Non vi è libertà ogni qual volta le leggi permettono che in alcuni eventi della vita l’uomo cessi di essere persona, e diventi cosa. – Cesare Beccaria, Dei delitti e delle pene
A settembre scorso, scosso e tramortito, il Comune di Lampedusa, isola protagonista da sempre per la sua posizione geografica dei flussi migratori, ha dichiarato lo stato di emergenza. Ha accolto in pochi giorni oltre seimila migranti ai quali non è stata garantita, a livello governativo, la possibilità di trasferimento immediato né di soggiornare nell’hotspot di contrada Imbriacola che ha una capienza di trecentottanta posti.
Lampedusa ha accolto tutti fra le proprie strade, nei propri ristoranti, nelle proprie case. Un’isola di appena venti chilometri quadrati e con seimila residenti si è presa cura di ogni singolo migrante, preparando e donandogli cibo, acqua, vestiario. Una volontaria si è tolta le scarpe per donarle a un ragazzo che non le aveva. Un bambino di soli cinque mesi ha perso la vita durante lo sbarco. Una volta avvenuto il trasferimento di quasi tutti i migranti, la Premier Meloni si è recata sull’isola.
Sono trascorsi sei mesi, pochi giorni fa a largo di Lampedusa c’è stato il naufragio di un barchino, una bambina di quindici mesi risulta dispersa; sua madre, disperata, la cerca. Di quale Pasqua si può parlare, quando un paese che si dichiara civile non ha fra le proprie priorità la tutela della vita umana? Chi può risorgere se qualcun altro muore perché non è stato abbastanza soccorso? Si può davvero costruire una vita sulla morte di qualcun altro? Che vita è?
A ottobre 2013, dopo un naufragio al largo di Lampedusa, costato la vita a 366 persone accertate, era partita l’operazione della marina militare Mare Nostrum, con circa mille militari impiegati e un raggio d’azione molto ampio, per garantire la tutela della salvaguardia delle vite in mare e assicurare alla giustizia coloro che lucrano sui traffici internazionali degli esseri umani. Oltre centomila persone furono soccorse e salvate. A ottobre 2014, l’operazione è terminata ed è stata sostituita da Triton, un’iniziativa dal raggio d’azione molto più ristretto e un costo molto più basso.
Mare Nostrum, dunque, è terminata perché ritenuta dispendiosa. Davvero quando è in ballo la vita umana si pensa al prezzo di tutto al valore di niente? Se l’operazione non aveva risolto il problema dei flussi migratori, era riuscita a salvare delle persone. Dopo le difficoltà emerse a settembre, dopo mesi già complessi, quali tentativi a tutela proprio di queste, delle vite, sono stati fatti?
La bambina di soli quindici mesi risultata dispersa è una fatalità o il frutto di una situazione fortemente prevedibile, in cui chi di dovere è rimasto fermo e zitto senza nemmeno provare a mettere in atto tentativi di salvaguardia per evitare il peggio? Perché un’isola di seimila abitanti riesce a impartire lezioni di umanità e civiltà, dividendo il proprio cibo, la propria terra, la propria acqua con chiunque ne abbia bisogno, e chi avrebbe il potere di soccorrere prima di rischiare di seppellire non lo fa?
Se l’esempio di ogni resurrezione possibile fosse Lampedusa, l’isola ferita, affamata, senza un ospedale, distante dodici ore di traghetto e otto ore di aliscafo dalla terraferma, così distante da tutto e tutti e così dentro tutto e tutti, ma con le porte spalancate per chiunque abbia bisogno di entrare?
In provincia di Brescia, settimana scorsa, alla fermata degli autobus c’è stata una violenta lite fra due ragazze, una quindicenne e una quattordicenne, durante la quale la prima ha accoltellato la seconda. Un gruppo di coetanei ha filmato e postato la scena, il video di questa rissa è diventato virale.
Dunque, fare notizia è più urgente è necessario del provare a prestare soccorso e bloccare l’epidemia di violenza? Se dei minorenni stanno apprendendo questo, forse è la lezione impartita dagli adulti a essere fuorviante e ingannevole. Documentare, fotografare, filmare, diffondere non è, non può e non deve diventare il calpestare gli altri senza ritegno. Documentare è sano per provare a contrastare le ingiustizie con comportamenti giusti, non per determinare altre azioni sbagliate.
Una Presidente del Consiglio che condivide sui social il video di uno stupro forse li legittima. Un paese che paga le armi per alimentare le guerre insegna ad attaccare, non a disarmare. Insegna la guerra, non la pace. Eppure il sacro è nei gesti fatti a bassa voce, rivoluzionari e con l’avventatezza dei cuori che si lanciano oltre gli ostacoli. È da questo tipo di azioni che bisogna partire per smettere di considerare l’uomo qualcosa di irrilevante e restituirgli la dignità di persona.
Qualche giorno fa, a Milano, due fidanzati giovanissimi, infermieri, hanno salvato la vita a uno sconosciuto colpito da arresto cardiaco, in metro, attraverso la pratica della rianimazione cardiopolmonare. Sono questi gesti profondamente civili e umani nella loro apparente semplicità, nel tumulto del quotidiano, a delineare l’essenza e l’importanza di uno sguardo che è stato attento quando avrebbe potuto essere disattento salvando una vita non perché dovesse, ma perché sentitosi coinvolto dal destino di una vita che gli apparteneva e non gli era estranea per il solo fatto di essere una vita umana.
Si risorge in questi gesti qui. La Pasqua vera sono questi gesti qui. La vita di qualcun altro che calpestiamo oggi potrebbe essere la nostra stessa vita che verrà calpestata domani.
Il pescatore Vincenzo Luciano, testimone del naufragio di Steccato di Cutro nella notte del 26 febbraio 2023 e protagonista di manovre e tentativi di salvataggi disperati di esseri umani, interpellato da Niccolò Lupone per Local Team, ha dichiarato di non esser più riuscito a fare il bagno nelle stesse acque che gli hanno restituito novantaquattro cadaveri impigliati nelle reti un anno fa.
Il suo pianto inconsolabile ha la sacralità di chi custodisce, man-tiene e preserva vite ingiustamente spezzate e anima l’inquietudine che non potrà mai placarsi fin quando a ogni essere umano sarà concessa la tutela dell’esistenza e non l’omissione di soccorso che, se ci fosse stato, con un mare forza quattro avrebbe potuto evitare la tragedia.
La vita dell’altro è la nostra stessa vita. Ci appartiene e ci riguarda quanto la nostra. Negarlo ci condurrà alla morte di ogni spirito vitale, senza possibilità di risorgere. Il pianto di Vincenzo Luciano ricorda che per dare valore alla morte bisognerebbe dare valore, prima e sempre, alla vita.
Henri de Régnier ha scritto che la felicità è un dio che cammina a mani vuote. Bisognerebbe ricordarlo ogni volta che la vita diventa un affare e un affare sembra diventare la vita. Bisognerebbe ricordarlo a Pasqua, quando con le parole e con i silenzi armeremo le nostre mani e non le tenderemo. Che forse Pasqua non è in una mano armata ma in una mano tesa. La felicità, o meglio la giustizia civile, potrebbe essere in mani vuote e aperte e non in pugni prepotentemente serrati per violentare l’inviolabile.