Sono più di mille i morti sul lavoro nei mesi tra gennaio e novembre del 2022: questi i primi numeri sul fenomeno diffusi dall’Inail e che, seppur suscettibili di correzioni con i dati dell’ultimo mese dell’anno, oltre che in ragione degli episodi effettivamente confermati dall’istituto, ci forniscono già un riscontro drammatico. Più di mille persone sono uscite per recarsi a lavoro e non hanno più fatto ritorno a casa, molto spesso perché le condizioni in cui svolgevano le proprie mansioni non erano sicure, e datori di lavoro senza scrupolo hanno approfittato della mancanza di controlli e del disinteresse dello Stato. Turni logoranti, attrezzature obsolete, disprezzo di ogni norma di cautela e turni troppo lunghi che hanno causato anche incidenti in itinere.
Se i dati in assoluto sembrano essere inferiori rispetto alle vittime registrate nel 2021, bisogna considerare che lo scorso anno sono state numerosissime le denunce per morti da Covid-19, mentre se si conteggiano i soli decessi non legati alla pandemia, questi sono aumentati del più del 30%. A dimostrazione della drammaticità del fenomeno, le stesse denunce di infortunio, anche non mortale, sono aumentate di quasi il 30% rispetto allo stesso periodo del 2021 e si è registrata la nuova insorgenza di numerose patologie di origine professionale. Gli aumenti riguardano quasi tutti i settori produttivi e le zone territoriali italiane, anche se con picchi in alcune regioni del Sud come la Campania.
Nell’anno appena concluso anche giovani vite sono state stroncate e non avrebbero dovuto trovarsi neppure a lavoro, in un’età in cui non si dovrebbe conoscere fabbrica né pericolo. Se non si vivesse in una società come la nostra, che ha come unico fine quello del guadagno e della produttività. Se minori che dovrebbero essere tra i banchi di scuola non si trovassero a prestare la propria manodopera gratuitamente per la vergognosa alternanza scuola-lavoro, per ottenere crediti o una formazione che dovrebbero avere in ben altri modi. Di fronte a tutto questo, i rappresentanti politici non sanno fare altro che voltarsi dall’altra parte, tranne che nelle occasioni in cui, con false parole di cordoglio, non devono presenziare su inutili passerelle.
Intanto, i bonus dell’edilizia introdotti durante il periodo pandemico hanno comportato un notevole incremento dei cantieri (almeno centomila cantieri aperti in più per il solo superbonus), a cui non è corrisposto un adeguato aumento dei controlli sulle condizioni di sicurezza. Infatti, nonostante le nuove assunzioni di ispettori del lavoro registrate nell’ultimo anno, esse non saranno sufficienti a garantire un numero adeguato di controlli, considerato anche che i compiti degli ispettori si sono ampliati, ricomprendendo anche una parte delle competenze prima affidate alle aziende sanitarie territoriali, oltre ai soliti controlli sulla regolarità dei contratti, il pagamento dei contributi o delle assicurazioni obbligatorie.
La necessità di un più capillare controllo e di maggiori investimenti nel settore della sicurezza è chiara se si guarda ai risultati delle visite ispettive effettuate negli ultimi anni, durante i quali in media l’80% delle aziende controllate non è risultato in regola. La consapevolezza che i controlli possono avvenire sempre con minore frequenza – si è registrato un calo considerevole durante la pandemia sia in ragione delle limitazioni agli spostamenti sia a causa della minore disponibilità delle aziende sanitarie per effettuare i controlli di propria competenza – spinge i datori di lavoro, in particolare nelle piccole e medie imprese, a utilizzare attrezzature obsolete che possono rivelarsi pericolose e a investire sempre meno per il rispetto delle normative sulla sicurezza. Queste ultime infatti, seppur siano molto precise, prevedono un sistema di controllo, oltre che sanzionatorio, che necessita di un apparato istituzionale che al momento non possiamo vantare.
Ogni anno un’impietosa conta, comunicati stampa di dolore, promesse vane. E poi si torna a parlare di tragedie ed eventi sfortunati, ma in realtà si tratta delle conseguenze visibili e chiare di una politica cinica e disinteressata, che pone il denaro davanti all’uomo. Una reale inversione di marcia potrà aversi solo se ci sarà un interesse reale ai lavoratori e alla loro sicurezza. E invece non sentiamo parlare di altro che di guadagno e produttività delle imprese. Nessuna attenzione alle persone, alla loro salute, al rischio che le loro famiglie non le vedano più tornare dopo una giornata di lavoro.