Il terrore della tragedia sfiorata in quel di Milano appena qualche settimana fa – quando un uomo ha rapito una scolaresca, dando alle fiamme l’autobus sul quale la trasportava – ha sollevato molti interrogativi sulla questione sicurezza e, soprattutto, su cosa abbia spinto una persona a un atto tanto estremo. L’episodio è soltanto uno dei tanti che quotidianamente scuotono l’opinione pubblica ma che, a differenza di altri, vengono inevitabilmente collegati alla etnia di chi compie l’illecito, facendo molto più scalpore.
La criminalità e l’illegalità sono elementi naturalmente inseriti nel mondo in cui viviamo. È impossibile pensare a una società in cui non esistano violazione della legge o violenza. Azioni di questo tipo sono eseguite da soggetti con potenzialità devianti, le quali emergono nel momento in cui essi decidono di violare le norme sociali. Eppure, ci sono atti criminali considerati meno gravi, così come alcuni risultano decisamente più spaventosi di altri.
Il bus in fiamme con a bordo 51 ragazzini ha destabilizzato l’opinione pubblica, spingendola a chiedersi come si sia potuto correre tale rischio. Un caso simile, per definizione, fa paura, ma il vero terrore dipende dal fatto che sia stato scatenato da un fattore esterno e, quindi, potenzialmente replicabile. Insomma, le cause degli atti criminali non possono dipendere esclusivamente dalle caratteristiche innate degli individui predisposti o meno all’allontanamento dalla legge. Al di là dell’atteggiamento intrinseco del soggetto, diventano determinati l’ambiente circostante e il contesto sociale.
Da quando è attivo l’attuale governo, è diventata pratica comune giustificare il razzismo. Quella che ormai sembra prendere le sembianze di una destra piuttosto estrema sta insegnando a tollerare, se non addirittura ad accettare e condividere, ideologie discriminatorie. In dieci mesi, il ricordo di un’Italia ospitale si è progressivamente allontanato e l’idea di un Paese multiculturale è diventata irraggiungibile. Se si continua a respirare un’aria tossica, in cui sembra non ci sia spazio per rifugiati, bisognosi e colori diversi, è impossibile sperare che non ne scaturisca alcun crimine.
E non si tratta solo delle navi da far attraccare o delle questioni sulla cittadinanza. Indicative risultano le dichiarazioni sulla tragedia avvenuta in Nuova Zelanda, in cui un suprematista bianco ha attaccato due moschee. La reazione della politica italiana è stata meno allarmista di quanto ci si aspettasse: sul rischio di emulazione, il Ministro dell’Interno ha dichiarato che l’unico a preoccupare è sempre e solo l’estremismo islamico. Sempre piuttosto agguerrita, invece, è la politica di Salvini sugli immigrati. Forse, in fin dei conti, il Vicepremier è riuscito a far passare il suo messaggio su un Paese che non intende più accogliere.
Il fenomeno è denunciato soprattutto negli Stati Uniti e in Sudafrica, e la definizione è nata a partire dalle iniziative vittimiste dell’estrema destra di questi Paesi. Basa le sue tesi sulla costante demonizzazione della fetta bianca della società e, soprattutto, su una presunta infondata autocommiserazione riguardo i drammi del passato. Ma anche se schiavitù e colonialismo sono finiti da un pezzo, l’occhio insospettito di chi non ha la pelle candida non può certamente definirsi infondato vittimismo.
Era prevedibile che il caso diventasse una questione politica, così come politica è stata la causa scatenante. Ma mentre gli oppositori hanno colto l’occasione per fare campagna elettorale in vista delle Europee, il Ministro dell’Interno ha promesso drastici provvedimenti. Salvini si impegnerà perché il colpevole perda la cittadinanza italiana, vista come un premio immeritato assegnato alla persona sbagliata, e forse più meritato da Ramy, il giovane eroe di origini egiziane che ha mostrato innato coraggio sul bus infernale. Ma il polverone sollevato dalle dichiarazioni su Ius Soli e cittadinanza ha smosso le acque: quando Ramy ha espresso il desiderio che tutti i suoi compagni ottenessero la cittadinanza, Salvini ha addirittura invitato il giovane a diventare parlamentare prima di riparlarne. L’argomento Ius Soli è sempre stato abilmente evitato dai due vicepremier, che hanno spesso dichiarato non fosse una questione in agenda.
L’esistenza, ancora oggi, di forme di discriminazione razziale, è innegabile. Essa è espressa chiaramente dalle statistiche dei redditi e sull’accesso all’istruzione ed è tangibile, per chiunque, nella vita di tutti i giorni. Nessun atto violento potrà mai essere giustificato da un clima intollerante, ma diventano più chiari i motivi scatenanti, dovuti a un ambiente tossico per tutti, vittime e carnefici della costante emarginazione, che si ritorce facilmente anche contro chi la genera in principio.
Le scelte di questo governo, poi, le tendenze politiche e le dichiarazioni ostili non fanno altro che creare un’atmosfera sociale irrespirabile, fatta di espulsioni, negazioni e poca ospitalità. Se non fanno che passare messaggi di radicata intolleranza, cosa impedirà che la violenza continui? Cosa renderà più respirabile l’aria, se si continua a produrre tossicità? Probabilmente, molto prima di aumentare controlli e sicurezza, bisognerebbe agire sul clima nocivo che genera violenza.