Gli esercizi di stile rappresentano un episodio di vita quotidiana, un testo strutturato senza un ordine preciso, nel quale vengono utilizzate figure retoriche, parodie di generi letterari come l’ode e comportamenti linguistici di ogni giorno, tra cui il volgare e l’ingiurioso.
Uno sconcertante “esercizio” che vede un episodio banale, ripetersi per novantanove volte, una storia che muta grazie a un utilizzo della lingua che va dall’epico al drammatico, dal racconto gotico alla lirica giapponese. Il gioco è semplice: ci sono sostituzioni lessicali, la sintassi viene frantumata completamente, non vi è più un ordine preciso delle lettere alfabetiche, ma qualsiasi regola viene stravolta con effetto comico.
Sembrerebbe quasi un rompicapo enigmistico, in realtà è anche un manifesto letterario anti-surrealista che racchiude in sé frammenti autobiografici e sogni che Raymond Queneau ha realmente fatto. Esercizi di stile, pubblicato da Gallimard nel 1947 e poi da Einaudi nel 1983 con l’eccezionale traduzione di Umberto Eco, è considerato un libro unico nel suo genere per il suo approccio contemporaneamente giocoso e accademico, esplorando una realtà linguistica e sociale che segue regole precise, ma che si presenta anche piena di paradossi, diventando un linguaggio nuovo da scoprire.
Il tutto inizia con le Notazioni: Sulla S, in un’ora di traffico. Un tipo di circa ventisei anni, cappello floscio con una cordicella al posto del nastro, collo troppo lungo, come se glielo avessero tirato. La gente scende. Il tizio in questione si arrabbia con un vicino. Gli rimprovera di spingerlo ogni volta che passa qualcuno. Tono lamentoso, con pretese di cattiveria. Non appena vede un posto libero, vi si butta. Due ore più tardi lo incontro alla Cour de Rome, davanti alla Gare Saint-Lazare. È con un amico che gli dice: «Dovresti far mettere un bottone in più al soprabito». Gli fa vedere dove (alla sciancratura) e perché.
Da qui in poi gli esperimenti lessicali si moltiplicano, creando una realtà dalle mille sfaccettature, un episodio che si ripete sì novantanove volte, ma tutte diverse, dove il caos e l’ordine regnano, dove tutto può essere visto e letto sotto tantissimi punti di vista. Un gioco che continua ancora e ancora, assorbendo completamente il lettore in un labirinto senza via di uscita perché si tratta di un gioco, appunto, dalle interpretazioni e dalle possibilità infinite.
L’esercizio di stile stimola la mente, spinge il lettore a creare altri mondi nel quale la piccola storia si ripete, ma in modo ancora differente, e lancia la sfida, propone di mettersi alla prova:
– Purgatorio –
È una giornata strana. Mezzogiorno. Eppure una nebbia leggera avvolge la fermata. Nuvole di cielo. Quanti diavoli sono saliti. Altrettanti ne sono scesi. L’odore di inferno aleggia nauseabondo sull’S. Lo sguardo si blocca. Un angelo dal collo lungo e dalle vesti strane discute con un abominio dal ghigno malefico. La luce non trionfa e l’angelo va via. Limbo. Anime che vagano senza meta. Lazzaro si alza e cammina. Incontra l’angelo dalle vesti strane. Un consiglio sussurrato. Un cenno dato. Poi diretti al Paradiso.