Possa piacere o meno, è oggettivo che il Festival di Sanremo sia catalizzatore di attenzione da parte del pubblico nazionale e internazionale. Personalmente, rientro nella categoria di quelle persone che guardano il Festival da quando ne hanno memoria. Sanremo è infanzia, nostalgia e profumo della casa di nonna ma non scriverò nessuna lettera, banale e retorica, alla piccola me che lo guarda. Promesso.
Parte alla grande la prima serata del 2023 che ottiene il 62,4% di share. 10 milioni e 757mila telespettatori incollati davanti al televisore a guardare la kermesse. Tra i tanti vi è già chi nota un qualcosa di strano dopo la prima uscita della co-conduttrice Chiara Ferragni con il cosiddetto Vestito Manifesto sul quale campeggiano le parole Pensati libera. Nulla di male, fino a qua, ma ciò che stona inizia a prendere forma non appena sul profilo dell’influencer viene postata la didascalia dell’ideazione del suddetto abito.
L’abito manifesto che dà il via alla 73esima edizione del Festival di Sanremo è frutto di una conversazione tra Maria Grazia Chiuri direttrice artistica di Dior, Rachele Regini e Fulvia Carnevale del duo artistico Claire Fontaine. Il risultato è un abito a corolla di seta nero ispirato alla tradizione Dior e completato dalla stola-manifesto con ricamato il claim “Pensati libera” […].
Le semplici e pur così forti parole arrivano da un’opera di Claire Fontaine che speriamo possano ispirare tutte le donne a sentirsi libere di uscire dal ruolo che gli è stato imposto dalla società. “Pensati libera” è dedicato a tutte le donne che hanno voglia di sentirsi semplicemente loro stesse senza essere giudicate.
Sapete che cosa significa claim? Significa appello pubblicitario, slogan e, a quanto pare, anche gli ideatori della frase Pensati libera stavano guardando il Festival. Si tratta di un collettivo artistico di tatuatori, noti sui social come @cicatrici.nere, che opera tra Italia e molte città europee. I muri di Bologna conoscono bene il Pensati Libera dove la scritta, spesso, si accompagna a opere di artisti di strada e viene declinata sia al maschile sia al femminile. La foto dalla quale Claire Fontaine ha preso ispirazione sarebbe stata scattata su un fregio nel centro storico di Genova. La stessa pagina di Claire Fontaine ha disattivato la possibilità di lasciare commenti alla foto spacciata, poche ore prima, come la sua opera. Successivamente anche il post sulla pagina di Chiara Ferragni viene modificato con la dicitura da una fotografia scattata da Claire Fontaine. Della serie, se nessuno se ne accorge facciamo finta che l’idea sia nostra.
Superficialità che trasuda da ogni parola. Superficialità che opacizza le menti e fa additare tutti quelli che non si adeguano al modello di mercificazione continua di se stessi, della propria prole e annessi, come contenitori umani di invidia sociale.
Ispirarsi a una frase vista per strada non è il male, ma in questo caso il “furto culturale” snatura il significato stesso dato a quelle parole da parte degli autori, mercificando un messaggio di libertà sopra un abito di haute couture. Un abito creato per un élite di persone che stona profondamente con il senso dell’opera. L’arte di strada nasce per tutti. Lottare affinché tutti possano pensarsi liberi significa tendere a riempire il divario tra i privilegiati e gli indigenti.
Navigare sopra le acque delle tematiche sociali importanti assicura una buona pesca di like facili, tuttavia brandizzare una lotta sociale rischia di banalizzarla e di sminuirla senza dare strumenti per superare le problematiche reali quali gender gap, pregiudizi, hate speech e così via. Ognuno è libero di far crescere il proprio engagement come meglio crede ma per l’utente è bene essere conscio che la vera rivoluzione non si fa sui social ma nella vita quotidiana. Vendere una t-shirt online per un influencer è semplice. Vendere il femminismo no. Come si può vendere un’idea? Appiccicando lo slogan We should all be feminist su una maglietta. I dadi per rendere grassa la macchina del consumismo sono tratti. E le vittime di gender gap che comprano quelle maglie saranno doppiamente vittime di un sistema che utilizza rabbia e frustrazione per monetizzare.
L’articolo 37 recita: La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore. Se la Costituzione, come ha detto Roberto Benigni, è un sogno dei nostri Padri Costituenti e noi siamo chiamati a realizzarlo, è importante capire che quel sogno non si ottiene a suon di like, così come la conquista dei nostri diritti.
Concludo con le parole di @cicatricinere, i veri artisti della frase Pensati Libera che non è un claim.
Artivismo e non merce
PENSATI LIBERO È LÀ FUORI PER STRADA.
Pensati Libera non è uno slogan.
Pensati Libero non è un prodotto.
Pensati Libera non è una foto.
Pensati Libero non è un post.
Pensati Libera non è per una moda.
Pensati Libero non è un manifesto.
Pensati Libera non è una proprietà di qualcuno.
Pensati Libero non è per vendere.
Pensati Libera non è mercificare un’idea.
PENSATI LIBERA È UN ATTO DI VOLONTÀ per liberare le persone dalla superficiale, veloce e soffocante vita moderna.
PENSATI LIBERO È UN RESPIRO tra i rovi degli schedari, delle tabelle e degli ordini.
PENSATI LIBERA è dire “ci sono anche io” tra gli sconfitti tutti i giorni.
PENSATI LIBERO È LÀ FUORI PER STRADA.
Non servono altre parole per chi legge attentamente. Pensati libera non è Chiara Ferragni.