Non c’è più religione, dicono. E invece, se continua così, finiremo per dire anche che non ci sono più preti. Scherziamo, ovvio, ma in Giappone fanno sul serio e, poiché i funerali possono arrivare a costare fino a 20mila euro, si passa alla scelta più economica: il prete high-tech.
Occhi grandi, bocca piccola, 1.20 cm di altezza e rivestimento bianco lucido, Pepper, il robot umanoide capace di leggere le emozioni, ha presentato le sue prime candidature nel 2014 ed è stato subito assunto, non senza raccomandazione.
Frutto della partnership tra l’azienda francese Aldebaran Robotics e la SoftBank di Tokyo, ha trovato lavoro proprio presso i negozi dell’impresa giapponese di telecomunicazioni. Da allora, di strada ne ha fatta, ricoprendo i lavori più svariati: assistente, infermiere, impiegato, in banca, nei negozi di sushi e nelle case di cura. La gavetta, però, è servita e, nel 2017, è arrivata la svolta che l’ha portato in alto.
La Nassei Eco, società famosa per i suoi servizi funebri d’eccezione, ha infatti intercesso per lui, promuovendolo al ruolo di… sacerdote buddista. Così, ora lo vediamo lì, davanti alla ceneri del defunto, intento a cantare la sua nenia con il sorrisino beffardo da robot che, diciamocelo, non è proprio il massimo dell’empatia. Sì, perché Pepper sarà anche in grado di interagire con l’uomo e riconoscerne le emozioni, ma trasmetterle non è certo il suo forte.
E se anche la religione incontra la tecnologia, viene spontaneo domandarsi che ruolo abbiano assunto, oggi, le cerimonie di culto. Intanto, la Nassei Eco chiarisce: l’idea è pensata soprattutto per gli atei che, già devastati dal lutto, non vogliono devastare anche il portafogli. Ci chiediamo, inoltre, che conforto si possa trovare in un freddo ammasso di ferraglia, per quanto intelligente, e, soprattutto, perché i funerali debbano costare così tanto. Questione di gravose spese pratiche per chi si occupa della salma? La storia non convince. Le pompe funebri sanno bene che è illegale la detenzione di cadavere. La necessità – e il desiderio – di dare degno commiato al caro defunto fanno gonfiare i prezzi. Purtroppo, quando c’è l’interesse di mezzo, che si tratti di preti o agenzie laiche, non cambia molto: il lucro prima di tutto. Il lucro anche con Pepper.
Tuttora acquistabile sul sito della SoftBank per 198mila yen, non sappiamo bene se lo stupefacente robot tuttofare suggerisca le infinite possibilità della tecnologia o, piuttosto, l’inesorabile declino di un’umanità in via d’estinzione. Senza voler fare gli allarmisti, la storia del prete-automa è comunque emblematica e merita qualche considerazione attenta.
Prima tra tutte, l’uomo non sa – o non vuole più – fare a meno della tecnica. L’innovazione non si può fermare e i tentativi di rallentarla servono solo ad aumentare il profitto delle aziende: far uscire “l’ultimo modello super aggiornato” di computer e di telefono ogni due mesi porta molte più vendite di un unico prototipo tecnologicamente già avanzato.
Seconda: l’attenzione alla tecnica, qualche volta, fa distogliere lo sguardo dall’uomo che c’è dietro e la sviluppa. Sembra quasi che il progresso si insegua per se stesso e non per servire l’essere umano, al punto che, se si costruisce un robot, questo prende il posto del lavoratore in carne e ossa. Anziché utilizzarlo per compiti gravosi o impossibili per noi, lo si usa come cuoco o cameriere nei ristoranti, mentre le famiglie muoiono di fame.
Terza: se i robot prendono il posto dell’uomo, è perché i Pepper non chiedono lo stipendio, non scioperano e si possono sostituire senza rischio di ricorsi ai sindacati.
Tutto è mercato, ormai ci siamo abituati. Così come ci siamo rassegnati alle teste basse sugli schermi, per strada, alle cene tra amici in videochat e alle whatsappate che sostituiscono le uscite al bar. Va bene, anche questa è evoluzione dicono, e noi non vogliamo demonizzare. Fa solo un po’ impressione pensare di doversi abituare anche al prete con tablet, telecamera e sistema di raccolta cloud incorporati.
Ma è davvero questo il prezzo da pagare per soddisfare la nostra voglia di futuro? Non per forza. Non se al centro della ricerca si mette il benessere dell’essere umano. Non possiamo né intendiamo negare gli incredibili traguardi raggiunti dalla scienza in campo medico, né tantomeno le irrinunciabili comodità quotidiane senza le quali il nostro tempo sarebbe completamente assorbito dal lavoro domestico. Benediciamo la possibilità di attraversare il mondo da un capo all’altro e di restare a contatto con amici distanti anche migliaia di chilometri. Benediciamo la scienza e benediciamo il progresso, a patto che sia sano. L’invito è che sia fatto per l’uomo, con attenzione verso la vita e rispetto verso la morte.