Per Paul Strand la fotografia è il mezzo perfetto di ricerca e comunicazione. Una convinzione che porta avanti per tutta la vita con grande lucidità. Nato a New York il 16 ottobre del 1890, frequenta la Ethical Culture High School dove si appassiona al disegno, senza però ottenere grandi risultati. Come a molti giovani, un libro cambia per sempre il suo percorso: Photography as a Fine Art di Charles Caffin. Lo storico dell’arte, infatti, affronta, con piacevole modernità, il problema estetico della fotografia e il suo pensiero, molto vicino a quello di Alfred Stieglitz, si orienta verso le incredibili possibilità espressive che potrebbe acquisire la fotografia superando il pictorialism.
Nel 1907, il club della scuola di Paul organizza una gita alla Little Galleries of the Photo-Secession proprio di Alfred Stieglitz alla 291 Fifth Avenue, dove i giovani studenti hanno la possibilità di ammirare una mostra di fotografie di artisti quali Gertrude Käsebier, Edward J. Steichen, Clarence H. White, Frederick H. Evans e Joseph Turner Keiley. Per Strand è un momento decisivo: in questa occasione, infatti, nasce in lui la certezza di voler diventare fotografo. La figura di Lewis Hine, suo primo maestro, si rivela altrettanto importante. Hine – uno dei padri del reportage sociale in immagini – in questo periodo si sta occupando degli emarginati di New York.
Il giovane fotografo, sostenuto soprattutto dal padre, intraprende il mestiere dal 1909 dedicandosi alla fotografia commerciale e utilizzando uno stile che risente molto del pittorialismo, adottando il flou e la tecnica della gomma bicromatata. Con il passare del tempo, decide quindi di iscriversi al Camera Club di New York avvicinandosi anche a una fotografia più personale, una ricerca, la sua, influenzata dai pittori cubisti come Braque, Picasso e Brancusi. Il Cubismo, però, tornerà a suggestionare Paul Strand in occasione della rassegna d’arte europea d’avanguardia, l’Armory Show, inaugurata il 17 febbraio 1913 nella Grande Mela.
Nell’estate del 1914, Strand realizza una serie di scatti “astratti” a Twin Lakes nel Connecticut mostrandole in seguito proprio ad Alfred Stieglitz, che resta colpito dalle sue immagini brutalmente dirette, pure e senza inganno e in effetti, come scrive Italo Zannier nel suo L’occhio della fotografia, si trattava delle prime fotografie astratte della storia. Nessun altro fotografo aveva d’altronde realizzato così compiutamente l’idea della “straight photography” proposta da Stieglitz. Alcuni dei suoi scatti più famosi sono: Abstraction: Bowls, realizzata tra il 1914 e il 1915; Wall Street, del 1915; The White Fence, del 1916, e Blind Woman. In quest’ultima, inizia ad affiorare il suo impegno sociologico. Sono immagini che confermano maggiormente il pensiero di Stieglitz che espone l’opera di Strand sulle pareti della Galleria 291, ospitato, sempre nello stesso anno, sulla rivista Camera Work.
Paul Strand continua a portare avanti le sue ricerche d’astrazione fotografica della realtà, che però non fanno altro che assumere significati simbolici, in questo caso, riferendosi alla “civiltà della macchina”. La sua sete di conoscenza lo conduce verso il mondo della cinematografia, alternando poi negli anni successivi l’attività di fotografo a quella di cineasta, realizzando, diversi documentari e film tra cui il Manhatta nel 1921 con Charles Scheeler, pittore e fotografo, e, nel 1932, la pellicola Redes.
Due date importanti per Strand sono il 1943, anno in cui organizzerà la sua prima personale al Museum of Modern Art di New York e il 1972, anno di pubblicazione di una grande antologia del suo lavoro, una monografia in due volumi. Il fotografo americano dedica la sua vita alla fotografia portando avanti ricerche – soprattutto la perfezione tecnica – e proprio in questa monografia sceglie e controlla tutti i particolari, dall’impaginazione al tono degli inchiostri, ottenendo una trascrizione grafica del proprio lavoro perfettamente coerente con la sua ideologia della fotografia.
Il vero artista, scrive Italo Zannier ne Il mondo di Paul Strand, così come il vero scienziato, è un ricercatore che usa materiali e tecniche per penetrare la verità e il significato del mondo nel quale vive; e ciò che gli crea, o forse meglio ancora, scopre, sono gli oggettivi risultati delle sue indagini. La misura del suo talento, il suo genio se si preferisce, è la ricchezza che trova lungo questo itinerario di ricerca e l’efficacia con la quale egli riesce a realizzare il suo scopo attraverso il mezzo scelto.