Il Gabibbo, Berlusconi con la bandana, ex presidenti della Camera che conducono programmi di chirurgia estetica, veline promosse ministri, ministri promosse veline, parlamentari all’Isola dei Famosi, Giorgia Meloni versione manga, Virginia Raggi vestita da gladiatrice: cosa hanno in comune tutte queste immagini? Un unico concetto: la politica pop.
Politica Pop è il titolo di un libro di Mazzoleni e Sfardini che racconta il matrimonio tra politica e cultura di massa. Un matrimonio strano, come quello tra Maurizio Costanzo e Maria De Filippi. Eppure, come quello dei due conduttori, anche questa unione regna suprema sui media. È la grammatica dell’intrattenimento che ha riscritto la politica: tutto ciò che era noioso e serio andava riconfezionato in un pacchetto leggero, sbrilluccicante e glamour. C’è chi chiama questo mix politainment, io qui in Italia lo chiamerei in un altro modo: berlusconizzazione.
Perché, quando penso alla politica pop, c’è un unico viso che mi appare in mente. Il viso che per la prima volta ha lanciato in Italia quel bel miscuglio di scandalismo, gossip, politica-spettacolo, veline e comicità tanto appetibile alle masse. Proprio lui, l’ex Cavaliere. L’uomo che ha fatto dei media il suo parco giochi. L’uomo che ha introdotto la personalizzazione della politica nel nostro Paese. Sappiamo tutti l’influenza che Mediaset ha avuto sulla creazione del suo personaggio, ma non sottovaluterei i mitici giornaletti patinati che si impilavano nei tavolini dei parrucchieri.
Ad esempio, sapevate che il settimanale Chi ha avuto un ruolo chiave nelle elezioni del 2013? Berlusconi ha lanciato proprio lì la sua candidatura, in un articolo in cui proclamava: «Aboliremo l’IMU ed Equitalia». L’articolo passava, poi, al corpo del leader di Forza Italia: Fa jogging tutte le mattine. […] Dimagrito di cinque chili e con l’intenzione di perderne entro fine estate altri otto, consapevole del grande lavoro ancora da fare, ma tonico, combattivo, di ottimo umore e forte dei sondaggi a lui favorevoli.
Da lì in poi, tutti i politici hanno concordato almeno una volta un servizio sulla rivista. E lo fanno ancora oggi: Renzi e Salvini si sono giocati un sacco di “paparazzate” in spiaggia con le mogli e le fidanzatine. Dopotutto, il beneficio è mutuale: la rivista ha sempre nuove personalità e personaggi da creare, e il politico raggiunge fasce di elettorato che sarebbero normalmente distanti da certe questioni. I leader diventano celebrity, l’attenzione alla dimensione privata diventa morbosa:
Dove andrà Conte a capodanno, Courmayeur o Cortina?
Matteo Salvini, chi è la fidanzata Francesca Verdini?
Il barista di Draghi: ecco cosa prende ogni mattina.
Per Anna Maria Bernini, farsi fotografare mentre fa shopping è un modo per risultare più simpatica e vicina alle donne comuni, per ironizzare sul suo stile da Il Diavolo veste Prada e diventare meno “aliena” al pubblico. Piccoli frammenti di quotidianità che ci rendono più intimi. Insomma, se a Gaetano Manfredi post-elezioni chiedono se davvero è tifoso della Juventus, non dobbiamo sorprenderci. Si fa da tempo, ed è ben accetto.
Ma la televisione e i giornaletti settimanali sono in declino. Allora che fare per connettersi meglio al pubblico? Semplice, sfruttare i meme. È proprio questo il nuovo campo di battaglia della politica pop. Per gli amici boomer: i meme sono immagini satiriche basate su un cinismo profondo e un sarcasmo pungente, capaci di una viralità inaudita. E sono grado di orientare il discorso intorno a un candidato o a un tema specifico con una sola immagine. Ormai, li usano pure i talebani. Ci vuole un po’ di autoironia per sfruttare questo mezzo, ma i risultati sono garantiti, nel bene o nel male.
La figura politica che più l’ha capito è Giorgia Meloni. Tra Meloni-chan, video in cui fa la pescivendola e foto in cui cavalca draghi e ruspe, la cara Giorgia diventa virale ogni mese. L’antifona l’ha capita grazie a Io sono Giorgia, il remix diventato tormentone nel giro di pochissimo. Nato come sfottò dei messaggi nazionalisti e conservatori della Meloni, il motivetto ha perso presto il suo intento polemico ed è diventato un’ottima alternativa alle paparazzate della rivista Chi.
Attenzione mediatica assicurata, polarizzazione dell’opinione pubblica in chi-la-ama e chi-la-odia, svecchiamento del personaggio: la leader di Fratelli d’Italia è riuscita a replicare gli stessi ingranaggi innescati da Berlusconi all’inizio della Seconda Repubblica. Sul Corriere della Sera, la Meloni ne ha parlato: «Pure le mie nipoti lo ballavano. Di punto in bianco è come se il mondo si fosse accorto delle cose che dico. Persone che non ti ascoltavano, oggi lo fanno. Se finisco in un remix – anche se montato per contestare le mie idee – in fondo significa che ho qualcosa da dire, no?».
Insomma: nel bene o nel male, purché se ne parli. Una frase di Oscar Wilde, ma attribuita a Mussolini durante il Grande Fratello Vip. Quale migliore riassunto di questo articolo. Il punto è che non c’è differenza tra Striscia la notizia e Intrashtenimento, tra meme e Ballando con le Stelle: solo una soluzione di continuità. Prendo in prestito le parole di uno degli sceneggiatori di Boris per sintetizzare:
«È la locura, René, la locura. […] il peggior conservatorismo che però si tinge di simpatia, di colore, di paillettes. In una parola, Platinette. Perché Platinette, hai capito, ci assolve da tutti i nostri mali, da tutte le nostre malefatte. […] Questa è l’Italia del futuro: un paese di musichette, mentre fuori c’è la morte. Questo che devi fare tu: “Occhi del cuore” sì, ma con le sue pappardelle, con le sue tirate contro la droga, contro l’aborto ma con una strana, colorata, luccicante frociaggine. Smaliziata e allegra come una cazzo di lambada. La locura Renè, è la cazzo di locura. Se l’acchiappi hai vinto».