*Contributo a cura di Maria Bianca Russo
La scorsa settimana, durante l’inaugurazione della nuova ambasciata statunitense a Gerusalemme, si è registrato un vero e proprio massacro: sessantasei morti e circa duemila feriti. La cerimonia coincideva con i settant’anni della fondazione dello Stato d’Israele. A tal proposito, abbiamo intervistato Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia, un’organizzazione internazionale no profit che lotta per i diritti umani. Insieme abbiamo cercato di analizzare la situazione in Medio Oriente, prestando particolare attenzione anche alla questione di genere.
Cosa è emerso dal rapporto annuale 2017/2018 di Amnesty International sulla violazione dei diritti umani in Medio Oriente?
«Una situazione catastrofica: due guerre in atto (Siria e Yemen), due “riconquiste” a prezzo elevato per i civili (Mosul e Raqqa), repressione costante della libertà di espressione e di associazione, se non addirittura in aumento, giornalisti e difensori dei diritti umani a rischio. Iran, Arabia Saudita e Iraq fanno registrare oltre il novanta per cento delle esecuzioni capitali note.»
Nel 2017 il governo israeliano ha emanato una legge secondo la quale è negato l’ingresso nel Paese a chi è ritenuto membro, attivista o sostenitore della campagna globale di boicottaggio contro Israele. Può darci qualche delucidazione in merito?
«Sia in Israele sia nei territori occupati palestinesi le autorità sioniste hanno applicato una serie di misure per colpire i difensori dei diritti umani che criticano l’occupazione. A marzo, la Knesset (il parlamento israeliano) ha approvato un emendamento alla legge sull’ingresso in Israele, che impedisce di entrare in territorio israeliano a chiunque abbia dato sostegno o lavorato in organizzazioni che avevano lanciato o promosso l’invito a boicottare il Paese o enti locali, compresi gli insediamenti dei coloni. Ma non basta: le autorità hanno continuato a ostacolare i tentativi degli operatori internazionali per i diritti umani di documentare la situazione, negando il permesso di entrare nei territori anche al relatore speciale delle Nazioni Unite sulla situazione dei diritti umani nei territori stessi. Inoltre, hanno impedito l’ingresso a un componente dello staff di Amnesty International, dopo averlo interrogato in merito al lavoro svolto dall’organizzazione sul tema degli insediamenti israeliani.»
Quello che sta accadendo in Palestina è disarmante. Le decine di morti in seguito all’apertura dell’ambasciata americana a Gerusalemme sono solo un tassello di questo bagno di sangue che dura da circa settant’anni. Cosa pensa in merito?
«Avevamo ammonito che l’irresponsabile decisione del Presidente Trump di spostare l’ambasciata Usa a Gerusalemme avrebbe avuto gravi conseguenze. I fatti purtroppo ci hanno dato ragione: oltre cento palestinesi uccisi durante le proteste dei venerdì, in alcuni casi in quelle che sono apparse come uccisioni mirate e, dunque, ai sensi del diritto internazionale crimini di guerra. Non ci sono attori imparziali che possano favorire il raggiungimento di una soluzione pacifica. Non se ne vedono in vista. Trascorso il cinquantesimo anniversario dall’occupazione, il quadro è sconfortante.»
Femminicidio e violenza di genere: in Italia ogni sessanta ore viene ammazzata una donna. La società patriarcale in cui viviamo ha nette differenze rispetto a quella orientale?
«La differenza è, certamente, nella capacità di reazione e nella possibilità d’incidere sulle scelte delle istituzioni, capacità e possibilità che noi possiamo esercitare pienamente. In Medio Oriente “delitti d’onore” e matrimoni precoci e forzati sono all’ordine del giorno, in un contesto generale di discriminazione istituzionalizzata nei confronti del genere femminile. A fatica, i movimenti per i diritti delle donne in Paesi come Giordania e Libano hanno ottenuto limitati passi avanti.»
Il 22 maggio, in Italia, è stato anche l’anniversario della legge 194 sull’aborto. Nelle strutture pubbliche è cresciuto, però, in maniera esponenziale il numero di medici obiettori. Com’è regolamentato il diritto all’interruzione volontaria di gravidanza in Medio Oriente?
«Amnesty International non ha condotto ricerche esaustive su questo tema. Ciò che posso dire è che, premesso che con alcune eccezioni in quell’area del mondo il diritto delle donne a prendere decisioni libere nel campo sessuale e riproduttivo è scarsamente rispettato e riconosciuto, non esiste un divieto assoluto d’aborto. In alcune circostanze, soprattutto in caso di rischio per la vita della madre, è consentito.»