La scorsa settimana, nell’aprire questo ciclo di interventi di qualificati esponenti del mondo medico-scientifico sul COVID-19, abbiamo evidenziato come, purtroppo in particolare in televisione, si continua a offrire un’informazione non sempre corretta e attendibile di tuttologi trasformatisi per l’occasione in esperti della materia, alimentando una confusione di cui non si avverte certamente il bisogno in un momento così drammatico per le famiglie, gli anziani e i bambini.
Proprio a questi ultimi è andato il nostro pensiero nell’affrontare la nuova tappa di questo viaggio che abbiamo voluto affrontare con il deputato Paolo Siani, componente della Commissione Affari Sociali, pediatra e Direttore di struttura complessa presso l’Ospedale Santobono-Pausilipon di Napoli, il quale, oltre alla sua ben nota esperienza professionale, è molto attivo in sede parlamentare per i temi legati al mondo dell’infanzia. Abbiamo voluto ascoltare il suo parere sulla condizione dei bambini nel contesto più ampio della pandemia che sta letteralmente sconvolgendo gli equilibri in tutto il mondo e il cui scenario prossimo è difficile immaginare.
Il COVID-19 sembra non aver sfiorato i bambini, tranne che in rarissimi casi riportati dalle cronache. In questi giorni, però, Lei ha lanciato un grido di allarme in loro difesa. Cos’è che La preoccupa?
«Mi preoccupano i bambini e le famiglie povere, quelle che già vivevano in difficoltà prima del COVID-19 e che adesso rischiano davvero di non poter far crescere normalmente i loro figli. Non sono certo che questi bambini stiano seguendo le lezioni scolastiche da casa, non sono certo che nelle loro case ci siano computer e reti internet adeguate. Mi preoccupa che la loro dieta non potrà essere equilibrata. In Italia, prima dell’epidemia, un bambino su otto non aveva l’indispensabile per vivere. Sono un milione e 200mila i bambini poveri nel nostro Paese, così distribuiti: 563mila nel Mezzogiorno, con una quota del 45%, 508mila al Nord (40%) e 192mila al Centro (15%). Per questi bambini non è il COVID-19 il pericolo, ma tutte le conseguenze che il virus sta portando con sé».
Ha parlato di un Decreto Bambini, un decreto a tutela dei bambini nelle famiglie povere: «Chiediamo che venga assegnato per ogni bambino in difficoltà un assegno unico integrando il reddito di cittadinanza, anche ricalcolando la scala di equivalenza». Cosa vuol dire?
«Il reddito di cittadinanza non tutela in modo adeguato le famiglie con bambini. La scala di equivalenza adottata è molto svantaggiosa per le famiglie numerose, attribuisce un peso doppio a un adulto rispetto a un minore (0.4 contro 0.2). Inoltre, la scala cessa di crescere (e quindi di riconoscere risorse aggiuntive) quando il parametro utilizzato arriva a 2.1 (ad esempio, due adulti e due minorenni o tre adulti e un minorenne). Infine, l’importo del reddito di cittadinanza riservato a chi è in affitto è lo stesso qualsiasi sia la numerosità della famiglia, come se all’aumentare del numero dei componenti non ci fosse bisogno di più spazio. Per questo sarebbe molto utile adesso modificare la scala di equivalenza, come avevamo già detto quando la proposta di legge fu discussa alla Camera, e tutelare di più le famiglie con figli. Anche perché, è noto, i bambini e i ragazzi costituiscono poco meno di un quarto di tutti i poveri assoluti, a motivo del fatto che la povertà in Italia è particolarmente concentrata nelle famiglie con figli minori, specie, ma non esclusivamente, se sono numerose».
Altra Sua preoccupazione è consentire ai bambini, anche se in maniera protetta e senza rischi, di uscire all’aria aperta quanto prima. Perché?
«Sappiamo bene che stare a casa per i bambini è molto dura. I bambini hanno bisogno di godere dell’aria aperta, hanno bisogno del sole per la loro normale crescita, hanno bisogno di poter uscire, di poter correre, di stare con i loro amici. Ma bisogna essere prudenti e usare il buon senso. Perché il buon senso ci fa dire che, proprio adesso che l’epidemia sembra arrivata al picco grazie alle misure di contenimento, non dobbiamo vanificare tutti i nostri sacrifici, anche quelli delle bambine e dei bambini. E allora andrà spiegato bene ai ragazzi e ai loro genitori che non si potrà fare la solita passeggiata a cui i più piccoli sono abituati, non si potrà comprare il gelato né giocare con gli amici o andare al supermercato, e che è ancora necessario rispettare tutte le misture di sicurezza. Insieme agli scienziati bisognerà trovare ora le giuste misure che tengano conto delle esigenze dei bambini, delle famiglie e, allo stesso tempo, della tutela della salute e indicare il momento giusto in cui il livello di contagio del virus inizia a scemare per consentire ai bambini di cominciare a uscire senza nessun rischio».
On. Siani, quali potranno essere le conseguenze e il prezzo da pagare per la parte più fragile della nostra comunità, le famiglie più disagiate, i bambini e gli anziani?
«È evidente, purtroppo, che i più fragili e gli indifesi pagheranno le conseguenze più pesanti e proprio per questo è necessario iniziare a mettere subito in campo misure di sostegno economico, psicologico, culturale per le famiglie maggiormente in difficoltà. Ma c’è un’altra cosa che mi preoccupa, e non poco. Le organizzazioni criminali, come la camorra, la ‘ndrangheta e la mafia, sono in piena attività. Approfittano della disperazione e della fame di tantissimi cittadini che sono in enorme difficoltà economica e tendono a insinuarsi nel sistema economico e sociale del nostro Paese. A Napoli i giovani della camorra continuano a fare le stese in una città deserta. Allora utilizziamo la stessa energia, la stessa determinazione e le stesse intelligenze messe in campo per contrastare e sconfiggere il virus anche per debellare la camorra e tutte le mafie. Questo è il momento giusto. Se invece lasciamo la parte più in difficoltà della nostra popolazione senza nessuna ancora di salvezza, le mafie ne approfitteranno e saranno loro a offrire soccorso e aiuti, senza inceppamenti, senza file. Ma in cambio della libertà».
Ritiene che i tempi siano molto lunghi per poter ritornare alla normalità, anche se forse la troveremo profondamente cambiata?
«È difficile rispondere a questa domanda, non sappiamo quanto tempo ci vorrà per fermare o almeno arginare il COVID-19, dipende da molti fattori. Stiamo affrontando una crisi globale, la più grande dal dopoguerra, ed è molto probabile che cambieranno molte cose, una volta superata la pandemia. Credo che cambieranno non solo i nostri sistemi sanitari ma anche la nostra economia, la nostra politica e la nostra cultura. E le decisioni, che verranno prese in queste settimane da tutti i Paesi colpiti dal coronavirus, daranno una forma diversa al mondo in cui abbiamo vissuto fino a ora. Tutte le emergenze infatti accelerano rapidamente i processi storici. Le decisioni che, in tempi normali, richiedono anni per essere approvate, in questi momenti vengono prese nel giro di poche ore. Apprestiamoci a vivere in un mondo diverso e a imparare la lezione del COVID-19».