Padrone di casa esci fuori: si potrebbe sintetizzare così quel fenomeno che sta spopolando in molte città del mondo, in Europa soprattutto, che vede gli appartamenti farsi case vacanza, affittacamere e b&b. Lo chiamano turistificazione ma solo perché così ha qualcosa di esotico, di leggero, un rimando al viaggio che suona meno violento di sfratto. Quello che, invece, in realtà è.
Berlino, Barcellona, Bologna, Venezia, Napoli. Un po’ ovunque, negli anni, si è pensato a una formula di business diversa, di certo non nuova, che ha portato a una rapida mutazione delle città, in particolare di quei centri cittadini che, affannando, tuttora rincorrono un presente che sembra sempre più futuro perché maldestramente costruito su una crescita tanto effimera quanto aleatoria, con guadagni per molti e perdite per troppi. Un cambiamento che si è riversato anche sui turisti e sul loro modo di viaggiare che, complice la crisi, li ha portati a scegliere mete mediamente economiche – in termini di hotellerie e stile di vita – e facilmente raggiungibili grazie a tariffe vantaggiose come quelle proposte da Italo – per restare sul suolo italiano – o da compagnie low-cost come EasyJet e Ryanair. Ma a essersi evoluta è stata anche la tipologia di pernottamento, lontana, ormai, dalla classica soluzione alberghiera, in gran parte sostituita dalla possibilità di prenotare intere abitazioni o di condividerle con altri – persino con chi le vive tutti i giorni – risparmiando nettamente sul conto finale. Fattori, ognuno di questi, che hanno riempito le casse delle città svuotandone, tuttavia, le case.
Già, perché se gli ospiti aumentano, a diminuire sono le stanze che a loro si possono riservare. Così, per non sembrare scortesi e poco accoglienti, i proprietari di un immobile, di un appartamento e di qualsiasi buco atto – ma non per forza – a ricevere i viaggiatori hanno pensato bene di farsi imprenditori a danno di chi quell’immobile, quell’appartamento e quel qualsiasi buco lo ha abitato a lungo a prezzi più o meno esosi.
Basti pensare, ad esempio, al solo capoluogo campano che in appena sette anni, dal 2010 al 2017, ha visto incrementare le presenze sul proprio territorio addirittura del 91%, classificandosi seconda città d’arte più visitata di Italia e fiore all’occhiello per il turismo italiano e internazionale, arrivando persino a superare Roma in occasione del ponte del 2 giugno 2018, quando, stando ai dati resi noti dalla Confesercenti, le strutture prenotate erano l’88% del totale contro l’86 della Capitale. Numeri importanti probabilmente destinati a crescere nei prossimi bilanci.
Nel marzo di appena due anni fa, a Napoli, si contavano 5472 bed and breakfast. Lo scorso mese erano già 8137, circa 2665 in più, vale a dire un aumento del 50% delle sole camere ufficialmente registrate. In città, inoltre, il 63% delle offerte riguarda la possibilità di usufruire di interi appartamenti, la maggior parte situati in appena 10 chilometri quadrati, quelli del centro storico, che l’UNESCO ha riconosciuto come patrimonio dell’umanità. L’inevitabile conseguenza sono, quindi, i 1600 sfratti esecutivi annui, una vera e propria messa al bando dei cittadini che, soprattutto in quelle zone – un tempo al centro delle cronache e oggi cuore della gentrificazione partenopea –, appartengono a fasce economicamente più deboli. Come la signora Titina, da cinquant’anni nei pressi di Piazza del Gesù e ora nel mirino dell’ufficiale giudiziario, diventata simbolo di una protesta anti-sfratto per uso turistico. Ma non solo lei, purtroppo.
Non a caso, è stato necessario dare vita a SET (Sud Europa di fronte alla Turistificazione), la rete che intende promuovere a livello internazionale una riflessione critica sul fenomeno e un coordinamento di analisi e pratiche alternative, nata dall’incontro di alcune città iberiche e italiane, quelle più colpite, che il prossimo 6 aprile, sostenute anche da Berlino, scenderanno in piazza per far sentire la propria voce. Da Barcellona a Napoli, infatti, costante si è fatta la disgregazione del tessuto sociale, figlia degli sfratti coatti e dei processi di espulsione degli abitanti storici, con conseguente emergenza abitativa e inefficiente risposta delle istituzioni, incapaci, a livello locale, di monitorare e gestire con cura una situazione che rischia di durare all’incirca quanto la tratta aerea o terrena che collega le zone a rischio. Un boom che potrebbe implodere e presto. Perché no, non si può vivere di solo turismo.
