo create dalla insegnante con le proprie azioni, che rischiavano di provocare ben più gravi conseguenze in danno dei minori. Nessuna delle condotte accertate era tesa in qualsiasi maniera ad educare i piccoli, i quali pure quando, subita una prima aggressione fisica, tentavano di riavvicinarsi alla maestra, cercando di essere in qualche modo consolati, venivano dalla stessa ignorati oppure nuovamente afferrati con forza.
Violenza che ha condotto ad altra violenza, quindi, da parte di genitori che hanno tentato di farsi giustizia con le proprie mani, rendendo vittima quella che fino a poco tempo prima era stata carnefice, forse forte l’esigenza di far provare alla donna anche soltanto una minima parte di quello che i suoi alunni avevano dovuto subire a lungo. E se notizie di simili vessazioni sui minori da parte delle insegnanti non sono affatto nuove ma, anzi, piuttosto continue, le condanne restano incerte e inadeguate. Arresti domiciliari temporanei e mere sospensioni di breve durata sono tutto quello che spetta a mostri mascherati da educatori, che plagiano vittime che probabilmente non hanno ancora festeggiato il secondo compleanno.
Fiducie spezzate e bambini atterriti dalla paura, che hanno conosciuto la violenza troppo presto e sulla loro pelle, traumatizzati da episodi che si sono protratti per mesi e anni e che renderanno necessarie lunghe terapie di recupero psicologico. Eppure, tutto ciò non vale più di qualche mese di sospensione dall’esercizio della professione dei colpevoli.
Di fronte a tale realtà, la violenza dei familiari resta ingiustificata, ma la rabbia appare legittima. Dopo anni di scandali, non si è in grado di garantire ai genitori che i loro pargoli, ancora così piccoli e indifesi, ricevano la giusta tutela quando a proteggerli non possono esserci loro. È doloroso e frustrante immaginare quelle giovani vite prese a calci e schiaffi da chi viene pagato per accudirle, da chi si suppone abbia la giusta passione e sensibilità. Allevare i più piccoli comporta un’enorme responsabilità, di cui bisogna essere pronti a rispondere in tribunale, quando ci si è dimostrati tutt’altro che all’altezza di essa. Ed è arrivato il momento che la stessa giustizia operi per punizioni adeguate a un reato simile, mentre è fondamentale attuare le giuste misure di precauzione affinché sui giornali si possano smettere di incontrare, ogni settimana, titoli simili.