Cosa fareste se improvvisamente vostra moglie desiderasse di nutrirsi unicamente di carne umana e smettesse di sentire il proprio battito cardiaco? E se foste, poi, costretti a uccidere qualcuno pur di mantenerla in vita, chi scegliereste come vittima?
Questo è il composito dilemma etico che ci viene posto nel nuovo telefilm, firmato Netflix, Santa Clarita Diet. Un’imprevedibile Drew Barrymore interpreta il ruolo di Sheila Hammond, razionale e timida agente immobiliare, la quale durante la visita di una casa – e con modalità che vi risparmieremo – si ritrova a non essere più viva. E nemmeno morta. Scopre, insomma, di essere la versione introspettiva e materna di uno zombie, dominata quasi prevalentemente dal suo Es freudiano, ma desiderosa di arginare gli effetti dei suoi istinti per il bene dei suoi cari.
Immaginiamo, quindi, di far parte di questa famiglia. La figlia e il marito di Sheila, aiutati dal figlio dei vicini, un intelligente ragazzo amante del paranormale, cercano sin da subito di scoprire qualcosa in più sulle trasformazioni della donna, al fine di guarirla. È pur vero, però, che la nuova Sheila si sente incredibilmente vigorosa e piena di autostima, anche se questo benessere interiore rivelerà presto il suo grande prezzo: Sheila è diventata cannibale. Per sopravvivere, infatti, la donna sarà costretta a nutrirsi di carne umana, l’unica in grado di sostentarla.
Ci troviamo di fronte a un vero e proprio esperimento mentale, in cui ci viene posta una situazione irreale con degli interrogativi concreti. E, come in ogni esperimento mentale che si rispetti, non esiste una soluzione più corretta delle altre, ma un ventaglio di possibilità morali, ognuna suffragata da argomentazioni favorevoli o contrarie.
Le opzioni di maggior rilievo, in questo caso, sono due. Il marito di Sheila può decidere di sacrificare sua moglie pur di preservare la vita di altre persone oppure può aiutarla a commettere dei crimini per la sua salvezza. Qualora optasse per questa seconda scelta, dovrebbe stabilire un criterio etico per discriminare in modo “retto” quali debbano essere le sue vittime.
Questo identico problema fu posto in un altro celebre telefilm del 2006, Dexter, nel quale il protagonista Dexter Morgan, dopo aver scoperto la sua incontrollabile pulsione omicida, era stato costretto dal padre adottivo a seguire un codice prestabilito per decidere chi meritasse o meno di essere assassinato. In questo modo si cercava di ottimizzare un istinto criminale, trasformandolo in una sorta di giustizia divina. Anche i protagonisti di Santa Clarita Diet optano per un codice simile, cercando di non uccidere persone innocenti o di cui qualcuno avrebbe potuto sentire la mancanza.
Il motivo per il quale abbiamo isolato da una gradevole – e a tratti simpatica – dark comedy il tema del dilemma morale nasce dalla profonda convinzione che anche prodotti leggeri, come le serie tv comiche, possano dar vita a riflessioni complesse. In questo caso, ci viene ricordato che il mondo delle nostre relazioni affettive non potrà mai prescindere dal nostro universo morale. Ed è giusto chiederci cosa siamo disposti a sacrificare per il nostro amore o quali siano i confini oltre i quali non è sano spingersi per proteggerlo. Ovviamente speriamo che nessun uomo debba mai trovarsi nei panni di Joel Hammond, ma sappiamo con certezza che nella vita di ognuno di noi esiste un momento in cui queste due sfere dell’esistenza collidono ed è necessario raggiungere un compromesso. Questo semplice telefilm potrà non fornirci molte risposte, ma di certo non si esime dal farci le giuste domande.