Nell’analisi di un interesse così netto per alcune città come Napoli, infatti, bisogna essere imparziali quanto serve per comprendere che le cause che hanno mosso milioni e milioni di visitatori da ogni parte del mondo in un arco di tempo certamente breve sono molteplici. Non basta, dunque, soffermarsi sull’inestimabile patrimonio storico e artistico delle mete prese d’assalto o delle loro bellezze paesaggistico-naturali. A farla da padrone, infatti, è il mercato, mutatosi con l’avvento delle OTA, le Online Travel Agencies, vale a dire i portali turistici quali Booking, Expedia, Airbnb, che consentono di verificare disponibilità, tariffe e offerte vantaggiose, confrontandole, e di prenotare la struttura sul suolo di proprio interesse. Siti accessibili a tutti, intuitivi e di facile utilizzo che hanno totalmente cancellato i vecchi sistemi di domanda-offerta, arrivando persino a stabilire i margini di guadagno di ciascun albergatore o tipologia di struttura preventivamente catalogata in base a una serie di svariati criteri.
Nel più lampante caso italiano, in particolare, essendo sempre stata città economica, le OTA non hanno potuto evitare di puntare fortemente su Napoli, soprattutto in anni condizionati dalle scarse disponibilità delle tasche di chi desidera viaggiare e dai numerosi attentati in giro per l’Europa. Una fortuna, dunque, ma anche un campanello d’allarme che suona già la caducità di tanta buona sorte che ha portato, tra le altre cose, anche molte famiglie, in origine non proprietarie, a indebitarsi pur di vedere sistemati i propri figli. Un rischio che ha prodotto impiego, certo, ma pure precarietà e monotematismo del lavoro.
Il processo di turistificazione, tuttavia, non va completamente demonizzato. È innegabile, infatti, che abbia significato e continui a significare crescita e riscatto, in modo particolare di aree atavicamente in difficoltà. Più turisti vuol dire più movimento e più movimento vuol dire meno degrado e meno zone franche. Dunque, in teoria, più sicurezza. Ma è davvero così? Sempre? Senza dubbio, il centro storico partenopeo ha beneficiato – e non poco – della movida che i viaggiatori hanno generato. Locali, strutture ricettive e presenza maggiore delle forze dell’ordine lo hanno reso frequentabile di giorno come di notte, segnando un netto spartiacque con un passato non troppo lontano. Quanto di questa evoluzione, però, non ha visto protagonista anche la malavita? Le pizzerie il pizzo continuano a pagarlo e certamente non solo loro. E le attività che si sono aperte a una velocità mai registrata prima? Pure quelle tutte in regola? Basta ritinteggiare le pareti per rendere agibile uno spazio? Nessun processo alle intenzioni il nostro, ci mancherebbe, ma una richiesta di maggior controllo sì. Perché se e quando i turisti andranno via, quella, la camorra sicuramente non leverà le tende e allora tornerà a farsi sentire, come sta già facendo, per ricordare a tutti chi pretende il comando.
Per evitare un tale epilogo, dunque, bisognerebbe avere già pronto un piano non B ma A, vale a dire un investimento concreto e lungimirante in termini di servizi, impiego e infrastrutture che non solo consenta a tutti di trarre dei vantaggi dalla folta presenza di forestieri, ma anche di pensare a un presente più agevole per ogni cittadino e a un futuro meno incerto per chi rischia di non avere nemmeno l’uscita di emergenza britannica. Arrestare lo snaturarsi dei luoghi interessati, allora, non può che essere fondamentale per non finire con l’installare palcoscenici perfetti poi disabitati dagli attori. Questo settore, come ha confermato anche Vincenzo Moretta, Presidente dell’Ordine dei dottori commercialisti di Napoli, offre grandi opportunità. Il rischio di non saperle riconoscere, trasformandole in mediocrità e standardizzazione, però, è effettivamente molto alto. Soprattutto da queste parti. Port’Alba, via San Sebastiano, gli storici vicoli di libri e musica sono oggi simili a tanti altri, troppi e in tutto il mondo. Preservarne l’unicità ci consente di restare, di resistere, di guardare al domani.
Le cartoline, Napoli, Barcellona, Berlino, stanno al muro, ma ad attaccarle sono mani che meritano cura e rispetto. Per questo, padrone di casa non uscire. Perché turistificazione non significhi, ancora una volta, fregatura per i poveri cristi, per noi che non abbiamo niente se non la nostra dignità.