Il palcoscenico è un cerchio magico in cui solo le cose più vere accadono, un territorio neutrale al di fuori della giurisdizione del Fato, dove le stelle possono essere scavalcate impunemente. Un posto più vero e più reale non esiste in tutto l’universo. Con questa citazione di P.S. Baber, scrittore di commedie e romanzi inglesi, possiamo riassumere quello che, seppur in parte, ci accade trovandoci di fronte al Teatro greco di Siracusa. Un palcoscenico diverso da quelli che siamo abituati a vedere, adornati d’oro e d’argento con comodi sedili di velluto rosso, un teatro che mostra la sua origine arcaica risalente alla prima fase del V secolo a.C. Situato all’interno del Parco archeologico della Neapolis, infatti, consente allo spettatore di viaggiare indietro nel tempo per rivivere un’emozione unica, proiettandolo lì, sugli spalti con gli antichi Greci, magari a discutere con loro di qualche opera in atto.
Siracusa ospita sin dalla sua formazione diverse tragedie greche, portando avanti la tradizione da secoli e tramandandola di anno in anno. La città nasce, infatti, nell’antica Grecia, la cui messa in scena era per gli abitanti della Atene classica una cerimonia di tipo religioso con forti valenze sociali. La tragedia, oggi, viene connotata soltanto come opposta alla commedia per il suo finale brusco che preannuncia una morte ma, già durante l’antichità, veniva definita e considerata come l’estensione in senso drammatico di riti ancestrali in onore di Dionisio, dio dell’estasi, del vino, dell’ebbrezza e della liberazione dei sensi. Come tale, infatti, fu tramandata fino al Romanticismo che riaprì una discussione sui generi letterari già affrontata da molti letterati e pensatori, fra i quali ricordiamo Aristotele nella Poetica. Il filosofo, infatti, trattò con garbo il concetto, affermando che essa – così come la commedia prima che fosse istituita una riforma del teatro – nascesse dall’improvvisazione, ossia dal mettere in scena ciò che in quel momento potesse apparire pertinente e reale ma, soprattutto, potesse preservare un finale prettamente negativo. All’inizio, quindi, le rappresentazioni furono brevi e dal tono burlesco poiché contenevano elementi satireschi, ma con il passare del tempo i tragediografi iniziarono a fornire una struttura più concreta all’opera, una tragedia vera e propria, tale che richiamasse lo spirito più popolare dei riti e delle danze dionisiache.
Come afferma il grecista e il filologo classico italiano Gennaro Perrotta, il problema dell’origine della tragedia non appartiene alla storia della letteratura greca poiché per essa comincia soltanto con Eschilo che, insieme a Sofocle ed Euripide, è riconosciuto come uno dei più grandi autori di drammi. Tuttavia, sappiamo che non esiste una tragedia prima della tragedia e il problema dell’origine è proprio la preistoria. Ed è quest’ultima a fornire al genere il suo fascino, il sapore di antichità che tutt’oggi assaporiamo mediante le rappresentazioni che quest’anno, sull’isola, saranno messe in scena per la 55esima volta. Fu lo scrittore Vivan Denon nel 1778 in Voyage en Sicilie a fornirci un’immagine vivida e reale del teatro siculo, esprimendosi attraverso una frase breve racchiudente una minuziosa descrizione: Malgrado lo stato di abbandono, resta tuttora uno dei più bei posti del mondo ed offre lo spettacolo più grandioso e più pittoresco che ci sia.
Gli spettacoli messi in scena, infatti, tendono sempre a tradursi in passioni, contenendo in sé un vero e proprio significato morale e attraendo il pubblico mediante le loro gesta. Quest’anno, il ruolo cardine è quello della figura femminile – poco presa in considerazione in passato all’interno delle rappresentazioni teatrali, tant’è che la donna veniva spesso interpretata dagli uomini – che rivela l’insensatezza della guerra mediante un grido di rabbia e di dolore. In particolare, il teatro di Siracusa, per questa edizione, alterna due tragedie di Euripide: Elena e Le Troiane, mentre dal 28 giugno al 6 luglio sarà messa in scena una commedia di Aristofane, Lisistrata. Spettacoli ai quali si potrà assistere tutti i giorni a esclusione del lunedì considerato il giorno di riposo.
I biglietti possono essere acquistati in loco, prima della manifestazione, al costo di 32 euro per i posti non numerati e di 65 euro per quelli principali al fine di assistere al meglio alla rappresentazione. Per gli spettatori stranieri, inoltre, è possibile noleggiare al botteghino un audio-trasmettitore con traduzione in lingua inglese.
I secoli passati all’interno del Teatro greco di Siracusa sembrano continuare a parlare e a parlarci. Attraverso l’atmosfera suggestiva in cui il palcoscenico è avvolto, quindi, ci permette di scoprire il carattere forte di un’epoca passata, quello della donna che soffre in vista della guerra, le sue dolorose speranze e passioni che la rendono, seppur in veste antica, ancora oggi attualissima. Come affermava Vittorio Gassman, infatti, il teatro è una zona franca della vita, lì si è immortali.