Con l’arresto avvenuto il 17 febbraio 1992 di Mario Chiesa, esponente del Partito Socialista Italiano milanese, frettolosamente e incautamente definito un mariuolo isolato da Bettino Craxi per una tangente di sette milioni di lire, partì l’operazione Mani Pulite che in pochi mesi sgretolò gli apparati dei partiti, mantenuti in vita soltanto da un sistema affaristico.
Due anni dopo, invece, il 26 gennaio 1994, la discesa in campo dell’imprenditore Silvio Berlusconi segnò l’inizio del berlusconismo, di quella visione dell’economia e della politica che marchiò definitivamente il degrado della società e del costume del nostro Paese.
Il 26 gennaio 2002, quindi, a Milano e poi in molte città italiane, su proposta di alcuni intellettuali si iniziò a manifestare contro le politiche dell’ex Cavaliere, creando dei veri e propri girotondi, lunghissime catene umane intorno ai palazzi delle istituzioni e altre numerose iniziative nelle maggiori piazze d’Italia con la partecipazione, in particolare in quella più imponente in Piazza San Giovanni a Roma, di Don Luigi Ciotti, Rita Borsellino, Gino Strada, Paolo Flores d’Arcais, Vittorio Foa e molti artisti tra i quali Nanni Moretti, uno dei fautori del movimento di protesta.
Un movimento che, tuttavia, durò poco più di un anno, nato all’indomani del famoso discorso del Procuratore Generale di Milano Francesco Saverio Borrelli in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario sul degrado della società civile e in difesa della magistratura dai continui attacchi dei governi Berlusconi, conclusosi con l’ormai celebre Resistere, resistere, resistere.
Intanto, l’allegra compagnia berlusconiana continuava sia nelle sedi istituzionali che attraverso le televisioni a piegare il Paese verso un declino morale e politico che dopo circa sei anni convinse un uomo di spettacolo a lanciare un soggetto politico con una struttura di proprietà della Casaleggio Associati – quindi non un singolo imprenditore ma una s.r.l. –, un movimento strutturato che ancora regge, non è dato sapere quanto, sul mercato della politica svuotata di ogni minima visione ideologica.
Una premessa importante, questa, che ci aiuta a collocare meglio ciò che sta avvenendo in questi giorni in molti centri italiani. Sette giorni fa, quattro ragazzi, coadiuvati dal web, hanno organizzato il flash mob delle sardine a Bologna, in una Piazza Maggiore gremita di persone di ogni età, prevalentemente giovani, con un obiettivo ben preciso e ben riuscito contro ogni aspettativa: superare il numero massimo di partecipanti previsto, stando alla sua potenziale capienza, nell’edificio in cui in quelle stesse ore Matteo Salvini stava incontrando i propri sostenitori.
Da allora, sono stati programmati flash mob in tutta Italia, in particolare dove è prevista la presenza del singolare politico, un tamtam nato da un’idea di Mattia Santori, Roberto Morotti, Giulia Trappoloni e Andrea Garreffa, al grido di Bologna non si Lega, siamo tutti antifascisti, sulle note di Bella Ciao.
Un fenomeno di breve durata o destinato a tentativi di appropriazione indebita da parte di quella politica squallida e mediocre abituata al mercato delle vacche? Servirà a indebolire il personaggio fallito per sua stessa mano, in cerca di una collocazione che lo riabiliti alla presa del potere?
Credo che quest’ultimo interrogativo sia il solo ad avere una risposta affermativa. Un obiettivo che, però, potrebbe avere un risvolto ancora più importante, un risveglio delle coscienze, una partecipazione attiva della gente in presenza di una rappresentanza parlamentare sempre più fallimentare e incapace di recepire e reagire all’arroganza, allo strapotere di chi ha finora saputo unicamente creare nel Paese un clima di odio e di attenzione, nonché di riabilitazione di frange estremiste che la Costituzione, ben chiara sull’argomento, sembra non sempre trovare attenti e vigili quanti sono preposti al suo rispetto e alla sua attuazione.
Le sardine, infatti, non sono i girotondini nati su iniziativa anche di intellettuali troppo conniventi con qualche partito e che per questo motivo, seppur utili a contrastare il berlusconismo, ebbero vita breve proprio per la non piena autonomia. Non appartengono al padrone di turno, a una società di informatica come i pentastellati che in mancanza di un collante ideologico si misurano unicamente sulle cose da fare o da non poter fare per propria incapacità di una qualsiasi visione politica. Al momento non vi sono elementi per alimentare dietrologie campate in aria degne dei titoli bluff di Libero o Il Giornale che l’onnipresente Belpietro ha cercato di superare sostenendo che ci sia Prodi dietro queste manifestazioni. D’altra parte, anche se rispondesse a verità, una volta tanto ci sarebbe da apprezzare il suggerimento del professore.
Un movimento, quello delle sardine, che tuttavia avrei chiamato delle coscienze, del ritorno all’umanità, al rispetto delle regole democratiche, al rispetto dell’altro, alla condanna di ogni sopruso, arroganza, violenza in ogni sua forma per una società aperta, accogliente, solidale, un ritorno ai valori, quelli veri e non di comodo sbandierati in Piazza San Giovanni o in terra padana tra ridicoli riti ancestrali.
In questi giorni, quindi, è necessario – senza strumentalizzazioni – che si levi un solo grido: Bologna, Modena, Milano, Napoli, Bari, Palermo, Catania, Cagliari non si Lega(no). Siamo tutti antifascisti. E tradurre, poi, in fatti concreti gli slogan per abbattere la destra pericolosa e fascista dei Salvini, Meloni e loro accoliti.