È necessario investire ancora di più nell’atto del narrare e trovare nuovi modi per raccontare i nostri significati. Forse è proprio questo il nostro percorso: rimescolare e ricreare le nostre storie finché non troveremo quella che le abbraccia tutte. – Katherine May, Ritrovare la magia
È agosto di un’estate a dir poco rovente. Questa estate, quella che sta per finire. Una donna, appena uscita da un supermercato di Rho, Milano, trova un libro in dono sul cruscotto della propria auto con un biglietto anonimo.
Il testo recita: Ciao, questo libro è per te! Amo leggere, odio buttare i libri e casa mia è piccola, quindi ho deciso di salutarli così. Se non lo vuoi, per favore, non buttarlo, lascialo su una panchina, su un’auto o in metropolitana. Magari qualcuno lo sta già aspettando.
Il libro è Una piccola lavanderia a Yeonnam di Kim Jiyun. Pare ruotare intorno al concetto della gentilezza. Dentro c’è apposto il disegno di un uomo sul molo e una barca sul mare, con la citazione della canzone del cantautore calabrese Brunori Sas, La verità: Te ne sei accorto, sì? Passi tutto il giorno a disegnare la barchetta ferma in mezza al mare e non ti butti mai.
Valeria, la destinataria per caso di questo dono gentile, ha raccontato l’episodio al Corriere della Sera confessando di aver avuto il sorriso sulle labbra per tutto il tragitto dal supermercato a casa sua. È un episodio che senza dubbio stupisce e fa riflettere sulla gentilezza, sul senso del dono e sullo stupore, emozioni umane ormai rare.
La parola stupore deriva dal latino stupor. Il suo significato arcaico indica stordimento o intorpidimento. Quello moderno indica senso di grande meraviglia e incredulità. Forse perché per giungere a meraviglia e incredulità è necessario passare prima per lo stordimento. Intorpidirsi per risvegliarsi. Vivere la normalità, per riconoscere la straordinarietà.
Ma qual è diventata la nostra normalità, filtrata da schermi? Quanto riusciamo a permetterci il diritto alla disconnessione? E perché il nostro stile di vita condizionato e talvolta infestato dalla tecnologia pare escludere il gesto dello stare semplicemente nelle cose?
Anche il famoso dj Bob Sinclair si è mostrato dispiaciuto perché quest’estate, durante le sue serate, nessuno ballava e si divertiva più. Tutti erano impegnati a filmare. Nessuno a vivere. Perché riteniamo una fatica quella di staccarci da cellulari, computer e tablet? Forse è indice di una fatica molto più grande che non riusciamo più a sostenere, ovvero quella del vivere?
Forse la fatica del vivere dovrebbe essere affrontata di più perché comune a tutti, per motivi diversi eppure spesso somiglianti. Immaginate un mondo in cui se ne possa parlare ovunque, senza sentirsi giudicati in alcun modo? Sicuramente non esiste luogo migliore di un libro per fare ciò. Se la vita e il vivere si potessero riscoprire in gesti gratuiti e pieni di significato come quello dell’anonima donatrice?
Se basta così poco, un dono gratuito e pensato, per lasciarsi travolgere da un momento felice, forse è un diritto e ancor più un dovere riallenarsi alla bellezza. Scorgere la grandezza del dettaglio e trascurare la maestosità che spesso e volentieri è solo una cinica maschera.
Realtà e fantasia, dolore e gioia, fierezza e pentimento sono elementi invisibili ma nutrienti per la nostra essenza. Sono lì, su un filo si susseguono, si intrecciano, si donano. E si donano grazie alle loro madri, che sempre li abbracciano: le storie. Ma cosa sono le storie? Da dove vengono e perché ne abbiamo tanto bisogno?
Storia, dal latino historia, significa indagine, ricerca, cognizione. Ma quanto e come hanno conservato e preservato questi significati? Quanto proviamo a cercare il senso, a indagare, ad avere cognizione nella storia nostra e altrui?
Quanto ci riserviamo o, meglio, non ci riserviamo il diritto di disconnetterci per connetterci? Forse abbiamo bisogno di riscoprire il senso del dono per quello che è: puro, incontaminato, senza alcuna pretesa o richiesta di ricevere. Donare per ricevere non è dono. Donare per amore del dono è l’unico senso di questo dare. Il resto è altro e nulla ha a che fare con il dono stesso.
Il dono, quando è puro, leale e reale, arriva dritto senza tergiversare a chi prova a tenere lo sguardo allenato alla bellezza. Pensiamo, pensate quanto poco possa bastare per lasciarsi stupire e immergersi in attimi di felicità. Basta un dono. Un libro. Basta una mano tesa. Non importa per chi. Non importa perché. Ma è tesa e illumina l’intero universo.
La storia dell’anonima lettrice e di Valeria è un frammento di un giorno qualsiasi, ma è anche un viaggio per l’essere umano. Per provare a cogliere il magico nutrimento dell’animo e il suo contrario, il superfluo.