L’azione politica esercitata dai partiti in Italia, con particolare riferimento a quel fatidico 1994 della discesa in campo di Silvio Berlusconi, è basata prevalentemente sulla propaganda che ha fruttato e purtroppo ancora genera consensi nelle forze populiste capaci di condizionare una parte consistente di elettorato e di alimentare sempre più quel partito, ormai maggioranza nel Paese, dell’astensionismo.
L’ex Cavaliere ne è stato maestro, con tutto ciò che ha comportato e che magicamente è scomparso dalla memoria collettiva ma non dai suoi compagni di coalizione che qualcosa hanno pur imparato e messo in pratica, senza sosta, soprattutto con l’approssimarsi delle competizioni elettorali.
Ma la propaganda, se finalizzata al successo, ha sempre un guru che in silenzio lavora e puntualmente suggerisce elementi che è certo possano far presa sull’elettorato. E di questo è stato ben consapevole Luca Morisi, noto consulente d’immagine e responsabile della comunicazione di Matteo Salvini, grazie al quale motivi di distrazione di massa – capaci di far dimenticare, tra l’altro, la truffa perpetrata a danno dei contribuenti per la cifra non trascurabile di 49 milioni di euro e la successiva favola della restituzione concordata – non sono di certo mancati.
Basti pensare al 2018, alla crociata in stile Pontida condotta dall’allora Ministro dell’Interno e Segretario della Lega con l’ostentazione di simboli religiosi in Piazza Duomo: un rosario agitato tra le mani a un popolo festante che riservò anche dei sonori fischi all’indirizzo di Papa Francesco e parte della Chiesa, nonché al settimanale Famiglia Cristiana il cui direttore titolò: Il rosario brandito da Salvini e i fischi a papa Francesco, ecco il sovranismo. E aggiunse: È nel nostro Paese andato in scena l’ennesimo esempio di strumentalizzazione religiosa per giustificare la violazione sistematica dei diritti umani. Mentre il capopopolo della Lega esibiva il Vangelo, un’altra nave carica di vite umane veniva respinta e le Nazioni Unite ci condannavano per il decreto sicurezza.
Lo stesso Francesco nel settembre di due anni fa, in visita in Slovacchia, ebbe parole dure contro l’ostentazione dei simboli religiosi che in tutta Europa leader politici e anche fedeli fondamentalisti del sacro portano avanti mostrando un’ignoranza di fondo del messaggio evangelico.
Salvini, in prossimità delle elezioni europee che si terranno tra meno di un anno, ha ripreso il tema a lui caro unicamente per far presa su un elettorato in verità culturalmente molto modesto, riproponendo di rendere “ben visibile il crocifisso” nei luoghi pubblici con relative sanzioni in caso di non ottemperanza delle disposizioni. Un modo efficace di guadagnare consensi in quel variegato mondo dei cristiani per tradizione e della domenica. Non solo propaganda, ma un’arma di distrazione di massa per distogliere i cittadini dai disastri sul fronte immigrazione, economia, risorse esorbitanti per sostenere la guerra e l’aumento esponenziale delle vecchie e nuove povertà.
E a proposito di esposizione del crocifisso, come non ricordare don Lorenzo Milani e i ragazzi di Barbiana: Il crocifisso non vi servirà qui. Deve essere nei vostri cuori, non sulle parenti della scuola. Da questo vi riconosceranno. Certo, citare don Milani in questo contesto può apparire blasfemo ma sono sicuro che don Lorenzo mi perdonerà.
A tal proposito, l’improvviso recupero del tema dei simboli religiosi e della difesa della cristianità desta più di un sospetto. La contemporaneità con il grido della Presidente del Consiglio Giorgia Meloni lanciato da Budapest in difesa di Dio dopo l’abbraccio con il collega con cui condivide idee e principi, quel Viktor Orbán che nega ogni possibilità di accoglienza agli immigrati prevista dagli accordi UE e che la Premier finge di non sapere, la dice lunga su una campagna elettorale già abbondantemente cominciata e una competizione che il leader della Lega non intende perdere a favore dell’attuale Premier, oggi avanti nei sondaggi.
Una battaglia a suon di crocifissi, rosari e levata di scudi in difesa di Dio (?). La Giorgia capofamiglia l’ha sparata grossa affinché la sua voce arrivasse fino a Pontida tra corazze, elmi e corna, e l’abbraccio di Matteo Salvini a Marine Le Pen. Certamente non un buon segnale per il governo, e le promesse di fedeltà del Vicepremier notoriamente lasciano il tempo che trovano. Qualsiasi mossa improvvisa non è da escludere anche in considerazione di una diversa linea politica sull’immigrazione che potrebbe creare più di un problema all’esecutivo.
Nel frattempo, Matteo riprenderà confidenza con i rosari, mostrandoli come amuleti. E staremo anche a vedere come si articolerà la difesa di Dio da parte della Presidente Meloni: Ma io all’Onnipotente voglio parlare, con Dio desidero contendere, a parlare non è Giorgia ma Giobbe (libro di Giobbe 13,3).