Paroni a casa nostra è lo slogan usato dal Governatore del Veneto Luca Zaia per l’appuntamento referendario consultivo regionale in tema di autonomia, riaffermato da quasi tutti i cittadini intervistati all’uscita dei seggi. Più che un motto è un modo di esprimere una volontà di chiusura a tutto ciò che appare come un pericolo per i propri territori, per i propri interessi, una mentalità provinciale, del resto, giustificata dalla storia del Nord-Est fatta di fame e miseria e da una lunga stagione di emigrazione da metà Ottocento fino agli anni Settanta con circa tre milioni di veneti costretti a espatriare.
Grande capacità di riscatto e grande volontà di ripresa hanno reso il Veneto una delle regioni più ricche del Paese, ma la recente crisi ha fatto intravedere anche per questa terra lo spettro di un arretramento, dovuto pure alla fallimentare gestione di alcune banche locali per incapacità, e non solo, di banchieri ben conosciuti dagli organi di vigilanza.
La Lega ha saputo intercettare questa paura con la battaglia per la secessione trasformatasi in ridicoli tentativi di delocalizzazione di sedi ministeriali in zone del Nord, poi ridottisi a spreco di denaro pubblico per esperimenti andati a vuoto. Il tutto con la benedizione dei governi Berlusconi che hanno consentito a un’esigua forza politica di dettare l’agenda degli esecutivi a guida del centrodestra.
Si è aperta ora la seconda fase, una prova di secessione velata presentata come operazione rispettosa dei dettami costituzionali. Un referendum appena conclusosi con una partecipazione al di sotto del 60% degli aventi diritto nella Regione Veneto e inferiore al 40% in Lombardia, un successo per la prima e un flop per la seconda, anche per il sistema di voto elettronico che ha fatto acqua da tutte le parti nonostante l’ingente investimento di risorse pubbliche.
Avrà adesso inizio, quindi, lo stadio interlocutorio con il Governo centrale – che non credo sia operazione tranquilla – e che, purtroppo, sarà condizionato dal clima elettorale già nell’aria, inaugurato dalla Lega con il voto referendario.
Ritengo sia il caso che il Mezzogiorno, invece di scimmiottare i padani come fatto dal Presidente Emiliano con un’avventata dichiarazione, si ponga qualche domanda sulle strategie da mettere in campo, tenuto conto che le economie sia del Nord che del Sud sono strettamente legate. È pur vero che il Settentrione trasferisce al Meridione risorse pubbliche, ma quest’ultimo ne restituisce di più.
Nel decennio 1995-2005, il Centro Nord ha erogato al Sud circa quarantacinque miliardi, mentre il secondo ne ha restituiti sessantadue in beni e servizi. La lamentata difficoltà di ripresa delle regioni settentrionali, quindi, non può essere di certo addebitata al solo peso di un Mezzogiorno in difficoltà, ma anche ad altri fattori quali l’inefficienza della pubblica amministrazione, la lentezza della giustizia, la pressione fiscale e la corruzione che proprio in quei territori è presente in maniera massiccia anche con infiltrazioni mafiose.
Al di là di un giudizio meramente tecnico su di una legittima consultazione popolare, una riflessione politica va fatta in termini non solo di responsabilità dei vari esecutivi che hanno sempre affrontato il tema del Sud unicamente mettendo risorse – non certo nel recente passato – senza una volontà di programmazione e di scelte in presenza dei significativi mutamenti dell’ultimo decennio, ma anche per scuotere la memoria di tutti gli italiani e, in particolare, di quegli elettori che hanno risposto alla chiamata di una forza partitica che qualche responsabilità pur l’ha avuta nella gestione del Paese, per quasi un ventennio, con dicasteri importanti quali quello per le riforme e per la giustizia.
Ma quale riforma può essere annoverata tra i successi della Lega? E, poi, gli smemorati elettori hanno mai chiesto conto all’astro nascente Salvini della truffa di quarantotto milioni di euro a danno dei contribuenti del Nord, del Centro e del Sud? Dei fallimentari investimenti dai diamanti alle banche? Acqua passata.
E gli elettori del Pirellone, anche se pochi, hanno forse dimenticato la lunga stagione di indagati e condannati alla Regione Lombardia con spreco di risorse a danno dei contribuenti del Nord, del Centro e del Sud? Acqua passata.
In nome dell’unità nazionale più volte detta e ridetta da Zaia, Maroni e Salvini, ci avviamo alla fase forse finale dell’ennesima truffa con la partecipazione anche di qualche vecchia cariatide della politica locale di alcune regioni del Sud?
Nulla da escludere in questo grande circo della politica sempre più mediocre, fatta di incantatori di serpenti, clown, nani e ballerine, senza nulla togliere ai grandi artisti di questo magico spettacolo che ci ha fatto sempre sognare.