Raccontare in modo veritiero dell’adolescenza non è affatto facile. Diversi sono gli scrittori che nel corso dei secoli hanno cercato di farlo, chi ponendo l’accento sui primi innamoramenti, chi sulla sensazione di inadeguatezza che si prova nel vedersi cambiare, chi ancora sulle difficoltà che si iniziano a riscontrare nel pensare all’incertezza del futuro. Tuttavia, molti dei letterati, per narrare di questo periodo così complicato, hanno spesso deciso di provarci attraverso gli occhi di ragazzi popolari che partecipano a feste e vivono drammi amorosi o attraverso adolescenti disperati e dannati che per scappare dai loro problemi familiari si danno al consumo di alcool e droga. Ma cosa succede se a essere descritta è l’esistenza di quel ragazzo che alle feste fa da tappezzeria, che più che vivere la sua vita osserva quella degli altri? A catturare questo punto di vista ci ha pensato nel 1999 lo scrittore Stephen Chbosky con il suo libro Ragazzo da parete, riedito nel 2012 con il titolo Noi siamo infinito.
Protagonista di questo volume tanto discusso da essere stato proibito in alcune scuole americane e inserito dalla American Library Association dal 2006 al 2008 tra i testi più contestati è Charlie, un ragazzino di 13 anni che sta per cominciare le superiori e che da pochi mesi convive con un trauma terribile: il suicidio del suo migliore e unico amico, Michael. Tranquillo, solitario e riflessivo Charlie è diverso dagli altri ragazzi che lo circondano: per lui è difficile stringere legami a causa di quella timidezza che per i The Smiths può impedirti di fare tutte quello che ti piacerebbe fare nella vita. Amante dei buoni libri e della bella musica, il tredicenne si racconta pagina dopo pagina attraverso una serie di lettere che invia a un ragazzo che non conosce, ma cha ha sentito dire che è uno che ascolta e che capisce.
Nelle sue epistole indirizzate all’anonimo Caro amico l’adolescente racconta dell’incontro con Patrick e la sua sorellastra Sam, dei primi batticuori, della scuola, del suo amore per la lettura, del rapporto con i fratelli, ma soprattutto della solitudine incolmabile che prova, che lo paralizza, che lo fa sentire inadeguato e per questo gli impedisce di partecipare alla vita, trasformandolo nel ragazzo che alle feste semplicemente resta a guardare quello che succede addossato a un muro.
Ricco di citazioni musicali che diventano una vera e propria colonna sonora, Ragazzo da parete si presenta come un libro che riesce a raccontare in maniera veritiera e vibrante il periodo adolescenziale. Lo stile che cambia insieme a Charlie, passando dall’essere semplice e schietto a complesso e forbito anche grazie alle letture e ai saggi che il professore Bill gli assegna, riesce a catturare perfettamente ogni sfumatura di gioia, ansia, paura e dolore di cui è fatta la vita del protagonista, rendendo il testo crudo, con il riferimento all’uso di droghe e alcool o al sesso, e delicato allo stesso tempo.
Utilizzando una forma tanto antica quanto quella del romanzo epistolare, Stephen Chbosky è riuscito a creare un’opera che risulta attuale a qualunque età la si incontri perché, che si abbiano 14, 22 o 35 anni, quando si leggono le parole di Charlie non si può non ritrovare qualcosa di se stessi, accorgendosi che se da un lato è il ragazzino che si sta raccontando, dall’altro non sta facendo altro che raccontare la storia dei nostri sentimenti.