Il dolore bussa a molte porte, in tanti giovani cresce l’insoddisfazione per mancanza di reali opportunità, la speculazione abbonda ovunque. Si specula sul lavoro, sulla famiglia, sui poveri, sui migranti, sui giovani. Questi sono tempi in cui tutto sembra ridursi a cifre, lasciando che la vita di tante famiglie si tinga di precarietà.
Sono parole che, in tempi diversi da quelli che viviamo, era consuetudine ascoltare dai grandi leader della sinistra e da quella parte del cattolicesimo militante degli anni di Giorgio La Pira, Dossetti o di Aldo Moro – che pagò con la vita le sue scelte politiche, massacrato come una bestia e fatto ritrovare nel cofano di una Renault rossa – la cui morte resta tra i più grandi misteri di questo Paese.
Parole che neanche le sollecitazioni di Nanni Moretti, in un suo celebre film, riuscivano a cavar di bocca a un D’Alema mummificato al cospetto dell’astro nascente della politica italiana Silvio Berlusconi: D’Alema di’ una cosa di sinistra, di’ una cosa anche non di sinistra, di civiltà. D’Alema di’ una cosa, di’ qualcosa, reagisci!, una sollecitazione alla sinistra pietrificata nei giorni del ventennio dell’ex Cavaliere.
In quegli anni era necessario, come ultima ratio, abbeverarsi al verbo colto e talvolta incomprensibile di Vendola per volare un po’ più alto nel pensiero della sinistra, incamminatasi in un declino dovuto alla ormai storica frammentazione, conseguenza anche di quella che Veltroni ben sintetizzò nella grande capacità di tagliare a uno a uno i rami dell’albero su cui si era seduta.
Il crollo definitivo di quella forza politica, con il 70% conquistato alle primarie da Matteo Renzi, ha sancito – ove mai ce ne fosse stato bisogno – la natura stessa di un partito che progressivamente ha preferito spostare il suo asse di interesse su ben altri binari, ambienti e categorie, deludendo il suo elettorato storico consegnato nelle braccia di improbabili custodi della tradizione comunista e di avventurieri e sprovveduti salvatori della Patria dalle grandi qualità oratorie, rappresentanti del nuovo che la politica offre sul mercato.
Per trovare quelle parole non solo nei contenuti di qualche discorso politico ma, anche, nell’applicazione pratica di solidarietà, accoglienza, attenzione a emarginazione e povertà, occorre andare in alcune realtà locali come Napoli, Palermo e in altri piccoli comuni, realtà che potrebbero rappresentare la differenza, la novità per una politica come servizio alla speranza individuale e collettiva, quale passione civile, come amava ripetere Giorgio La Pira.
Il dolore bussa a molte porte, in tanti giovani cresce l’insoddisfazione per mancanza di reali opportunità, la speculazione abbonda ovunque. Queste le parole e il pensiero ormai costante e ripetuto in più occasioni e ovunque dall’uomo che oggi meglio interpreta il disagio, il dolore degli ultimi, Papa Francesco, che a fatica coniuga pensiero e concretizzazione dello stesso.
La politica, quella che non fa fatica a unirsi al coro dell’intolleranza e dell’esclusione, cavandone benefici per alimentare quelle percentuali che consentono sopravvivenza e spazi di potere, fa leva sull’ignoranza e sull’egoismo della gente che alle parole di Bergoglio preferisce le invettive dei Salvini e i bei discorsi, non sempre in corretto italiano, dei Di Maio.
Una politica come servizio alla speranza individuale e collettiva senza la quale questo nostro amato Paese non riuscirà mai a risollevarsi rimanendo nel pantano in cui una classe politica da troppi anni l’ha relegato.