Italia domani. È questo il nome scelto dal governo italiano per il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, il programma stilato dal Conte bis per ottenere i finanziamenti messi a disposizione dall’Europa nell’ottica del Recovery Fund. Il documento, che presenta diversi ambiti di intervento, segue la strada dettata dall’Unione Europea ed è in questo senso che va analizzato nei suoi punti focali: digitalizzazione, rivoluzione verde, transizione ecologica, mobilità sostenibile, istruzione, ricerca, inclusione e salute. Obiettivi virtuosi che, tuttavia, disegnano un mondo che non verrà. Un mondo che già oggi fa di tutto per non essere diverso da com’è.
Sono questi, in effetti, i concetti che entrano in gioco nella storia che stiamo per raccontarvi. Una storia che sta passando in sordina e che, invece, rischia di riscrivere l’Italia di oggi e quella di domani.
Siamo a Coltano, a sud di Pisa, là dove, nel bel mezzo della campagna toscana, circondato dal filo spinato, sorge un vecchio centro radar ormai abbandonato. È qui che, con un decreto pubblicato il 23 marzo in Gazzetta Ufficiale, il governo Draghi ha deciso di stabilire il quartier generale del gruppo interventi speciali (GIS), del reggimento paracadutisti Tuscania e del nucleo cinofili dell’Arma dei Carabinieri. Una mossa imposta dall’alto, mai pubblicamente annunciata o discussa, che ripopolerà l’area militare in disuso proprio con i fondi del PNRR.
L’opera – scrivono da Palazzo Chigi – è destinata alla difesa nazionale, la dicitura che consente – come nel caso della vendita di armi senza IVA – di raggirare l’articolo 11 della Costituzione. L’Italia che ripudia la guerra non solo vota (quasi unanime) la fornitura esentasse di beni e servizi militari, ma rinvigorisce anche i corpi speciali. E lo fa senza chiedere il permesso.
Il decreto 31 maggio 2021, n.77, in effetti, è finalizzato alla semplificazione e all’agevolazione della realizzazione dei traguardi e degli obiettivi stabiliti dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Annoverando l’intervento tra questi, dunque, l’esecutivo ha potuto agire in silenzio, seppur dimenticando il punto due dello stesso documento: assume preminente valore l’interesse nazionale alla sollecita e puntuale realizzazione degli interventi […] indicati al comma 1, nel pieno rispetto degli standard e delle priorità dell’Unione Europea in materia di clima e di ambiente. Ed è qui, su questa parola, che vale la pena concentrarsi: ambiente.
L’area individuata si estende all’interno di una zona protetta del parco regionale di Migliarino, San Rossore, Massaciuccoli, dove ancora sorgono gli edifici abbandonati che un tempo ospitavano i militari statunitensi. Si tratta di oltre 70mila ettari e almeno 937 alberi da abbattere per fare spazio ai comandi dei reparti d’élite: due poligoni di tiro, diciotto villette a schiera, un laboratorio, una mensa, una pista di atterraggio per gli elicotteri e un numero imprecisato di edifici per l’addestramento, gli uffici e i magazzini. Più di 440mila metri cubi di nuove edificazioni. Insomma, un’inedita interpretazione del concetto di rivoluzione verde per il quale, tra gli altri, è stato formulato il PNRR.
Nelle sue intenzioni, il parco persegue la realizzazione delle finalità indicate dalle leggi istitutive del 1979 e la tutela delle caratteristiche ambientali e storiche del litorale pisano e lucchese, in funzione dell’uso sociale di tali valori. Promuove, inoltre, la ricerca scientifica e la didattica naturalistica, nonché l’educazione e la formazione ambientale e la valorizzazione delle attività economiche territoriali. Eppure, nessuna delle voci elencate sembra rientrare tra questi valori, tantomeno nella promozione di un territorio che, invece, verrà così sventrato.
Sarà per tale motivo che, prima che diventasse ufficiale, a Pisa e in provincia nessuno era stato avvisato del progetto governativo. Basti pensare che soltanto il 4 aprile il presidente del parco Lorenzo Bani è stato notificato dall’Arma dei Carabinieri che chiedeva un parere ambientale da inviare al COMIPAR, il Comitato misto paritetico per la regolamentazione delle servitù militari Stato-Regione. Parere che ha ribadito quanto già sostenuto nella breve consultazione di ottobre scorso – finita con un nulla di fatto – che aveva già bocciato l’iniziativa per il suo prevedibile impatto devastante.
I primi a insorgere, insieme a molte associazioni ambientaliste e civiche, sono stati Rifondazione Comunista, il gruppo Una Città in Comune e Potere al Popolo, che hanno definito la nuova base una cittadella per la guerra. Poi, dopo settimane di silenzio, è insorto persino il PD. Prima il Presidente Giani che ha chiesto approfondimenti sul progetto, poi addirittura i vertici del Nazareno che hanno parlato, proprio in queste ore, di scelta sbagliata. Più duro il capogruppo dem in Regione Vincenzo Ceccarelli: «Sono finiti i tempi nei quali si poteva pensare da Roma di realizzare un intervento di queste dimensioni, in un’area di pregio ambientale, derogando a tutte le leggi di tutela. Chiederemo alla giunta di attivarsi presso il governo per scongiurare l’operazione».
Eppure, in quel governo, a sedere è lo stesso PD che con il Ministro della Difesa, Lorenzo Guerini, per forza di cose conosce e sostiene il progetto. Lo stesso PD che nel 2017, quando a Palazzo Chigi c’era Paolo Gentiloni, dava il via libera al potenziamento della base americana di Camp Darby – poco distante dalla zona di cui parliamo oggi e, ancora, all’interno dell’area protetta – nodo logistico cruciale per il trasferimento e il trasporto di armi verso settori strategici del Mediterraneo e, in particolare, verso il Medio Oriente per le guerre in Siria, Iraq e Yemen. Lo stesso PD che, in coro con il Sindaco leghista Michele Conti, non ripudia la guerra ma ribadisce che la presenza militare, a Pisa, è parte dell’identità locale e, per questo, vorrebbe proporre una zona diversa, quella di Ospedaletto ad esempio, per la costruzione della nuova cittadella.
Le risorse del PNRR non si investono, dunque, per tutelare e potenziare le riserve naturali, ma per cancellarle. Per cementificarle e riempirle di attrezzature belliche. Eppure, dicevamo, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza dovrebbe finanziare interventi di rilancio e di transizione verso un’economia più sostenibile e preparata a gestire crisi climatiche, economiche e sanitarie. O, almeno, così ce lo hanno proposto. Un debito che pagherà la next generation – a cui beffardamente è dedicato – che rischia, tuttavia, di ingrassare le solite, vecchie, tasche. Quelle delle lobby che proprio in questi giorni vedono il loro valore di mercato raggiungere picchi sino a poche settimane fa impensabili, investimenti favorevoli e un incremento fino al 2% del PIL per le spese militari. Insomma, tra procedure eccezionali, territori e cittadini inascoltati e Costituzione violata, il governo dei migliori conferma se stesso nella migliore forma possibile che è, poi, la meno democratica.
Non molti anni fa, Raymond Carver sosteneva che le parole sono tutto ciò che abbiamo, perciò è meglio che siano quelle giuste. Così a rileggere gli scopi del PNRR e il nome a esso attribuito viene soltanto da sorridere. Resilienza e Italia domani: la prima che sa di fregatura, la seconda di incubo in divisa. Perché se non siamo in un’economia di guerra, come dice il buon Primo Ministro, di certo è quella l’unica che supportiamo.