Non ci sono eventi negativi che il leader della Lega Matteo Salvini non tenti di cavalcare per portare avanti la sua becera propaganda politica e riconquistare un po’ di quel consenso di cui inizia ad avere nostalgia. È quanto avvenuto, ad esempio, poche settimane fa per l’apertura delle indagini a carico di 44 agenti in servizio nel carcere di Santa Maria Capua Vetere, accusati di tortura ai danni di alcuni detenuti. In quell’occasione, l’ex Ministro dell’Interno si era precipitato sul posto per difendere a spada tratta i poliziotti coinvolti e giustificare – ancor prima dell’inizio del processo – il loro operato. Dopodiché, aveva ovviamente deciso di partecipare alla manifestazione indetta dal Sindacato Autonomo di Polizia Penitenziaria per il 25 giugno scorso e di fare uno dei suoi illuminanti interventi.
Presentato come l’uomo a cui dobbiamo molto, che oggi è qui in barba al virus e alle prescrizioni – cosa di cui non andare affatto fieri – e osannato da un gruppo di sindacalisti in maglietta della Lega che gli ha persino dedicato un coro, alla manifestazione Salvini ha iniziato il proprio discorso con uno dei suoi soliti elenchi insensati divenuti oramai celebri meme sui social – la vigilanza dinamica, le lamette, le bombolette, i telefonini infilati dovunque –, per poi concludere con in carcere i delinquenti che sbagliano pagano, non è possibile che a pagare siano sempre i poliziotti. Poche parole eppure così tante inesattezze da far accapponare la pelle, a cominciare dal verbo pagare, utilizzato chiaramente per indicare una punizione che, purtroppo per lui, il nostro sistema penale non prevede tra i fini cui la pena tende. Ma l’avvincente intervento è proseguito promettendo presto un lavoro concreto perché la Lega – testuali parole – non ci metterà molto a tornare al governo, ma contiamo su di voi, così come voi potete contare su di noi.
La vicenda di Santa Maria Capua Vetere, invece, è stata liquidata con un se stanno tranquilli i detenuti, stanno tranquilli anche gli agenti, lasciando quindi sottintendere uno spostamento di responsabilità, come a dire che, se anche fosse accaduto qualcosa, gli agenti sarebbero stati pienamente giustificati. Anche stavolta e come in ogni campagna elettorale che si rispetti, Matteo Salvini non ha perso poi l’occasione per denigrare il Ministro della Giustizia Bonafede, con cui non va d’accordo perché io voglio chiudere – accompagnando le parole con un gesto plateale delle mani a simulare delle chiavi – e lui vuole spalancare. I numerosi problemi della giustizia nostrana e del sistema penitenziario sono così stati risolti in quattro battute dall’ex titolare del Viminale che, però, ha dato il meglio di sé quando ha consigliato ai Garanti dei detenuti di trovarsi un lavoro diverso e di occuparsi di altro.
Non è la prima volta che il leader del Carroccio si scaglia contro tali organismi indipendenti: è accaduto poco tempo fa, quando lui e alcuni sindacalisti di polizia penitenziaria hanno chiesto le dimissioni del Garante campano dei detenuti Samuele Ciambriello poiché, a loro avviso, le sue denunce sui fatti di Santa Maria Capua Vetere erano inopportune. Come se il suo ruolo non richiedesse proprio la segnalazione delle criticità e di eventuali abusi che possono registrarsi negli istituti penitenziari. Ma, evidentemente, Salvini non sa nulla di questo ruolo fondamentale e lo ha dimostrato in particolar modo definendo il Garante nazionale delle persone private della libertà Mauro Palma il garante dei delinquenti. La reazione scomposta del leader della Lega è arrivata in seguito alla relazione in Parlamento dello stesso Palma, che aveva osato chiedere un ripensamento globale delle politiche di gestione delle frontiere, minacciando così i suoi intoccabili Decreti Sicurezza.
«È la conferma che sono decreti fatti bene […] e ad aver bisogno di un Garante non sono detenuti e spacciatori – una categoria sempre comoda da tirare in ballo per ottenere consenso, ndr –ma gli agenti della polizia penitenziaria. Io sono stato scelto dagli italiani, il Garante dei delinquenti da chi è stato eletto?».Il pressappochismo delle sue affermazioni non è solo dimostrazione dell’incompetenza di Matteo Salvini che, tra l’altro, non sa che il Garante – il cui ruolo fondamentale come presidio di legalità abbiamo già avuto modo di sottolineare – non si occupa solo di coloro che hanno commesso un reato bensì di tutte le persone private della libertà. Ripropone, inoltre, il solito schema di opposizione tra detenuti e poliziotti che invece fanno parte dello stesso sistema penitenziario che nel suo complesso la figura del Garante intende tutelare. Non era la prima volta, comunque, che Mauro Palma riceveva attacchi simili, da Salvini o dal sindacato di polizia penitenziaria, che tempo fa aveva addirittura minacciato un referendum popolare per abrogare l’organismo.
«Il 99.99% degli italiani sa da che parte stare tra guardie e ladri, solo qualche radical chic sceglie sempre la parte sbagliata»: così, situazioni complesse come quelle degli istituti penitenziari, del sovraffollamento, delle condizioni inumane per cui l’Italia è stata condannata dalla Corte Europea dei Diritti dell’uomo, sono state ridotte nelle parole di Salvini a un gioco di categorie, a una divisone tra buoni e cattivi e a qualche piccolo oppositore che si è bevuto il cervello. Per sfortuna dell’ex Ministro, però, ci sono ancora molte realtà e singoli che si battono per ottenere un sistema penale realmente rieducativo poiché non dimenticano che coloro che sono detenuti sono uomini i cui diritti vanno rispettati, qualunque sia il reato di cui si sono macchiati.
Probabilmente, il modo migliore di reagire è sintetizzato nelle parole del Garante nazionale: «Una persona che, pur avendo per accidente della vita un ruolo istituzionale, si esprime in questo modo rispetto alle altre istituzioni non merita il commento di chi nelle istituzioni realmente crede».