Il male del secolo. Così l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha definito ansia e depressione, i disturbi psichiatrici più diffusi in assoluto e, purtroppo, in grande aumento. Ancora sottovalutati a causa dell’enorme stigma che persiste intorno al tema della salute mentale, difficilmente queste patologie sono riconosciute come tali, e altrettanto difficilmente ottengono le cure e l’attenzione necessarie.
Secondo le ultime stime, si tratta dei disturbi più diffusi nelle società occidentali e il trend in aumento ha inizialmente fatto credere che fosse stata la pandemia a peggiorare la situazione. Solo un anno fa, infatti, fioccavano i titoli relativi a quanto la salute mentale fosse degenerata a causa del coronavirus, dai disturbi depressivi fino a quelli del comportamento alimentare. Osservando bene i dati si è però notato che la tendenza era in aumento già prima. Sicuramente, il Covid-19 avrà avuto effetti negativi, tra lockdown e ansia per ciò che sarebbe potuto accadere. Ma, probabilmente, i suoi effetti sulla salute mentale saranno realmente visibili solo a lungo termine. Quelli riguardanti ansia e depressione, invece, risultavano evidenti già dagli anni 2015-2017.
Nel 2017, infatti, la depressione era già il disturbo più diffuso nella popolazione italiana, coinvolgendo circa 2.8 milioni di persone. Per quanto riguarda l’ansia, invece, i dati sono, se possibile, ancora peggiori: la distribuzione dei disturbi ansiotici varia in base alle fasce d’età e all’estrazione sociale e coinvolge circa il 10% della popolazione. Da un’analisi anagrafica risulta che le fasce più soggette a tali malattie sono quelle economicamente più svantaggiate e le categorie sottoposte a una maggiore pressione sociale, le donne e i giovani. Ciò che viene fuori da questi dati è la correlazione tra la comparsa di ansia e depressione e il contesto sociale, la costruzione delle nostre società che, evidentemente, contribuisce al peggioramento della salute mentale generale.
In effetti, ansia e depressione sono disturbi tipici dell’Occidente, tendenzialmente ricco e benestante. Tale caratteristica è spesso erroneamente interpretata come un capriccio delle società moderne, nelle quali i cittadini viziati e sostanzialmente deboli si lasciano abbattere da turbe che, essendo mentali, non sono reali. Dietro questa mentalità si nasconde lo stigma che ancora circonda il tema e che ancora considera come meno gravi le patologie che non affliggono il corpo ma i pensieri. È per questo motivo che è stato istituito il mese della salute mentale: ogni anno si approfitta di maggio per sensibilizzare la popolazione riguardo l’importanza della cura della mente, si tenta di approfondire i temi che ruotano attorno ad ansia e depressione, e a sostenere l’importanza della terapia.
Ma mentre i casi aumentano e le cure restano sottovalutate e, soprattutto, stigmatizzate, forse bisognerebbe soffermarsi su quanto l’impostazione della società in cui viviamo sia responsabile di tale tendenza. L’esplosione di questi disturbi, infatti, dipende sicuramente, almeno in parte, dal contesto sociale. Da un lato, nei Paesi in cui esiste un tenore di vita medio alto, difficilmente le persone si confrontano con i problemi riguardanti i bisogni fisici primari – come l’approvvigionamento di cibo o di un posto in cui dormire – e resta più spazio per la comparsa dei bisogni secondari, o per la manifestazione di quei malesseri che altrimenti passerebbero in secondo piano. D’altro canto, però, il trend in aumento registrato negli ultimi anni testimonia quanto sia la società stessa a causare tali disagi.
Quella in cui viviamo – nella parte occidentale del mondo – è una società capitalista mossa dal bisogno di produttività. Il valore delle persone è strettamente collegato alla loro capacità di produrre e performare, di agire, di mostrarsi in qualche modo utili. Questa tendenza risulta sempre più estremizzata, e alla richiesta di iperproduttività non possono che seguire enorme stress e ansia da prestazione, tendenzialmente molto diffuse anche in chi non è considerato un caso patologico. E quando gli standard sono troppo elevati per essere rispettati, è molto facile che quello che viene considerato fallimento sfoci in depressione.
Ciò che oggi viviamo, dunque, la società che ci stiamo costruendo intorno, è la stessa causa dei nostri mali. Eppure, alla salute mentale non è riservata grande attenzione da parte delle istituzioni, che evidentemente non la considerano ugualmente importante alle malattie fisiche da offrire una copertura sanitaria. Ancora oggi, infatti, in Italia l’accesso alla terapia è garantito solo a chi può permettersi cure private. Il supporto gratuito offerto dai consultori non riesce a soddisfare il bisogno dell’intera popolazione: le liste d’attesa del sistema pubblico sono lunghissime e molto spesso permettono di ottenere solo poche visite troppo distanti le une dalle altre, non garantendo quella continuità necessaria per un percorso utile e di qualità. Tale condizione dipende dal fatto che il numero di psicologi assunti dal sistema sanitario nazionale è bassissimo, di gran lunga al di sotto del fabbisogno degli italiani.
Se è lo Stato stesso, dunque a sottovalutare l’importanza della salute mentale e a non incentivarne l’opportuna attenzione, è facile chiedersi come possa farlo la gente comune. Come possano le aziende non richiedere una produttività tale da stressare i dipendenti, come possano le famiglie accogliere le richieste d’aiuto di chi è in difficoltà, e come possano le fasce della popolazione meno agiate permettersi le adeguate cure. Ciò di cui ci sarebbe bisogno, oltre a un investimento del sistema sanitario sulle cure psicologiche e psichiatriche, è un’operazione culturale che contribuisca a destrutturare lo stigma e tutti i malfunzionamenti sociali che causano tali malesseri, oltre a incentivare l’attenzione alla salute nel suo complesso, compresa quella mentale.
Sentiamo tanto parlare di prevenzione, di controlli e screening di routine per prevenire questo o quel male, ma sulla salute mentale non esiste prevenzione. Ciò che vale per la salute del corpo dovrebbe valere anche per il benessere della mente perché, in ogni caso, si tratta di prendersi cura di sé.