PIL stabilmente in crescita, fino all’1.7% – meglio anche della Germania –, disoccupazione ai minimi degli ultimi dodici anni, deficit pubblico al punto più basso dalla rivoluzione dei garofani del 1974. Sono questi e tanti altri gli ingredienti che fanno del Portogallo una delle nazioni meglio amministrate d’Europa, il Paese più ambito dal nuovo mercato globale, la meta turistica tornata prepotentemente in cima alle preferenze dei viaggiatori del Vecchio Continente. Non c’è da sorprendersi, dunque, se domenica il popolo lusitano ha confermato in maniera schiacciante la sua fiducia al Premier Antonio Costa, con il 36.7% dei voti, oltre il 52% se si considerano anche gli altri partiti della sinistra che componevano la maggioranza uscente.
Quando quattro anni fa il Partito Socialista si alleò con Bloco de Esquerda e il Partito Comunista Portoghese, in piena crisi finanziaria e con lo Stato appena salvato dal baratro dall’intervento della Troika, nessuno avrebbe scommesso sulla durata della coalizione, tantomeno sul successo delle sue politiche sociali. Oggi la situazione è del tutto capovolta e gli investitori sono tornati a guardare a Lisbona come una terra florida di opportunità.
La stabilità politica, essenziale per la credibilità internazionale del Portogallo, si è basata su manovre d’intervento che hanno compattato la popolazione e messo d’accordo l’opinione pubblica. Antonio Costa ha ristabilito la tredicesima tagliata dalle precedenti necessità di austerity, reintrodotto gli scatti d’anzianità per i dipendenti pubblici e cancellato la sovratassa sui redditi personali, abbassando anche l’IVA al 13% per gran parte dei prodotti alimentari. La battaglia che al Premier va riconosciuta con maggior merito, però, è la raccolta fiscale, aumentata in maniera importante sotto la sua gestione. A questa hanno fatto seguito, poi, l’aumento del salario minimo garantito – seppur resti drammaticamente basso, a 580 euro mensili – e l’abbassamento dell’età pensionabile per i dipendenti statali.
Meta ambita dai vecchietti italiani (e non solo), grazie a una legge che prevede la detassazione delle pensioni per gli over 65 per ben dieci anni, il Portogallo gode di una buona qualità della vita a un costo decisamente più basso di qualunque altra nazione tra le principali protagoniste dello scacchiere dell’Unione Europea. Arte, storia, cultura, spiagge incantate e ottimo cibo, non è certo un caso se alcuni dei brand più autorevoli del mercato globale hanno deciso di puntare sulla patria dei più grandi esploratori del mondo: dalla Mercedes, Microsoft, Zalando, Siemens, fino a Google, decine di multinazionali hanno inaugurato le loro sedi nel Paese, creando migliaia di posti di lavoro e opportunità per i giovani laureati.
Certo, non tutto è oro quel che luccica, dunque anche Lisbona deve fare i conti con i problemi che saranno al centro della prossima agenda di governo del Primo Ministro. Ci sarà, innanzitutto, da far ripartire le opere pubbliche, così come sarà obbligatorio migliorare i servizi, dalle scuole alla sanità, passando per i trasporti, con il parco macchine lusitano da rinnovare anche in termini di sicurezza e puntualità. L’aeroporto della capitale, inoltre, necessiterà di un importante lavoro di espansione, sia in termini di spazi che di prestazioni. La crescente domanda di voli per la città ne ha messo a dura prova l’efficienza e le stime del traffico da e per il Portogallo impongono investimenti importanti. Non in ultima battuta, Costa dovrà affrontare il delicato tema della turistificazione a cui, come già accade in Spagna, in Italia e in Germania, è associato un vertiginoso aumento dei prezzi del mercato immobiliare.
Roma però non si è fatta in un giorno e mentre la capitale d’Italia sprofonda sotto cumuli di immondizia e continue beghe giudiziarie, Lisbona ispira fiducia ai suoi tanti abitanti. Non a caso, in Portogallo il partito populista non ha senso di esistere. «Con me i portoghesi sanno che non ci saranno né radicalismo né ritorni indietro». La sfida elettorale vinta da Costa ha, infatti, avuto come protagonisti unicamente i partiti di destra e sinistra, con la frangia estrema rossa che determinerà le sorti anche della prossima legislatura.
La condizione politica del Portogallo sembra essere un monito proprio al nostro Paese, un insegnamento, però, che la classe dirigente italiana non sembra voler ascoltare. La sinistra, come lo Stato iberico dimostra, governa e governa bene senza scindersi continuamente, unendosi nelle battaglie sociali, lavorando su quelli che sono i temi vicini al mondo del lavoro e degli ultimi. Non a caso, anche sui diritti civili il Portogallo ha anticipato l’Italia sia in materia di adozione per le coppie omosessuali che nel dibattito per il fine vita. Una sinistra credibile è il miglior antidoto allo scetticismo verso le istituzioni e, dunque, alla propaganda populista o ai venti di estrema destra.