Inaugurata il 17 ottobre, la mostra Ovidio. Amori, miti e altre storie, che si sta tenendo alle Scuderie del Quirinale a Roma, si concluderà il prossimo 20 gennaio. Ancora pochi giorni, dunque, per scoprire la rassegna curata da Francesca Ghedini che ha coma protagonista il preceptor amoris, il professore dell’amore, come si definisce lui stesso nella sua opera Ars Amatoria.
Publio Ovidio Nasone è stato un poeta romano, tra i principali esponenti della letteratura latina. Da giovane entrò nel circolo di Messalla Corvino che lo stimolò a dedicarsi alle lettere. Più tardi, invece, divenne membro del circolo di Mecenate, scrivendo al fianco dei più importanti poeti del tempo: Orazio, Properzio e Virgilio. Tale ambiente lo aiutò a ritrovare la serenità e l’incentivo necessario per esprimersi e produrre. Era il periodo storico della Pax Augustea e i costumi di Roma tendevano a rilassarsi, grazie anche a una concezione più libera della morale che arrivava dall’influenza ellenistica. Il celebre poeta viene ricordato per i suoi infiniti rimandi alle rappresentazioni figurate e per la sua capacità di rappresentare l’arte e le immagini con le parole.
Ad accompagnare il racconto della sua vita, di cui però sappiamo poco, alle Scuderie del Quirinale vi sono duecentocinquanta opere concesse in prestito da circa ottanta musei nazionali e non: capolavori provenienti da collezioni pubbliche come il Louvre di Parigi, la National Gallery di Londra e il Museo Archeologico Nazionale di Napoli. Inoltre, non possono mancare nel percorso espositivo le raffigurazioni delle storie ovidiane con gli affreschi provenienti da Pompei, sculture di età imperiale e la maestosa Venere pudica di Botticelli ma anche opere contemporanee come l’installazione al neon di Joseph Kosuth, ispirata ai testi larini, posta all’ingresso per accogliere i visitatori. In ogni sala vengono trattati i temi al centro degli scritti: dalla prospettiva dello sguardo sul mondo femminile fino al racconto quasi umano delle divinità del Pantheon che, nel mondo di Ovidio, diventano anch’esse vittime di amori travolgenti o illegittimi e artefici di violente punizioni.
Molta importanza viene data anche alle Metamorfosi, il capolavoro del poeta ultimato poco prima dell’esilio, che contiene più di duecentocinquanta miti di trasformazione dal Caos all’apoteosi di Cesare e Augusto. Nell’esposizione queste vengono celebrate per la loro capacità di evocare immagini attraverso le parole e, proprio a tale scopo, vi sono manufatti che riproducono le storie di fanciulle amate, rapite e abbandonate grazie anche all’ausilio di stucchi e affreschi di area vesuviana. La curatrice della mostra, Francesca Ghedini, spiega che la scelta di Ovidio è significativa: l’esibizione, infatti, conclude un progetto decennale portato avanti dall’Università di Padova assieme a tanti colleghi di discipline letterarie, storico-artistiche e anche ai dottorandi e agli studenti, un’iniziativa dedicata a uno dei poeti dell’antichità, nonché cantore di sentimenti universali come l’odio, l’amore e la vendetta, che fu testimone di una rivoluzione dei suoi tempi: visse nel momento in cui Augusto trasformò la Repubblica in un Impero sotto le mentite spoglie di una restaurazione del passato. Motivo per il quale poi entrò in contrasto con l’Imperatore tanto da essere esiliato a Tomi sul Mar Nero, dove visse gli ultimi anni della sua vita.
«Raccontare un poeta attraverso immagini non è impresa facile, ma diventa addirittura una sfida quando quelle stesse immagini vengono spiegate attraverso le sue stesse parole», spiega Ghedini. «Il nostro auspicio è che ognuno possa provare un’emozione, portare con sé almeno un frammento di un poeta che con la parola ha fondato la cultura figurativa dell’Europa e festeggiare con noi il suo ritorno a Roma da vincitore».