È da almeno un anno, più o meno da quando era in procinto di nascere il Governo Draghi – e forse anche da molto prima – che fior fior di commentatori, giornalisti e politici pontificano su un presunto fallimento della politica, asserendo che i partiti che ci hanno governato sinora non sono stati in grado di farlo, dunque tocca ai tecnici risollevare le nostre sorti.
Secondo loro, i commentatori, la politica ha fallito per una manifesta incapacità di amministrare la cosa pubblica. Il che, intendiamoci, è anche parzialmente vero, stando ai risultati a cui dal punto di vista economico e sociale siamo giunti da ormai un po’ di tempo. Però, poi, basta fermarsi a leggere le decisioni prese e che poco hanno a che vedere con la res publica – e che, invece, riguardano l’aspetto pubblico e privato nello stesso momento di alcuni nostri rappresentanti – e subito ci capacitiamo di come questo fallimento della politica sia concreto e di come non consista (solo) nella mancanza di strategia o nelle scelte sbagliate, bensì nell’assenza totale di pudore da parte di chi è chiamato ad adempiere al ruolo per cui è stato eletto con disciplina e onore. In parole povere, il totale svergognamento, la consapevolezza di agire secondo uno spirito malato.
È proprio questo che abbiamo provato quando abbiamo letto la decisione della Giunta per le immunità del Senato che lo scorso martedì ha deliberato la proposizione nei confronti della competente autorità giudiziaria di un conflitto di attribuzione dinanzi alla Corte Costituzionale relativamente all’inchiesta Open della Procura di Firenze che vede indagato Matteo Renzi.
Secondo l’impianto accusatorio di 94mila pagine, il senatore di Scandicci avrebbe utilizzato la fondazione Open come una corrente di partito – per intenderci, quella del Giglio Magico – ottenendo dei finanziamenti pubblici che, in quanto tali, non spettano ai partiti politici. Dunque i pm di Firenze Nastasi e Turco ritengono che Renzi abbia violato la legge, facendo apparire il PD, o meglio, una costola del PD, come una fondazione.
Come per ogni attività istruttoria, la procura fiorentina ha utilizzato tutti i mezzi a sua disposizione, tra cui quello delle intercettazioni. E, infatti, dalle mail e dai messaggi rinvenuti è emerso anche il metodo di linciaggio mediatico proposto dal giornalista Rondolino allo stesso leader di IV (Caro Matteo, eccoti un primo appunto sulla struttura di propaganda antigrillina […] Notizie, indiscrezioni e rivelazioni mirate a distruggere la reputazione e l’immagine pubblica di: Grillo, Di Maio, Di Battista, Raggi, Casaleggio, Travaglio e Scanzi, gli scriveva Rondolino poco prima del referendum costituzionale del 4 dicembre 2016).
Ovviamente, l’ex Sindaco di Firenze ha fatto emergere tutta la sua arroganza e la sua spregiudicatezza per accusare i pubblici ministeri di aver violato la legge e le sue prerogative costituzionali, motivo per cui intende portarli dinanzi alla Corte Costituzionale per conflitto di attribuzione tra un organo della magistratura e un parlamentare. E non discutiamo tanto delle sue prerogative e dei suoi poteri, quanto dell’opportunità di compiere un simile gesto: che rappresentante della nazione è quello che attacca un corpo dello Stato, nonché il terzo potere, la cui colpa sarebbe quella di aver usufruito dei mezzi a disposizione per indagare su dei sospetti di reato?
Questo risultato in Giunta, d’altronde, ha confermato ancora una volta le posizioni contigue sulla giustizia tra i parlamentari di Italia Viva e quelli del centrodestra, avendo tutti loro votato compatti a favore del conflitto, con le sole votazioni contrarie dei senatori De Falco e Falco. Ad astenersi, invece, sono stati PD e M5S: al di là della giustificazione di Conte («Il fascicolo, a detta dei parlamentari, era incompleto: di qui l’astensione […]. Posso preannunciare che in Aula potremo esprimere pienamente un voto politico contrario a che questo conflitto arrivi alla Corte Costituzionale»), il rischio per i democratici e i pentastellati è che la loro astensione, in questo frangente, possa essere scambiata come un ignavo gesto di neutralità di fronte a un pieno attacco agli inquirenti.
Il personaggio in questione non è nuovo, lo sappiamo, a queste posizioni berlusconiane sul tema – nello stesso giorno e nella stessa Giunta, IV, Lega e Forza Italia hanno votato contro la richiesta di arresti domiciliari nei confronti del senatore forzista Cesaro indagato per concorso esterno in associazione mafiosa – ma a sorprenderci sono quelli che non si indignano, che si astengono, che fanno passare questo come un voto qualunque: è anche da loro che passa il fallimento della politica. Quello vero, però.