Un gruppo di parlamentari di Fratelli d’Italia ha presentato una proposta di legge a prima firma del deputato e vicepresidente della Camera Fabio Rampelli in materia di disposizioni per la tutela e la promozione della lingua italiana e istituzione del Comitato per la tutela, la promozione e la valorizzazione della lingua italiana. Il grande escluso prima dal governo e poi dalla candidatura a presidente della Regione Lazio, dopo aver effettuato un’attenta analisi sul numero di vocaboli anglofoni usati nel quotidiano, ha assicurato di portare avanti l’iniziativa che prevede multe dai 5mila ai 100mila euro per chi, nella Pubblica Amministrazione, utilizza termini in inglese.
Una proposta piuttosto discutibile per un governo che ha istituito, tra gli altri, il Ministero delle Imprese e del Made in Italy. Quindi, a legge approvata, occorrerà decidere l’entità della sanzione da notificare al Ministro Adolfo Urso e della doppia sanzione alla Presidente del Consiglio che ha istituito il dicastero e che nel corso dell’intervento al Vinitaly di Verona ha annunciato di voler dar vita anche a un liceo con lo stesso nome. Multe ci si augura a carico degli interessati e non dei contribuenti.
Sanzioni certamente da applicare anche agli organi di informazione, nel caso di ampliamento della platea, che nel dubbio se utilizzare l’articolo al femminile o al maschile riferendosi a Giorgia Meloni hanno deciso di adottare il termine Premier. Quindi via personal computer, tablet, email, online, wireless, web, speaker, meeting, feedback, badge, brand, cash, import, export, report, ticket, ecc. entrati ormai nel linguaggio comune. Niente più question time della Presidente del Consiglio alla Camera e multa anche al suo Ministro della Difesa Crosetto che sul sito ufficiale del dicastero, aggiornato allo scorso giorno 8 febbraio, riporta: L’Organismo Indipendente di Valutazione della performance (O.I.V.), disciplinato dal Decreto legislativo 27 ottobre 2009 n. 150 […].
L’iniziativa è stata bocciata anche dall’Accademia della Crusca: La proposta di sanzionare l’uso delle parole straniere per legge, con tanto di multa, come se si fosse passati col semaforo rosso, rischia di vanificare e marginalizzare il lavoro che noi, come Crusca, conduciamo da anni allo scopo di difendere l’italiano dagli eccessi della più grossolana esterofilia, purtroppo molto frequente. L’eccesso sanzionatorio esibito nella proposta di legge rischia di gettare nel ridicolo tutto il fronte degli amanti dell’italiano.
La stessa Accademia riguardo all’uso dell’articolo maschile o femminile e a quanto contenuto nella lettera a firma del Segretario Generale della Presidenza del Consiglio inviata a tutti i Ministeri su disposizione della stessa Presidente – che recita testualmente: Per opportuna informazione si comunica che l’appellativo da utilizzare per il Presidente del Consiglio dei Ministri è: “Il Signor Presidente del Consiglio dei Ministri, On. Giorgia Meloni – pur non ritenendo nulla di strano il volere di Palazzo Chigi, puntualizza che l’articolo migliore per chiamare Giorgia Meloni sia il femminile, l’Accademia della Crusca ha sempre usato il femminile, e questo vale per qualsiasi tipo di presidente nel caso sia donna. La scelta del maschile è un ritorno al passato perché risponde a un’ideologia conservatrice. Ideologia conservatrice di cui la Presidente è gelosa custode in tutte le sue espressioni, in buona compagnia anche della seconda carica dello Stato e non solo.
Vale la pena ricordare che sia la proposta di legge che la lettera risalgono ad appena poche settimane successive all’insediamento del nuovo governo, provvedimenti ritenuti incomprensibilmente prioritari per il bene del Paese. Vedremo se l’iniziativa dei parlamentari di Fratelli d’Italia seguirà la stessa sorte del Ponte ancora una volta annunciato o resterà nei cassetti ormai colmi di buoni propositi.
Si ha l’impressione che la Presidente Meloni sia come colta di sorpresa da dette iniziative che non sembra gradire del tutto. Proposte e annunci che sanno più di propaganda dei singoli che sgomitano per ricordare all’opinione pubblica di esistere, di contare in una coalizione non proprio coesa sul piano sostanziale, con una leader che tiene non poco alla sua immagine e che non consentirà mai di essere messa all’angolo o apparire come figura di secondo piano, in particolar modo in questo periodo a rischio di perdere risorse del PNNR tanto decantate e dopo le improvvide dichiarazioni di resa di un altro suo Ministro, chiamato dalle opposizioni a riferire in Aula, che nel frattempo si è affrettato a mettere qualche toppa.
È tempo di affrontare i temi che contano, correre ai ripari dai disastri che questa guerra in corso, in cui siamo totalmente coinvolti, sta provocando a danno di famiglie e imprese. I dati del rapporto pubblicato in queste ore dall’ENEA non sono per niente confortanti: il prezzo del gas è aumentato del 57%, i consumi di energia calati del 3%, le emissioni di anidride carbonica cresciute dello 0,5%, il costo medio dell’energia elettrica cresciuto del 100%.
Vadano in malora le proposte e le puntualizzazioni che non interessano quanti non sanno più come mettere un piatto a tavola e in particolare per coloro che fra qualche giorno non percepiranno neanche più il reddito di cittadinanza. Perché per questo governo questi sono i problemi che affondano il Paese.